Mondus Nostrum Catillum Est

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“Chiunque facesse crescere cinque pannocchie di grano o due fili d’erba là dove prima ne cresceva uno solo, avrebbe fatto un miglior servizio al suo paese che tutta la razza dei politici messa assieme.”
Jonathan Swift: I Viaggi di Gulliver
“Era un uomo fecondissimo, di aspetto gioviale, di sguardo buono, mai indolente e mai altezzoso. Di statura piuttosto piccola, testa regolare e rotonda, volto un po’ ovale e proteso, fronte piana e piccola, occhi neri …”
Dalla prima biografia di San Francesco d’Assisi scritta San Tommaso da Celano.

Jonathan Swift fu molto abile a dichiarare le sue opinioni politiche scrivendo un romanzo di avventura in cui personaggi di differente dimensione convivessero nello stesso universo narrativo. Noi stessi quando ci riferiamo ad uno scienziato brillante, non lo definiamo, giusto per fare un esempio, “un gigante” della fisica teorica?
Ecco,
Albert Einstein con la sua teoria della relatività, Stephen Hawking con i suoi studi sul Big Bang e i Buchi Neri, ma soprattutto Sheldon Lee Cooper, dei due fortunati serial “The Big Bang Theory” ed anche “The Young Sheldon“, erano catalogabili in questa categoria: dei Giganti. Ma c’è anche un’altra categoria di giganti, che spesso non sono altrettanto istruiti e utili all’umanità: la casta reggente di un paese.

Ecco, lo sceneggiatore francese Hubert Boulard (detto semplicemente Hubert), con la sua Saga degli Orchi-Dei, riprende il vecchio tema dei Giganti di Brobdingnag e quello dei minuscoli abitanti di Lilliput, per fonderli in un tutt’uno con la teoria dell’evoluzionismo di Charles Darwin. C’è una valle in cui dei giganteschi orchi in un’ambientazione medioevale con castelli e tavolate pantagrueliche, mangiano gli esseri umani come pietanza principale dei loro pasti.

La Gigantesca Zia Desdée, che vive in un’area del castello in cui neppure i giganti come Emione, presente al suo cospetto, possono più vivere, perché per loro quella parte del castello è di proporzioni che li fanno sentire inadeguati

Gli esseri umani sono sia loro servitori che loro cibo. Tutto questo viene consentito dalla convinzione teorica impugnata ideologicamente dai Giganti, che loro siano una razza a parte, più evoluta degli esseri umani. Quindi come gli umani mangiano il bestiame perché esseri più evoluti e più letali degli animali, i giganti si sentono ugualmente autorizzati a mangiare gli umani in quanto più “grandi” e più forti. Non ha importanza che possano parlare fra di loro usando lo stesso linguaggio (cosa che umani ed animali non hanno modo di fare). Non è quello il parametro di valutazione di chi sia la specie dominante nella catena alimentare di quel mondo.

Andando a fondo della vicenda si scoprirà che però si è perfettamente consapevoli che questi giganti, non solo sono più piccoli di alcuni loro antenati ancora viventi, ma che addirittura in un’epoca ancora più anteriore, i mega-giganti come Desdée che si rifiuta di mangiare carne umana, sono loro stessi discendenti degli esseri umani. Ma cosa ha dato origine a queste creature così mastodontiche? Nel primo volume della saga, intitolato “Piccolo” (pubblicato dalla casa Editrice BAO Publishing, con i mirabili disegni di Bertrand Gatignol), Hubert, fornisce una risposta che in realtà è in effetti fallace in un punto, proprio come lo è la teoria stessa dell’evoluzionismo di Darwin. Infatti, nella stessa teoria di Darwin, pur essendo stata convalidata dal ritrovamento di tutta una serie di scheletri che farebbero pensare ad una graduale evoluzione dalla specie scimmia a quella umana, nel mezzo vi è uno spazio vuoto, noto come “anello mancante” della scala evolutiva.

la deformità della piccolezza crea stupore e disprezzo da parte di chi è abituato a giudicare il mondo con il metro di misura dell’estetica. Ma “Piccolo” è la punta di diamante di un futuro che le menti ottuse degli Orchi-Dei non possono afferrare

Ecco, Hubert riesce a nascondere questo fattore misterioso anche nella sua teoria degli umani e i giganti uniti fra loro da un rapporto di antica parentela. Si narra che i Giganti discendano da un Fondatore, che era un uomo molto più alto del normale che unito in matrimonio con una Regina umana, diede alla luce per la prima volta una figlia gigantesca che nacque dopo circa 16 mesi di gestazione. Purtroppo la madre morì di parto, ma questo non fermò il Fondatore che, pur avendo amato molto la moglie, dopo la sua perdita, il suo cuore si indurì a tal punto, che prese in spose oltre un centinaio di altre donne che, una alla volta, diedero alla luce altri figli giganteschi e tutte lo fecero sempre al prezzo della propria vita. In punto di morte il Fondatore rivelò alla sua schiera di figli giganteschi, che lui stesso discendeva da una Genia di Giganti, che lo bandirono proprio perché lui era il più piccolo della loro razza. E fu per questo che lui decise di vivere fra gli uomini tacendo della sua segreta origine di Gigante.

Quindi la Progenie di Giganti davanti a cui ci troviamo sarebbero discendenti di esseri umani che si erano congiunti con un Gigante affetto dalla “deformità” della piccolezza. Inoltre tale genia, da quel momento in poi continuarono a unirsi in matrimonio fra loro secondo una modalità di tipo endogamo, in quanto tutti loro, a differenza del padre, non erano più in grado di unirsi in matrimonio con creature della razza umana. Quindi questi nuovi giganti successivi al Fondatore, si trovano così costretti a praticate tutti l’incesto per poter proseguire a vivere. Ma di generazione in generazione diventano sempre più giganti fino a raggiungere proporzioni inafferrabili dall’occhio umano. Quindi Hubert, spostando molto indietro nel tempo tale origine dei giganti, non ci spiega appunto come nacquero quindi la casta dei Primi Giganti, da cui ebbe origine il Fondatore. Nel primo volume della saga non è dato sapere se Hubert avesse in mente una risposta per questo  evidente “anello mancante“.

Piccolo sfugge dalla prigione in cui la zia Desdée lo tiene chiuso per proteggerlo dai pericoli di quel mondo sconosciuto che lo ha generato ma non lo sa comprendere.

In qualche modo Hubert vorrebbe volerci comunque dire che il potere corrompe l’etica di coloro che lo possiedono e che in virtù di quel potere che li rende più “grandi” si sentono autorizzati a sfruttare coloro che vivono nella piccolezza delle loro esistenze. Da tale corruzione nasce poi il cannibalismo (da intendere anche in senso sociale e non solo culinario), che porta a pensare che la loro grandezza non ha come fine quello di servire il mondo in un modo che solo loro possono fare (Gulliver che a Lilliput, salva un antico edificio in fiamme orinandoci sopra, per fare un esempio buffo ma efficace), ma pensano che il mondo stesso non sia … piatto (in contrapposizione alla teoria poi confermata del mondo sferico), come si credeva nell’antichità, ma che il mondo addirittura “sia … un piatto”: nel senso che il mondo sia il supporto che regge tutto ciò di cui loro, i Giganti, possano cibarsi (Mondus Nostrum Catillum Est: “Il Nostro Mondo è un Piccolo Piatto” è il motto di questa casta di Giganteschi Orchi famelici).

Con degli inserti in prosa, Hubert spezza il fumetto con la dimensione tipica della struttura del romanzo. Il passato sconosciuto dei Giganti, viene narrato in pagine di scrittura. Fumetto e romanzo si mescolano per comunicare al lettore la differenza fra la narrazione del reale e la narrazione della tradizione storica passata.

Piccolo, figlio di Emione e Gabaal, protagonista di questo volume, è il nome che viene dato ad una secondo Gigante che patisce la stessa deformità di cui patì il Fondatore: ha le sue dimensioni fisiche leggermente superiori a quelle degli esseri umani ed è bravo a cantare, ballare, buono di cuore, che non vuole mangiare gli esseri umani come lo ha educato a fare la sua enorme zia Desdée: un minuscolo San Francesco nato in una famiglia di Orchi. Proprio per questa ragione,  per la piccolezza del bimbo, non per la sua bontà, la madre Emione è convinta che lui sarà la salvezza per il futuro del loro popolo. Ma come tutte le tragedie umane che si rispettano della tradizione greca, Gabaal, il Padre di Piccolo, si rifiuta di riconoscerlo come legittimo erede.

Pur conoscendo la propria origine dagli esseri umani, c’è un rifiuto a ragionare in termini generazionali. Anche se il sapere che i figli di Piccolo, potranno probabilmente loro stessi essere dei Giganti, il fatto di aver in prima persona generato un figlio “piccolo” lo considera uno smacco personale che non è disposto a tollerare neppure di fronte alla possibilità di diventare nonno di giganti.
Preferisce la fine definitiva del proprio casato uccidendo il figlio Piccolo, piuttosto che l’affidarsi alla speranza di poter avere dei nipoti nuovamente Giganti come i figli del Fondatore.
La servitù umana che veste le nudità della Regina Emione a costo della propria vita

Hubert ci mostra con questa allegoria, quindi una categoria di persone che vogliono essere loro a far cose grandi, piuttosto che essere fautori della grandezza, avendo gettato il seme di questo obiettivo dentro altri che poi saranno loro a dare origine a delle grandi imprese. C’è quindi come una sorta di miopia nel potere che ottenebra la mente di coloro che hanno la reggenza dei governi impedendo loro di avere una visione lungimirante. Il Padre Gabaal è miope perché non vede nel figlio la possibilità che lui possa diventare un nuovo Fondatore e la madre Emione è miope perché non vede la possibilità che il figlio possa diventare qualcosa di più immenso, dello stesso Fondatore e quindi continua a volerlo corrompere proponendogli di mangiare carne umana o di adeguarsi alle sue aspettative procreative a cui lui non si vuole sottomettere.

L’albero Genealogico dei Giganti che si regge sul tronco del Fondatore, ma che allo stesso tempo affonda le sue radici nelle invisibili e volutamente ignorate origini umane.

Ma, tranquilli, la fiaba nera, ha un lieto fine: in ultima analisi Piccolo, sarà salvato da un Grande Amore.

Che dire, siamo veramente tristi che questo abile e giovanissimo sceneggiatore, sia scomparso così presto alla sola età di 49 anni, per cause non dichiarate pubblicamente, ma proprio a febbraio dell’anno scorso. Chissà quale allegoria ci avrebbe regalato con la scoperta di come il mondo in cui viviamo proprio da quei giorni in cui lui è dipartito, sia ancora costantemente tenuto in scacco da qualcosa di così … piccolo.
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