Attingere alle facoltà più recondite dei nostri istinti è un atto che tutti noi riusciamo a fare, gestendole in modi più o meno simili. Questa gestione dei sentimenti, delle facoltà primarie di sopravvivenza, di attività volte alle migliori condizioni di vita, porta l’essere umano a rapportarsi sempre con nuove sfide.
Siamo all’interno di una casa di riposo, pronti ad assistere alle storie dei vari personaggi che comporranno la trama. Personaggi con singole e particolari vicissitudini, pronti a confrontarsi con la vita senile che li attende.
L’intento di Paco Roca, seppur con leggerezza, è quello di instillare un discorso sulla malattia di cui si parla: l’Alzheimer.
Affrontare la questione sulla perdita di memoria, sulle percezioni – e, soprattutto, sulle condizioni che essa porta al fisico – è materia assai delicata. Il fumettista riesce a mantenere uno sguardo distaccato, intimo e spensierato giocando con i personaggi e il contesto in cui sono inseriti.
Emilio, il protagonista insieme ad altri nella storia, vive la sua quotidianità come una lenta e inesorabile fine della vita, ma in modo giocoso, insieme a Miguel – altro raggiante vecchietto che fa di tutto per non annoiarsi e aspettare solo di mangiare e andare a letto.
Due piani: sopra gli infermi, quelle persone che hanno costantemente bisogno di aiuto; sotto quelli autonomi, che riescono a gestirsi da soli.
Unica paura dei vecchietti al piano terra è quella di finire al piano di sopra, perché significherebbe la fine di tutto. Ecco perché i due arzilli personaggi fanno di tutto per nascondere la malattia di Emilio.
La suddivisione in piani, necessaria per ovvi motivi, da un punto di vista narratologico emerge come un pathos interessante, lasciando al lettore quel senso di suspense che fa sempre bene – mantenendo così la narrazione sempre sul delicato movimento del filo del rasoio.
Abbiamo parlato delle opere di Paco Roca diverse volte sul nostro Magazine, l’ultima pochi giorni fa con la storia L’abisso dell’oblio (realizzata insieme a Rodrigo Terrasa), grazie alla recensione scritta da Massimo Cappelli.
Approcciarsi ai suoi fumetti è come entrare sempre in una stanza bianca, dove nulla è come sembra. Anche nel caso di Rughe, Roca ci immerge in un contesto molto limitato negli spazi ma ampiamente aperto nelle circostanze e nelle possibili soluzioni della vita.
Rughe è un fumetto che tutti dovrebbero leggere: per conoscere la malattia di cui si parla, per la leggerezza con cui la si racconta, per vivere una storia senile.