Le straordinarie avventure di Adèle Blanc-Sec

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Dove eravamo rimasti?

La striscia qui sopra concludeva, quindici anni fa, il nono volume di questa particolarissima BD interamente scritta e disegnata da Jacques Tardi. Come spiegavo nell’articolo dedicato ad Adèle Blanc-Sec nella rubrica L’incompleto, gli appassionati ormai disperavano di veder scritta la parola “Fine” alle sue avventure… e invece, il 12 ottobre 2022, è stato pubblicato – come sempre, dalla casa editrice Casterman – il decimo e ultimo volume, intitolato Le bébé des Buttes-Chaumont.

Riavvolgiamo un attimo il nastro dei ricordi. Come avevo già spiegato nell’articolo di cui parlavo, le avventure di Adèle costituivano un caso quasi unico nel mondo del fumetto franco-belga: infatti, anche se non sono rare le bandes dessinées che si trascinano per anni senza una vera e propria fine, il loro andamento è riassumibile in “blanda progressione orizzontale della trama da un volume (o un dittico) autoconclusivo all’altro / frequenza di pubblicazione annuale (o quasi) all’inizio, che via via si dirada / autori che passano a dedicarsi ad altre serie ma che ogni tanto sfornano un nuovo episodio NON conclusivo”. In altre BD, invece, la trama è serrata e si sviluppa in un ciclo limitato a pochi volumi, spesso pubblicati a cadenza annuale. Adèle Blanc-Sec costituisce invece una doppia eccezione: se i primi quattro volumi, pubblicati in due anni esatti tra il 1976 e il 1978, costituivano un ciclo abbastanza compiuto, i sei successivi sono usciti in più di 40 (!) anni – dal 1981 al mese scorso – e, soprattutto, NON sono mai stati autoconclusivi, continuando a far progredire la trama da un episodio all’altro grazie all’affastellamento di nuovi particolari rimasti in sospeso, nuovi personaggi sempre più grotteschi, nuove situazioni sempre più surreali (scusate l’autocitazione), ampliando ulteriormente gli spunti sopra le righe presenti nei quattro volumi iniziali che vedevano il “risveglio” di uno pterodattilo, di un pitecantropo e infine di un gruppo di mummie egiziane (ricordo che la serie è ambientata negli anni tra il 1911 e il 1924).

Proprio al primo e al quarto volume era ispirata – MOLTO liberamente – la trama del film Adèle e l’enigma del faraone datato 2010, per la regia di Luc Besson: erano infatti state aggiunte di sana pianta tutta la sezione ambientata in Egitto (con strizzatine d’occhio abbastanza eccessive a Indiana Jones) e la presenza della sorella di Adèle, il cui “incidente” durante una partita di tennis fungeva da pretesto alle azioni della protagonista. I fan speravano che al film facesse séguito, di lì a poco, il decimo volume… e invece hanno dovuto pazientare ancora a lungo.

Dopo tutta questa introduzione, adesso che l’attesa è finita e la serie è ufficialmente terminata (come specificato dall’autore in tutte le interviste rilasciate in queste settimane e, soprattutto, in calce all’ultima pagina), alcune domande sorgono spontanee: che parte ha il bebè citato nel titolo? E, in generale, com’è questo decimo volume? La trama ha davvero una conclusione definitiva?

Solo da pochi giorni sono riuscito a procurarmi la versione in e-book e, pur evitando di addentrarmi nei dettagli per non rovinarvi il piacere della lettura, posso dire che le mie personalissime risposte sono le seguenti:

– Che parte ha il bebè? (Che, ricordo, era già apparso all’inizio del settimo volume… cioè VENTOTTO anni fa…) Beh, assolutamente secondaria nell’economia della trama: secondo me, come già successo in molte altre occasioni durante questa caotica saga, l’autore ha semplicemente giocato a depistare il lettore anche stavolta… Basti pensare alla scena con cui si chiudeva il volume precedente e con cui ho iniziato anche questo articolo: chi si è chiesto, per 15 (ripeto: QUINDICI) anni chi fosse il personaggio appena apparso minacciosamente sulla scena, brandendo una pistola, non potrà esimersi da sbottare in un “tutto qui?!?” una volta svelato il mistero (spoiler: è il poliziotto Stigmates, comprimario quasi irrilevante fino a quel punto – e anche da quel punto in poi).

– Com’è questo decimo volume? Perfettamente in linea con i precedenti per l’affastellamento di personaggi e colpi di scena grotteschi, per l’uso e l’abuso dell’argot, per l’alternanza continua di cambi di scena, per i tormentoni reiterati (ne cito solo uno: il personaggio da tutti chiamato “Zwardy” che ogni volta puntualizza “Zwardi, con la i!” – naturalmente la pronuncia non cambia…) ma con l’aumento dei particolari anacronistici che rimandano al mondo odierno: un’epidemia altamente contagiosa da debellare, comparse che sfrecciano in monopattino, l’uso dei cloni già apparsi nel volume precedente… Per farla breve: chi si era appassionato all’atmosfera generale della serie e ritiene l’autore un genio non resterà deluso… ma chi era dubbioso – come il sottoscritto – e ritiene che l’autore abbia tirato troppo la corda non cambierà certo idea.

– La trama ha una conclusione definitiva? Nì: visto che, appunto, l’affastellamento continua e non tutti i dettagli vengono chiariti, è inevitabile che anche la conclusione resti un pochino in sospeso… La circolarità dell’epilogo è infatti troppo in contrasto con la striscia conclusiva (ho “tagliato” la parte superiore dell’ultima pagina per evitare di spoilerare troppo), in cui l’autore si concede l’ultimo sberleffo e mostra una situazione mooolto ambigua, salvo aggiungere categoricamente – come nelle interviste di cui parlavo in precedenza – “Così terminano, per sempre, le straordinarie avventure di Adèle Blanc-Sec. Diffidate dei falsari che sarebbero tentati di darvi un séguito!!!”

Si sarà capito: NON sono un fan di questa serie… ma non potevo esimermi dal parlarne in questa rubrica, per chiudere il cerchio con il mio articolo precedente e ribadire quanto fossi stato profetico l’anno scorso (e permettetemi di autocitarmi un’altra volta), quando scrivevo se l’ultimo albo di una serie dev’essere all’insegna del “facciamola finita con questo personaggio, in qualunque modo, basta che ci sia una fine purchessia”… forse è meglio mai che Tardi.
È un giudizio troppo negativo? Condizionato da certe tavole letteralmente soffocate dai balloon? Dalla vaghezza di una trama che troppo spesso gira a vuoto nel solo intento di spiazzare continuamente il lettore? Dagli infiniti rimandi ai volumi precedenti che costellano quasi ogni pagina? Dalle numerose punzecchiature troppo peculiari per essere apprezzate (o anche solo capite) da chi non è imbevuto di cultura francese? (Giusto un esempio: in questo decimo volume viene attaccata l’Académie Française, che decide quali nomi maschili al singolare – ad esempio délice, orgue, amour – diventino femminili al plurale… embè? Anche in italiano succede a molti sostantivi, quelli legati al corpo umano – braccio / braccia, orecchio / orecchie, ginocchio / ginocchia… – ma anche ad altri – uovo / uova ecc. ecc.)
Beh, da quel che ho letto in rete NON sono il solo ad essere insoddisfatto: in media, i voti assegnati finora sul popolare sito Bédéthèque raggiungono un non esaltante 2,6 su 5, con alcuni fan sfegatati dell’autore (“Un Tardi al 100% senza compromessi, un delirio totale perfettamente nel solco di tutti gli albi di questa magnifica serie”) che bilanciano le stroncature di altri lettori (“Era l’ora che la serie terminasse! È tutto talmente confuso, talmente incoerente che non sono nemmeno riuscito a finire l’albo”).

Secondo me (e sottolineo: SECONDO ME) sarebbe stato meglio se la serie si fosse conclusa con i primi quattro episodi, che costituivano – come scrivevo all’inizio – un ciclo tutto sommato compiuto e fortemente connotato a livello sia di testi, sia di disegni tanto da farla diventare un cult a fine anni Settanta. Ma forse Tardi si è trovato nella stessa situazione di cui parlavo per XIII: come si fa ad uccidere la gallina dalle uova d’oro? E allora via con il quinto, inconcludente volume in cui, per riportare Adèle in scena, Tardi recuperò il personaggio di un suo one shot datato 1974 e intitolato Adieu Brindavoine, uno sconclusionato pastiche verniano antimilitarista ristampato nel 1979 sulla scia del grande successo di Adèle. Da lì in poi, sempre secondo me, l’autore si è divertito un sacco a tenere sulla corda i suoi lettori, cui propinava una (ogni molto) tantum un nuovo episodio senza sapere bene dove andare a parare: ma se anche un lettore insoddisfatto come me è qui a parlarne a lungo, mi sa che Tardi ha comunque centrato il bersaglio…

PS: in Italia, proprio a causa della frequenza saltuaria della serie, Adèle Blanc-Sec è stata pubblicata solo parzialmente all’inizio degli anni Ottanta, dalla rivista Alter Alter. Nel 2010, però (probabilmente sulla scia del film), Rizzoli Lizard ha raccolto i primi quattro albi in un corposo volume, bissato l’anno successivo da un secondo volume contenente gli albi da 5 a 8: li consiglio a chi volesse (ri)leggere questa saga, nonostante tutto quello che ho scritto finora 🙂

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Marco Gremignai

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