Torna Mauro Boselli e torna per riportare su Dampyr una delle più classiche ambientazioni orrorifiche: quella delle case infestate che tanta fortuna e séguito hanno avuto nella letteratura horror degli ultimi cento anni.
Come di consueto, però, il “papà di Harlan” non si limita ad una banale rielaborazione del tema, bensì ne crea una sua personale narrazione che non manca di ingarbugliarsi in maniera ardita in excursus storici e coincidenze sui generis. Non solo: Boselli sceglie di non limitare il tutto alle semplici e ovvie infestazioni, ma di condire l’avventura anche con altri elementi.
ATTENZIONE: seguono spoiler, tornate qui dopo aver letto l’albo!
Come detto (e come era naturale aspettarsi), il cuore della vicenda ruota attorno a una casa infestata, ma non solo. Boselli sceglie di inserire anche un roller coaster, anch’esso infestato, e un intero carnival a tema horror. Questo per quanto concerne la sola ambientazione. Nel dipanarsi della trama troviamo anche una particolare famiglia circense, snuff movies e, per completare il tutto, una dinastia di creature deformi.
Cucire questo immenso e variegato potpourri di archetipi horror e, soprattutto, realizzare un’avventura in cui Harlan, Kurjak e Tesla avessero un senso, era impresa ardua. La maestria di Boselli però riesce, incredibilmente, a legare il tutto in maniera quasi logica.
Nonostante ciò – un po’ per i dialoghi eccessivamente prolissi e un po’ per gli intrecci eccessivamente forzati – la narrazione non riesce ad essere efficacemente accattivante. Il comparto horror funziona ma il tutto non è, purtroppo, abbastanza avvincente.
Discorso a parte meritano i disegni di Alessio Fortunato. L’indiscusso talento dell’artista permette di godere le suggestive ambientazioni che coinvolgono il lettore con alcune scene molto efficaci e coinvolgenti. Ci sono inquadrature e montaggi serrati e adrenalinici, altri episodi sono carichi di suspence: eppure il tratto di Fortunato, in quest’opera (man mano che l’albo procede), si fa quasi più sintetico, se non incompleto. Un lavoro troppo ibrido e troppo spesso poco dettagliato per poterlo promuovere appieno.
Una storia interessante, quindi, che manca però di mordente e che, ancora una volta, rimane un dimenticabile fill-in privo di vampiri (il riferimento a Graf Von Henzing è del tutto secondario).