Condensare in un numero limitato di pagine una storia che riesca a superare brillantemente la prova del tempo non è impresa da poco.
Trent’anni fa, ci riuscì in modo egregio Claudio Nizzi che, per l’episodio che apriva la collana degli Almanacchi del West, concepì un’avventura dai toni poetici.
La ballata di Zeke Colter – titolo estremamente evocativo – offre all’interno di un’ambientazione invernale molto suggestiva l’incontro tra Tex e un vecchio compagno di caccia, Zeke Colter.
Dall’incipit del racconto si percepisce subito un’atmosfera particolare, del tutto atipica per le storie dell’eroe bonelliano.
Nel bel mezzo di una tempesta di neve che lo sorprende sulle Montagne Rocciose, Tex rimprovera se stesso per l’infelice pista scelta che, anziché fargli risparmiare tempo, l’ha condotto in una situazione alquanto critica.
Intraprende così un soliloquio col proprio cavallo, trattandolo come un amico di sventura, specie quando lo rassicura che se la caveranno nonostante il gelo e l’oscurità in arrivo.
Una sensibilità – quella del ranger – che colpisce senza essere smielata o banale, denotando un profondo rispetto per il proprio animale, costretto suo malgrado ad arrancare lungo l’impervia salita e il bosco innevato.
La solitudine dell’improvvisato bivacco verrà spezzata dal casuale incontro col vecchio Zeke, esponente di un mondo ormai in via di estinzione: quello dei solitari cacciatori persi in quelle “montagne vergini come Dio le aveva fatte nel giorno della creazione”.
La cena nell’accogliente rifugio e il lungo racconto in cui il trapper svela la ragione del suo abbandono della caccia ai castori, regalano momenti dal fascino quasi fiabesco.
La simbiosi di quest’uomo con la natura e ciò che essa può offrire, l’incedere del tempo che cambia inesorabilmente situazioni e persone che ne fanno parte, hanno una resa quasi cinematografica.
Non è difficile, in questo senso, pensare ad alcuni frangenti di Jeremiah Johnson (proposto nella versione italiana con l’infelice titolo di Corvo Rosso non avrai il mio scalpo), il film capolavoro di Sydney Pollack che ispirò il Ken Parker di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo.
Si potrebbero proprio definire kenparkeriane diverse atmosfere presenti nella storia: i momenti intimi attorno al fuoco, i personaggi poetici che restano scolpiti nella memoria, la vecchiaia degli uomini che segue quella di un West che cambia rapidamente volto e prospettive.
Davvero bravissimo Nizzi a caratterizzare il burbero e un po’ malinconico Zeke Colter, uno dei pochi superstiti di quel mondo rude e selvaggio ma con ferree regole non scritte di rispetto per gli altri e per l’ambiente che li ospita. Nei suoi racconti, la senilità che avanza al galoppo – con il frequente perdersi nei labirinti della propria memoria – si scontra con gli improvvisi ritorni alla realtà, in cui traspare il malessere per un mondo (avido e cattivo) che non gli appartiene più.
Al suo fianco da oltre vent’anni c’è la sua sposa, Anatra Zoppa della tribù dei Crow, che Zeke presenta a Tex in modo quanto meno originale:
“Un tempo si poteva guardarla senza dare di stomaco ma è una buona compagna, una brava donna senza grilli per la testa.”
Un’altra figura azzeccatissima, che viene inserita per creare siparietti simpaticamente comici con il suo irresistibile e ingenuo turpiloquio.
L’affetto tra i due anziani coniugi risalta dai gesti più che dalle parole, ma è ben evidente ancor prima dell’abbraccio finale.
Resta in secondo piano lo scontro con i villains che attentano alla vita di Zeke. Nulla di straordinario il modo con cui Tex si sbarazza dei nemici: nonostante alcune buone scene d’azione, si può inserire nella normale amministrazione per il ranger.
Questa è l’unica prova su Tex del compianto Renzo Calegari, un maestro del fumetto italiano e un poeta del disegno western.
Il suo tratto realistico e la sua cura nel rappresentare il mondo degli esploratori e dei cacciatori di castori si sposa perfettamente con la sceneggiatura studiata appositamente per lui da Nizzi.
Meravigliosa la resa degli ambienti naturali, oltre al suggestivo uso delle mezze tinte per realizzare la bella sequenza in flashback, con il castoro che guida il giovane Zeke a un’incredibile quanto insperata salvezza.
Più variabile, da vignetta a vignetta, la resa grafica di Tex, forse perché la storia è il frutto delle matite di tre artisti diversi (aiutarono Calegari due suoi allievi dell’epoca, Stefano Biglia e Luigi Copello).
Un grande esordio per le storie ospitate negli Almanacchi del West, esempio di come si possa realizzare un episodio notevole anche con un’idea semplice ma di forte impatto emotivo.