Il Martin Mystère di Paolo Morales

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Questo articolo, originariamente comparso su www.ubcfumetti.com nel 2016, viene riproposto in versione aggiornata dopo la pubblicazione di “Nomoli” (giugno 2018), l’ultimo racconto di Martin Mystère
scritto da Paolo Morales, che il prossimo 23 agosto avrebbe compiuto 62 anni.

Premessa

Chi era Paolo Morales? Un

[…] ottimo disegnatore e soprattutto sceneggiatore di rara bravura, con un’ineguagliabile abilità nel caratterizzare i personaggi e farli recitare in sequenze vivacizzate da un ritmo e da un taglio cinematografico. I racconti di Morales sono stilisticamente i più innovativi della serie, e presentano un Martin svecchiato e privo di certe pastoie in cui io stesso l’ho imprigionato. Come ho affermato più volte negli incontri dedicati al Buon Vecchio Zio Marty, Morales avrebbe potuto essere il principale artefice dello sviluppo futuro della serie.”
Alfredo Castelli, La posta misteriosa, Martin Mystère n.325

“Al dispiacere personale per la sua morte si è aggiunto fin da allora quello professionale: contavo molto su di lui, e lo consideravo un’importante risorsa per la serie, la quale, grazie alla sua abilità, poteva assumere un’impronta più moderna e scattante (scusate la banalità degli aggettivi). Ma è andata così…”
Alfredo Castelli, La posta misteriosa, Martin Mystère n.357

Le parole del creatore di Martin Mystère sintetizzano in modo esemplare quello che è davvero necessario sapere del contributo che Paolo Morales ha dato alla serie del detective dell’impossibile, e quello che purtroppo non è potuto succedere con la sua prematura scomparsa, nel gennaio 2013, a soli 56 anni. Per cui, se siete di corsa e state saltando da una pagina web all’altra con il vostro dispositivo tecnologico solo per ingannare il tempo, potete interrompere anche qui la lettura di questo articolo.
Se invece avete ancora un po’ di tempo per gli approfondimenti, e vi va di scoprire (o riscoprire) perché è stata una fortuna che Paolo Morales abbia scritto trentadue episodi del detective dell’impossibile, proseguite.

Paolo Morales, 1956-2013 (c) degli aventi diritto

Non potremo essere brevi. A volte servono tante parole per tacitare la propria coscienza, che ci chiede di lasciare un qualche riconoscimento per quello che si è ricevuto come lettori. Il principio che un personaggio, passati i primi “anni d’oro”, non possa più “prendere” come agli inizi i lettori di mano in mano che questi crescono è, infatti, soltanto un luogo comune: non esistono serie “bollite”, con i buoni autori le buone storie che rispettano l’essenza di un personaggio ci saranno sempre. Morales ne è stata la lampante dimostrazione.
Questo articolo è il mio personale ringraziamento a Paolo Morales, ed è ottenuto anche con il contributo di quello che è stato scritto dai collaboratori di uBC in anni di recensioni.
Prima di iniziare, un’ultima precisazione: i numeri riportati tra parentesi rinviano ai singoli episodi, i cui titoli per esteso sono riportati, per praticità, soltanto alla fine dell’articolo.

Il contesto in cui è arrivato

Martin Mystère, il cui esordio in edicola risale all’aprile 1982, ha segnato un’importante tappa per la futura Sergio Bonelli Editore, che con lui ha proposto una serie di ambientazione contemporanea e non di pura avventura. Il maggior elemento di novità, la fanta-archeologia, è dichiarato sin dal logo (“I grandi enigmi”, “Detective dell’Impossibile”) e ha fatto di Martin Mystère, più che una specie di Indiana Jones (che in quello stesso periodo aveva iniziato il suo cammino cinematografico), l’ “erede” ideale di Philip Mortimer, protagonista di un classico intramontabile del fumetto franco-belga, Blake e Mortimer di E. P. Jacobs.
La serie del Detective dell’Impossibile ha raggiunto il successo grazie alle trame e agli spunti geniali del suo creatore, Alfredo Castelli, riguardanti non solo gli enigmi del passato del nostro pianeta (dai continenti scomparsi alle ipotesi extraterrestri ai misteri della Storia con la S maiuscola) bensì, in generale, tutto quello che la scienza ufficiale si rifiuta di prendere in considerazione, finendo con il proporre anche prospettive per il nostro futuro, in stretta aderenza con la vorticosa evoluzione della tecnologia, nonché del contesto politico ed economico degli scenari. Il tutto unito a un solido background dei protagonisti (Martin, con la tragica scomparsa dei genitori e la sua formazione in Italia e ad Agarthi, Java, l’atipico compagno d’avventura neanderthaliano, e Diana, la fidanzata storica) e ad avversari ricorrenti (dalla nemesi Sergej Orloff, ex-amico di Martin, agli “oscurantisti” Uomini in Nero, necessari da un punto di vista narrativo per non perturbare lo status quo del mondo con le incredibili scoperte del detective dell’impossibile, e al diabolico Mister Jinx, autentico diavolo moderno).

Xanadu, un episodio fondamentale

Con il tempo alcune tematiche, ormai abusate e ripetitive, sono state abbandonate o si sono fatte più rare (gli Uomini in Nero e i laboratori atlantidei, per esempio). Nuove sfumature caratteriali sono state aggiunte al protagonista: gradualmente il brillante e serioso Martin Mystère è diventato l’ironico “pantofolaio” BVZM (Buon Vecchio Zio Marty), logorroico e perennemente in ritardo con la consegna dei suoi articoli di divulgazione. Per qualche anno, ai primi accenni di stanchezza narrativa, la serie ha cercato nuova linfa spostando lo scenario degli episodi in Italia, con alterne fortune. Poi, nel 1996, con la fondamentale storia “Xanadu” Castelli ha fatto cadere l’ultimo baluardo dell’epoca “gloriosa” del Martin Mystère delle origini, mostrandoci in senso letterale che dietro la maschera del nemico storico, Sergej Orloff (ormai diventato un anacronistico cattivo alla Gambadilegno), c’è una persona e proiettando la testata verso nuovi orizzonti tutti da definire. Ma la ricerca di una nuova identità di una serie è un percorso ricco di insidie. In fondo, una delle amare riflessioni di quel capolavoro che è il Rat-Man di Leo Ortolani è che quando i supercattivi non ci sono più, anche gli eroi devono uscire di scena perché non hanno più ragione di esistere, se non “vendendosi” a qualcosa di diverso, tradendo la propria natura.

Alcuni autori che si sono aggiunti alla serie si sono limitati a scimmiottare Castelli, nel tentativo di superare le trame e gli spunti geniali che decretarono il successo della testata, con esiti che quasi sempre, nella migliore delle situazioni, hanno lasciato indifferenti.
È in questo contesto di “ridefinizione intellettuale” della serie che Paolo Morales, nel 1997, dopo avere illustrato alcuni racconti (l’ultimo dei quali è stato proprio “Xanadu”, episodio che a posteriori può essere giudicato un simbolico “passaggio del testimone” con Castelli), ha iniziato a firmare le storie anche come scrittore.

Lo stile di Morales

Le storie di Paolo Morales sono state come un rigenerante tuffo nel passato per il lettore di Martin Mystère. Non perché Morales abbia scritto un BVZM ricalcato sui suoi fondamenti stilistici delle origini. È anzi vero il contrario: Morales ha scritto un Martin profondamente “altro”.
Il sapore antico deriva dal fatto che Morales ha amministrato l’integrità del personaggio con cura e rispetto, presentandone una versione avvincente e appassionante, sempre ben adattata alle atmosfere mysteriose, anche se quel che ne è risultato non è il quasi “Indiana Jones” degli esordi, ma una sua versione moderna e disincantata, più realistica e concreta.
Come questo sia avvenuto, iniziamo a scoprirlo dalle parole dirette dell’autore, estratte da un suo intervento in uBC, che sono un po’ il manifesto con cui Paolo Morales intendeva la sua opera in Martin Mystère:

“…non m’importa granché dei misteri, anche se mi documento un bel po’ per scrivere le storie di Martin […] Non mi importa nulla di UFO o di civiltà sommerse: l’unica cosa della quale mi importa davvero, l’unica cosa che mi piace raccontare in una storia sono i personaggi e le relazioni e i conflitti che li legano […]”

Un approccio “rivoluzionario”, perché ha spostato l’equilibrio narrativo dalla trama ai personaggi e alle loro vite. Morales, anziché limitarsi a imitare Alfredo Castelli, ha infatti scelto di utilizzare il background della serie per costruirci sopra qualcos’altro: far vedere il conosciuto da un’angolazione diversa in modo da farlo apparire nuovo, lavorando nei sottintesi e negli appena accennati di Castelli, riprendendo il discorso del creatore del personaggio laddove questi si era fermato. Di qui l’effetto da un lato “straniante” delle sue storie, dall’altro “rigenerante” come un tuffo nel passato.
Morales ha preso gli assunti della personalità di Martin, le sue caratteristiche date da Alfredo Castelli, e le ha analizzate sul piano del dettaglio quotidiano con sguardo ravvicinato sulla sua psicologia. Il “suo” Martin vive le emozioni e i sentimenti che gli altri autori preferiscono non raccontare: Morales le ha sottoposte a prova per verificarne la tenuta e i limiti.

Un uomo maturo (episodio 13)

Nelle storie di Morales abbiamo visto Martin costretto a subire interrogatori mentre di fronte a lui una donna è sotto tortura (26), persino Diana (5). Lo abbiamo visto sentire il peso insostenibile della responsabilità di avere nelle proprie mani la salvezza dell’umanità (22), provare indignazione e impotenza di fronte alle logiche senza scrupoli che guidano la gestione del pianeta (10 e 26), ma anche dedicare un pensiero al padre scomparso mentre lotta per la propria sopravvivenza (15) o commuoversi per una festa di compleanno a sorpresa (11).
È stato fiancheggiato da compagni d’avventura molto diversi da lui, come assassini professionisti (5, 20 e 26), carismatici ufficiali della polizia (17, 18, 23 e 32) o giovani teppisti (9), e il semplice accostamento di queste esperienze di vita così differenti dalla sua lo ha messo a dura prova, ma ha anche permesso di metterne in risalto riflessioni e saggezza. Addirittura, abbiamo visto vecchi e nuovi nemici occupare il corpo del BVZM (4, 6 e 30), oppure un Martin privo di memoria che inizia a provare un sentimento per una donna diversa da Diana (17).
Il Martin di Morales è un uomo maturo che sa tenere testa alle menti di complotti dalla portata impensabile senza abbassare lo sguardo, anche con teatrali entrate in scena che tradiscono la sua consumata esperienza di divulgatore professionista (2, 3, 11 e 19). È anche un uomo alle soglie della terza età, che si rende conto che la “persona che attende da sempre” è un figlio (8) e che come tale è in grado di diventare una figura paterna per giovani dall’ “infanzia difficile” (9, 20, 25 e 26).

L’esame psicologico dei personaggi è stato riservato anche a Diana e Java, le due persone più importanti nella vita di Martin, e alle interazioni tra i tre.

Diana è la degna signora Mystère, una donna forte, vivissima e umanissima. Di fronte alla morte del marito, presunta (15) ma anche reale (22), passa dallo sconforto alla rabbia come farebbe una persona “vera”, vuole “fuggire” da Washington Mews e dagli amici giunti per l’ultimo omaggio ma trova anche la forza di reagire. E se Martin ha un incidente d’auto, Diana non entra nella stanza d’ospedale con l’aplomb con cui una persona andrebbe dal proprio capo-ufficio, ma per prima cosa corre ad abbracciarlo (29). Il rapporto tra Martin e Diana è narrato in modo maturo, in piena armonia con le loro caratteristiche ma costringendo i due a confrontarsi con aspetti che di solito restano inespressi o sono volti in macchietta. Li abbiamo visti in situazioni di intimità (10, 15, 16, 27 e 28), di tensione e imbarazzo (4). Si sono interrogati sull’evoluzione dei loro sentimenti, sugli impulsi inconfessabili e sull’attrazione per persone dell’altro sesso (4). Hanno avuto normali discussioni sulla gelosia (28) e litigi per incomprensioni (16), egoismi e rovesciamenti di accuse (24), per la richiesta di libertà (7 e 20) o di sincerità (20 e 29).

Java ha vissuto un’importante, e purtroppo tragica, storia d’amore, facendo innamorare di sé una ragazza molto diversa da lui grazie alla sua semplicità e spontaneità, al suo essere istintivamente dolce e sensibile (1, 2, 10 e 16): una rappresentazione ben diversa da quella del playboy incallito vista con altri autori. Nelle storie di Morales, soprattutto quelle iniziali, anche la sua profonda amicizia con Martin è stata messa in risalto, ma con lui il neanderthaliano si è anche lamentato di essere spesso trattato come un maggiordomo (16). Java è anche un uomo che non ha dimenticato le proprie origini, e quando il pianeta è sull’orlo della distruzione fa ritorno alla sua città natale in Mongolia per ritrovare suo fratello per l’ultima volta (22).

I coniugi Mystère (ep.15)

Anche per i comprimari ricorrenti Morales ha sottolineato il lato più umano: così, se l’ispettore Travis si domanda che amicizia sia quella tra lui e Martin, dato che si sentono solo per necessità (27), Chris Tower, il pezzo grosso a capo della segretissima base governativa di Altrove, tiene sul suo tavolo la foto di un’agente scomparsa in missione per la quale si sente in colpa (31), mentre Kut Humi, il maestro spirituale di Martin ad Agarthi e figura impermeabile alle emozioni, scende dal “piedistallo” per confessare i propri limiti (30).
Tra gli avversari storici della serie, Morales ha firmato, insieme a Castelli, l’ultima apparizione del diabolico Mr.Jinx davvero incisiva (6), mentre non ha avuto la possibilità di lavorare alla definizione del “nuovo” Sergej Orloff post Xanadu, gestito con risultati non del tutto soddisfacenti da Carlo Recagno (vedere articolo “Un posto al S.O.). Lo ha però utilizzato in una sola, ma significativa, occasione, quando gli ha fatto recitare una toccante orazione funebre per l’ex-nemico Martin (22).
Altri nemici storici riutilizzati da Morales – e il loro ritorno è stato un abile colpo di scena negli episodi – sono stati il negromante Mabus (4) , la misteriosa Li Voxian (18) e il più grande telepate di tutti i tempi, Mister Mind (31). In particolare, la chiusura del cerchio che Morales ha operato nella redenzione di quest’ultimo, rimasta “congelata” per un quarto di secolo di episodi, è stata sublime. È la penultima storia di Morales, pubblicata postuma, e la conversazione tra Martin e l’ex-nemico sul significato della vita, “meravigliosa in quanto unica e finita”, rappresenta il probabile testamento spirituale dell’autore.

Non si vorrebbe tuttavia dare un’impressione fuorviante con questo insistere su quanto Morales sia stato attento ai sentimenti dei personaggi. Le storie di Morales, per l’elevato contenuto emotivo, non sono delle soap-opera. La trama è tutt’altro che secondaria: l’attenzione al lato umano è semmai il “trucco”, semplice quanto trascurato spesso dai professionisti del campo, con cui Morales ha reso palpitanti, credibili e appassionanti tutti i soggetti proposti (dalle “teorie del complotto” alle trame fantapolitiche, esoteriche o fantastiche), anche quelli che, fossero stati sceneggiati da altri autori, sarebbero diventate storie di serie B. Un trucco che si concretizza nei dialoghi incisivi, nel ruolo narrativo dei disegni (dal linguaggio del corpo alle espressioni dei personaggi), nel taglio cinematografico di sceneggiature e inquadrature, nel caratterizzare i personaggi con le loro azioni o tramite le interazioni con le altre persone.

Se ad esempio una storia prevede, come primo avvenimento, che un commando militare compia una strage in una base segreta per prendere il controllo di un potentissimo ESPer (10), sarebbe molto pratico liquidare la faccenda in un paio di tavole meramente funzionali. Si potrebbe addirittura evitare del tutto la sequenza ed evocarla in una vignetta di dialogo tra altri personaggi in un altro momento della storia. Vincere le iniziali “resistenze” del lettore quando si apre l’albo e rendere “viva” la base prima della strage è invece tutta un’altra faccenda. Morales lo ha fatto con maestria con il dialogo tra l’anziano direttore della base che rievoca le frasi dei grandi leader politici del passato e un giovane ispettore arrogante e senza memoria storica, visibilmente scocciato, che lo considera un “fossile” di un’altra epoca e che ha già deciso di tagliare i fondi alla base. Il loro confronto si sposta sulle applicazioni militari e sulle dimostrazioni pratiche delle ricerche telepatiche, anche tramite attrezzature che consentirebbero di replicarle ovunque sul pianeta. Poi si accenna, di nascosto dal giovane, all’esistenza di un ESPer così potente da poter tranquillamente fare a meno di qualsiasi attrezzatura, il che renderebbe del tutto inutili basi di quel tipo. E solo dopo arriva, inattesa, la strage del commando, con l’ESPer che infine compare in secondo piano, mai inquadrato in volto. È chiaro che premesse di questo tipo stimolano e incuriosiscono il lettore, immergendolo subito nel racconto.

La vita privata di Java (ep.10)

Non meno importante è come si chiude una storia. La tecnica narrativa può consentire di lanciare il più forte dei messaggi senza bisogno di tanti discorsi e parole. Come quando Martin dedica una puntata della sua trasmissione ad una vergognosa pagina di storia contemporanea (13), a lungo rimasta nascosta, introducendola così ai telespettatori…

“Racconterò la vergogna di due paesi che hanno seppellito tutto questo per ciò che, ipocritamente, viene definito “interesse strategico”… racconterò l’indegna impunità di mostruosi assassini che si sono macchiati di crimini orrendi … racconterò tutto questo perché nessuno di noi possa dire domani: “io non sapevo”… perché questa storia orribile si imprima nella mente di ognuno di noi … in modo tale che non possa venire dimenticata … e perché avvenimenti del genere non si ripetano mai più … mai più!”

… mentre in parallelo, in una drammatico montaggio alternato, Morales affianca alle parole di Martin quello che sta accadendo a sua insaputa nel villaggio di malati che aveva contribuito a proteggere, letteralmente spazzato via da una bomba sganciata da un aereo che sembrava portare la cura di un grave morbo. Una cura, tuttavia, della quale per “interesse strategico” non si poteva ammettere ufficialmente l’esistenza. Un finale che è più di un pugno allo stomaco, e molto più di impatto delle parole con cui lo abbiamo ora descritto.

Le storie di Morales sono state spesso così. Storie tese, drammatiche e disperate, che hanno indotto il lettore – a volte lo hanno costretto – a riflettere. Da molti suoi racconti è emersa una rigorosa dimensione etica, e dalla loro lettura si può cogliere come sia possibile declinare l’avventura e il divertimento senza rinunciare a una cosciente attenzione verso il mondo che ci circonda e i troppi interrogativi che la sua gestione ci pone. Ed è stata proprio qui la bravura di Morales, nell’aver saputo bilanciare il politico con l’umano, il palesemente irreale del fumetto con l’amara verità, l’azione con la riflessione.
Di fronte all’indignazione e all’impotenza che spesso hanno animato Martin (e noi lettori con lui), è stato naturale porgersi un interrogativo: “Martin ce la farà a sconfiggere i cattivi, oppure lo status quo resterà inalterato?”.
Morales, senza troppi falsi moralismi, ci ha risposto “ni”: “no”, perché i finali spesso sono stati lieti o consolatori solo in apparenza, e “sì”, perché anche in mezzo a tanto marcio è possibile trovare ancora un “quadratino d’aria pura”, per usare le parole usate dallo stesso BVZM (11): la constatazione che nessun potere, né quello sovrannaturale né quello materiale del denaro, può valere il “cerchio magico” degli affetti più cari.
All’avidità che regola il mondo e alla disumanizzazione dei rapporti interpersonali nella società moderna più benestante, l’antidoto trovato da Morales, alla fine, è quello più teneramente antiquato, l’amore: per una persona, per il prossimo, per la vita in generale.
Insinuare tale concetto senza essere banali o retorici non è “cosa” per tutti gli autori. Richiede le grandi capacità narrative di cui Morales era dotato, e che a cinque anni dalla sua morte ci fanno sentire, inesorabilmente, la mancanza per quest’autore che, non dubitiamo, pur nei limiti di una storia a fumetti, avrebbe saputo raccontarci anche i cambiamenti e le sfide epocali “esplose” negli ultimi anni nelle nostre società, che rendono spesso difficile pensare con ottimismo al futuro della nostra specie.
Ci resta però una delle principali lezioni di Paolo Morales, il tenersi informati e mantenere una presa di coscienza su quello che accade nel mondo. E, naturalmente, il senso di gratitudine per quanto le sue storie hanno stimolato e arricchito i lettori di Martin Mystère.

Le tematiche: Gli ignoti potenti

Le singole storie di Paolo Morales non sono semplici da etichettare, poiché argomenti e generi si sono spesso incrociati tra loro. Per evitare di riportare un mero riassunto di trame piuttosto articolate, con il rischio di annoiare o di rovinare il piacere della lettura a chi non conoscesse le sue storie, si propone una opinabile e semplicistica suddivisione per tematiche, in cui un episodio specifico potrà essere pertanto richiamato più volte a seconda dell’argomento in esame.

La prima tematica delle storie di Morales, quella degli “ignoti potenti”, è stata la più stimolante. Le varianti con cui è stata affrontata sono diverse.

Una è la teoria del complotto, incentrata su organizzazioni segrete di potenti che tramano nell’ombra. Questi potenti che giocano col destino del mondo e delle sue genti non sono però membri di sette esoteriche, o residuati di antichi regimi dittatoriali, né i classici “scienziati pazzi” del cinema e della letteratura nei quali si imbatte solitamente il BVZM nelle storie degli altri autori. Questi potenti hanno scopi decisamente concreti: tutelare i propri interessi, ovviamente in modo illecito e al di fuori delle regole democratiche, che per il livello del loro potere sono un vincolo da aggirare, e facilmente aggirabile.
Gli “oscuri manovratori”, essenzialmente, sono i soldi. O, meglio, quel limitatissimo numero di persone che controllano i grandi flussi di denaro ed il potere economico in tutto il mondo. Sono quelli che i giornali definiscono spesso “gnomi della finanza”, capaci di mettere in ginocchio intere economie solo per ricavare il massimo da una speculazione. Sono questi “invisibili” i veri padroni del mondo e a condizionare le nostre scelte. Sono loro a decidere delle vite di tutti noi e, di fatto, a decidere chi vive e come vive. Ma non lo fanno mai in maniere evidenti, dittatoriali, apertamente oppressive. Più restano fuori vista, meno i riflettori si puntano su di loro, più, proprio come gnomi, la loro ricchezza (economica e di potere) cresce.

La critica che emerge verso l’avidità del sistema capitalistico, del liberismo imperante e della globalizzazione è pacata, ma evidente. Il Detective dell’Impossibile è stato messo di fronte all’amara rivelazione che l’essere una persona idealista, positiva, onesta e “buona” non solo non serve a cambiare il mondo, ma favorisce il disegno di controllo degli “gnomi”. Martin ne ha conosciuto qualcuno, e sotto mentite spoglie ha presenziato ad una sorta di “gruppo Bilderberg”, i cui partecipanti sorseggiano aperitivi discutendo di scatenare nuove epidemie come rimedio alla sovrappopolazione del pianeta con la stessa naturalezza con cui la gente comune parlerebbe di come estirpare le erbacce dal giardino. L’orrore e l’impotenza viene sbattuta in faccia a Martin (e a tutti noi che lo leggiamo): ogni uomo sulla terra, tranquillamente, in silenzio e senza violenza apparente, è diventato una marionetta insignificante, comandata dai fili del consumismo o dalla necessità di preservare l’accesso alle risorse del pianeta a un consorzio di holding o di nazioni, guidate da un ancestrale istinto di sopravvivenza (10, 26). E di questo, spesso, noi abitanti dei paesi sviluppati fingiamo di non accorgercene, perché ci fa comodo e ci permette di vivere in modo più confortevole.

Giovanni, figura-simbolo di tutti gli Ignoti potenti (ep.10)

In questa cornice generale, Martin ha vissuto avventure dal ritmo adrenalico, con cospirazioni di politici, militari e lobby che difendono i propri interessi avvalendosi di assassini inconsapevoli programmati con una doppia personalità (11), o finalizzate a rendere le persone pedine controllabili tramite i telefonini (15) perché, appunto, la libertà è un impiccio per chi detiene il potere. Una variante del “controllo”, di portata planetaria, è stata invece quella messa in atto da un’organizzazione capace di “controllare chi controlla il mondo” (26), nata con obiettivi idealistici ma con il tempo corrotta dal potere.

Non sono mancate critiche rivolte alle organizzazioni multinazionali che, dietro una facciata rispettabile, nelle storie di Morales non esitano a sacrificare cavie umane per trasformare l’aggressività in un’arma da vendere (5) o per debellare mali incurabili (20), o a sfruttare le moderne forme di schiavismo nelle miniere clandestine dei paesi sottosviluppati (27). E neppure le razze aliene dalla tecnologia avanzatissima sfuggono alla regola. Anziché lanciarsi in imprecisati programmi di conquista del genere umano alla “Independence Day”, le abbiamo viste dedicarsi ad un altro tipo di conquista: quella del potere economico (32), tramite il controllo occulto delle holding più potenti del pianeta e lo sfruttamento, per scopi indicibili, del lavoro della associazioni umanitarie mediche nel terzo mondo.

Il confine con la real-politik è labile, perché quando la ricerca del proprio tornaconto si mischia pragmaticamente con l’opportunità politica, si arriva all’insabbiamento di verità scomode e all’impunità dei peggiori crimini per proteggere l’interesse strategico nazionale. Morales ha toccato alcuni orrori della storia contemporanea, come i test mortali su cavie umane dell’Unità 731 durante la seconda guerra mondiale (13) o la protezione degli scienziati militari nazisti nell’ambito del progetto Paperclip (11), nonché la custodia del bottino razziato dai nazisti presso banchieri compiacenti (19) o gli orrori della guerra civile nei paesi africani (12 e 32).

Chiudiamo il tema con la variante fantapolitica, che si è adeguata con il trascorrere degli anni. Nelle storie concepite prima dell’11 settembre, quando gli equilibri mondiali si stavano ridefinendo dopo la fine della guerra fredda, Martin ha sventato cospirazioni che miravano ad un colpo di stato negli USA (2), all’imposizione di un nuovo ordine mondiale con tanto di minaccia nucleare ai capi di stato delle maggiori economie mondiali riuniti al G9 (3), ma anche, insieme a una task-force composta da FBI e esercito russo, all’assassinio di un misterioso “Numero Uno” (10). Nel mondo del “dopo 11 settembre”, invece, Martin ha evitato la distruzione di Roma, obiettivo di un ignoto gruppo di potenti che per i loro interessi volevano provocare un nuovo attentato epocale in una città simbolo europea (17). Un’altra minaccia terroristica, questa volta opera di un solo uomo, fanatico e geniale (ma anche un uomo profondamente solo), è quella che ha scatenato su New York una versione moderna delle piaghe d’Egitto (14).

Le tematiche: I poteri ignoti

Con il generico termine “poteri ignoti” si intendono le tematiche sviluppate da Morales intorno al filone “magico-fantastico”, ma al cui centro della scena ci sono sempre uomini o donne, alle prese con le misteriose energie e forze del pianeta, se non con il mistero più grande, sé stessi.
Un esempio sono le storie di persone dotate di straordinari poteri extrasensoriali (ESP), che tuttavia possono rappresentare anche una maledizione non richiesta e che, spesso, si accompagnano a legami familiari problematici, se non irrisolti (1, 2, 10 e 16).

Il filone della magia esoterica è stato sviluppato con una certa ricorrenza, con tutto il suo bagaglio di incantesimi, esorcismi e talismani mediante i quali il “mago” o negromante di turno comunica con le forze naturali, celestiali o infernali e le persuade a obbedirgli, con modalità spesso violente. Di costoro ci viene mostrata anche l’estrema idiozia generata dalla supponenza che, pare inevitabilmente, si genera in chiunque creda di poter maneggiare impunemente certe forze. Le fonti di ispirazione sono da ricercare in varie fedi, culture e mitologie di tutto il mondo: dai seguaci della dea Kalì (8) alla magia nera della Macumba (12), dalla cabala e il misticismo della tradizione ebraica (24) ai Grandi Antichi, la razza di divinità malefiche del leggendario “Necronomicon” (16) e ad altre divinità dell’antichità (28). Ci sono stati anche richiami alla dottrina tantrica indiana più estremista (30), al taoismo cinese (18) o al totemismo dei nativi americani (29).
Non sono mancate trame piuttosto articolate, come l’intreccio tra uomini, predatori e magia che porta ad una periodica sfida mortale tra capi clan, il cui superstite diventa un semidio (29), o la serie di impressionanti omicidi paranormali ai danni di persone potenti e moralmente corrotte, ad opera di una creatura sovrannaturale a metà tra uomo e demone (18).
Molto sfruttato è stato il tema dell’adorazione del Male con la M maiuscola, quello fine a sé stesso, con conseguenti rituali sanguinari di fronte a schiere di adepti invasati. Gli scopi di queste cerimonie sono a volte generici, come cambiare il volto del pianeta inaugurando un vero e proprio “Regno del Male” (4) o portando morte e distruzione indiscriminata (12 e 24). Altre volte le finalità sono ben più “materiali”, come l’ottenimento dell’immortalità (18).

Un rituale esoterico (ep.4)

Particolarmente significativo è stato il confronto tra un Martin in stato di morte apparente e un adepto del Male, ex-iniziato alla lamasseria di Agarthi, che si nasconde in luogo di passaggio tra la vita e l’aldilà (30), da dove trasforma in assassini sanguinari le persone che si risvegliano dal coma. Un confronto che ha riportato, simbolicamente, il tema del male alla sua accezione, per quanto possibile, più nobile: il male non fine a sé stesso, ma inteso come mezzo per l’ottenimento dell’illuminazione, quello più vicino al cuore degli uomini ma anche quello più nascosto poiché riguarda quella parte di noi che pochi hanno il coraggio di guardare dritta negli occhi e accettare.
Il luogo intermedio di passaggio tra la vita e l’aldilà è stato sfruttato in modo sorprendente anche da Mister Jinx (6), ma in questo caso magia e culto del male non c’entrano nulla, e ne parleremo nella successiva tematica.
Non solo culto del male, però: una significativa variante è stato l’antichissimo rito per la Vita celebrato, in un luogo sacro, da un variegato gruppo di mistici e capace di influenzare la Storia e le sorti dell’umanità. Avversati, ovviamente, da un fanatico del culto della Morte (3).

Le tematiche: La fanta-archeologia

Le storie di Paolo Morales più vicine alla tradizione puramente fanta-archeologica originaria di Martin Mystère non sono molte.
L’ipotesi extraterrestre è utilizzata esplicitamente soltanto nell’ultimo racconto di Morales (32), quando Martin ha a che fare con una razza ibrida che ha ereditato poteri e conoscenze tecnologiche degli alieni Nommo (già protagonisti in un classico episodio degli anni ’80) che avevano visitato il pianeta nell’antichità.
Il tema dell’ipotesi extraterrestre, insieme a quella dei continenti scomparsi, era stata indirettamente rivisitato anche in due avventure dello stesso filone narrativo (9 e 25), in cui Martin ha avuto a che fare con una civiltà di esseri in apparenza simili agli uomini ma appartenenti ad una razza più antica, dotati di straordinari poteri e di una tecnologia molto più avanzata della nostra. In seguito Martin è stato nella loro città di provenienza, nascosta da qualche parte sul nostro pianeta, per fronteggiare una grave minaccia. Dietro macchinari e tecnologie avanzatissime, tuttavia, riaffiorano sempre sia le più antiche aspirazioni del cuore umano, sia le sue più antiche ossessioni e terrori: nell’intenso e significativo finale è infatti palesato un parallelismo con la tragedia greca di Euripide dedicata a Medea, figura complessa e ambivalente, che assassinò i propri figli.
Un’altra storia puramente fanta-archeologica è stata l’avventurosa esplorazione che ha portato a scoprire il segreto “impossibile” di un popolo di navigatori che avrebbe dato origine al mistero di alcune dettagliatissime cartine geografiche dell’antichità (21): si tratta dell’episodio più atipico di Morales, sia nel tono della narrazione, più leggero e scanzonato, sia per il fatto che la storia è priva di nemici.
Negli unici due episodi di ambientazione italiana, entrambi a Roma (la città di Morales), è invece la Storia ad avere, come da tradizione della serie, un ruolo di primo piano. Nello specifico, dagli archivi del Vaticano abbiamo visto riemergere il “Raggio della Morte”, inventato nella finzione del racconto da Guglielmo Marconi per Mussolini (17), e la “fonte del futuro” di Nostradamus, che lo collega a un altro grande profeta della Storia, Giuseppe il patriarca (23).

In altre storie il tema “fanta-archeologico” si è separato in due, “fantastico” e “archeologico”, ciascuno dei quali ha assunto un carattere trasversale, diventando il punto di partenza per racconti che, a seconda dei casi, hanno preso altre direzioni o in cui la risoluzione del “mistero” è molto meno importante delle relazioni tra i personaggi o del manifestarsi di forze potentissime.

La prima storia scritta da Morales (ep.1)

Per quanto riguarda il fronte archeologico inteso come “pretesto”, Martin si è aggirato in templi perduti dell’Arabia pre-islamica dove ha visto all’opera il Sarcofago della Dea del sole, capace di sprigionare una immensa energia termica (1) e, sempre nelle zone più “calde” – politicamente parlando – del pianeta ha scoperto il collegamento tra il Necronomicon di Lovecraft e la Chiave di Salomone, il libro di magia che il sovrano donò alla regina di Saba (16). Siti archeologici sono anche la “miccia” del ritorno di divinità sumeriche (28) che scatenano un cataclisma di proporzioni bibliche sui luoghi dell’Antica Mesopotamia, con schiere di seguaci reclutati dalla rete che ricordano sinistramente quelli che, dopo la morte di Morales, avremmo purtroppo conosciuto dalle cronache quotidiane di orrori. In altre occasioni la Storia e i siti archeologici sono invece stati la fonte di “ispirazione” per i crimini di alcune società multinazionali: è il caso delle radici fisiologiche dell’aggressività, che derivano dagli studi degli aztechi (5), o dei risvolti meno noti dell’episodio biblico del vitello d’oro (20).

Sul fronte fantastico in senso stretto, alcune storie di Morales si sono interrogate sulle inquietudini del presente o hanno portato l’uomo a cercare le risposte alle domande universali sulle nostre origini o sulla destinazione finale, scontrandosi tuttavia con conseguenze spesso inimmaginabili e dai toni apocalittici.
I timori ambientalisti hanno fatto da contorno alla brillante storia fanta-horror ambientata in una base artica in cui Martin e compagni sono assediati da creature primordiali dall’aspetto di piccole seppie, risvegliatesi da un sonno millenario con lo scioglimento dei ghiacci e totalmente incompatibili con altre forme di vita (7).
L’impareggiabile Mister Jinx, il “Mefistofele” tecnologico dei nostri tempi capace di esaudire i desideri impossibili dell’uomo, ha invece superato sé stesso entrando in contatto con le anime di estinti violenti che attendono la loro “destinazione finale” in un luogo intermedio tra la vita e l’aldilà, trasformando in un business il loro desiderio di vendetta (6).
Abbiamo inoltre visto esperimenti scientifici basati su acceleratori di particelle sfuggire di mano, portando alla nascita di un buco nero che un poco alla volta risucchia l’intero pianeta (22) o alla trasformazione della materia, aprendo un varco per energie maligne (31). In queste storie Morales ha attinto anche dalla relativamente recente scoperta della “materia oscura” da parte della fisica, vale a dire la constatazione che la quasi totalità della massa dell’universo è sconosciuta per composizione ed essenza: una considerazione che se può essere decisamente inquietante sotto certi versi, per gli autori di fantascienza è stata un’autentica “manna”, perché ha aperto nuovi filoni. Insomma, checché si sia spesso portati ad affermare il contrario, le fonti di ispirazione per le storie di Martin Mystère saranno sempre infinite.

I personaggi introdotti

Paolo Morales ha arricchito la serie di Martin Mystère di alcuni notevoli nuovi personaggi, di cui riportiamo i più significativi.

Maria Ossowiecki (1, 2, 10 e 16), la fidanzata più o meno ufficiale di Java, è stato senz’altro quello di maggiore “peso” per importanza. Dotata di facoltà paranormali e poteri extrasensoriali, è profondamente collegata a Java, come da un filo invisibile, anche quando i due non sono insieme. Maria non vive serenamente i propri poteri perché, pur avendole fatto conoscere Java, le hanno portato anche dolore e sofferenza, come la morte del padre o un tragico scontro con un fratellastro. L’idillio tra Maria e Java purtroppo terminerà con la morte di lei.

Contatto telepatico tra Maria e Angel (ep.10)

Mary Ann Ferguson (3, 6 e 22), una normale e mite insegnante, è la destinataria del rito che ogni due millenni celebra la Vita ed influisce sulle sorti dell’umanità, trasferendo la saggezza di tutte le creature in una sola persona. Martin, predestinato a questo ancor prima della loro nascita, la aiuta a compiere il suo destino. Dopo avere cambiato vita e terminato gli studi di medicina, in un lontano futuro Mary Ann troverà la cura definitiva per mali come il cancro e l’AIDS.

Stella Stevens (20 e 26) è il miglior killer professionista sul mercato. Stella è fondamentalmente un enigma irrisolto, dalla personalità con una ramificazione articolata e tortuosa: in realtà non dovrebbe essere un personaggio con il quale il lettore instauri una sintonia, eppure è impossibile non provare almeno un moto di simpatia per lei. Stella, che ha vissuto un’ “infanzia difficile”, finirà con l’ammettere che non le sarebbe dispiaciuto avere un padre come Martin. Un altro killer professionista che ha affiancato Martin in un’indagine è stato Peter Shubert (5), un uomo all’apparenza di ghiaccio, ma con una storia passata molto complessa.

Ronny (9, 25 e 29), raro esempio di personaggio che cresce fisicamente tra una sua apparizione e quella successiva, è stato un altro compagno d’avventura atipico. Inizialmente è un giovane teppista, pestifero, duro e tenero al tempo stesso. Grazie all’influenza positiva del BVZM (che continuerà sempre ad apostrofare in modo affettuosamente irriverente), si aprirà ai piaceri della cultura, diventando prima studente universitario e poi assistente all’insegnamento.

Mary Ann (ep.3)

Sam Wilson (2, 13 e 22), prima maggiore e poi generale, è un onesto e integerrimo militare che tuttavia, nel suo ruolo, si trova a dover accettare compromessi terribili sull’altare dell’interesse nazionale, pur di far uscire “puliti” suo figlio e lo stesso Martin da vicende pericolose.

Olga Petrovna (10, 19 e 27) è inizialmente un po’ l’alter ego femminile di Sam Wilson, sebbene con spiccate doti d’azione e dalla parte russa della barricata. Competente e determinata, il suo idealismo e onestà la porteranno a gettare alle ortiche la divisa dell’esercito e a dedicarsi ad incarichi umanitari, sempre con la pistola in mano.

Il carismatico commissario Nadia De Pascali (17 e 23) ha affiancato Martin nelle sue avventure romane. Il nostro è privo di memoria al loro primo incontro e l’espediente ha consentito di sfruttare un filone narrativo mai veramente utilizzato nella serie: la nascita in lui di un sentimento più che affettuoso per una donna diversa da Diana (ricambiato). Recuperata la memoria, i rapporti tra i due torneranno puramente professionali, pur con il ricordo della reciproca sintonia.
Altri due ufficiali di polizia sono degni di essere ricordati. La prima è il giovane capitano Jingfei Ling (18) della polizia armata del popolo cinese, che instaura una collaborazione non priva di attriti con il Detective dell’Impossibile (lo blocca in Cina contro la sua volontà per necessità) ma con il quale nascerà una reciproca fiducia. Il secondo è il massiccio commissario Solomon Swambi (32), ben poco “politicamente corretto”, che indaga al fianco di Martin dopo averlo fatto evadere da un carcere della Sierra Leone, poiché la falsa accusa che ha fatto finire il BVZM in prigione è intrecciata con la misteriosa morte di suo figlio.

Stella Stevens (ep.20)

Molto ricorrenti nei racconti di Morales sui poteri ignoti sono i cattivi maschili intriganti e di aspetto piacevole. È il caso di Surya (4) e Sanjay (8), gemelli, entrambi capaci di padroneggiare forze oscure ma molto diversi tra loro per carattere: il primo studia il male per raggiungere l’illuminazione e non è privo di scrupoli, mentre il secondo è un sanguinario capo dei Thugs. Ci sono poi Angel (ma il suo vero nome è Matteo), il fratellastro maggiore di Maria Ossowiecki, potentissimo e crudele ESPer al soldo della mafia (10) e Arth Wilson (16), erede di un impero miliardario con una profonda fede nel male, senza scrupoli, ma che conoscerà una breve parentesi di umanità con la conoscenza di Maria. Affascinante, seppur d’aspetto tutt’altro che piacevole, è anche Grigorij Efimovic (3 e 6), cultore della Morte e nemico naturale di Mary Ann, che cercherà di uccidere anche da defunto.

In generale, tutti i personaggi introdotti da Morales, grazie ad una sintetica ed efficace personalità, non hanno mai lasciato l’impressione di essere lì solo per assolvere un mero scopo pratico per la narrazione, neppure quelli comparsi una tantum o per pochissime vignette. Tra questi ultimi, meritano di essere ricordati almeno il bambino Siddhy (8), proiezione del desiderio inconsapevole di Martin di diventare padre, e l’anziano Giovanni (10), figura-simbolo di tutti gli ignoti potenti.

Per loro, come per tutti gli altri personaggi qui ricordati, ne sono nati confronti che, nel bene e nel male, hanno messo alla prova la personalità di Martin e lo hanno arricchito. Appassionando, in questo modo, anche il lettore.

Quale futuro per la serie?

Dopo la fase iniziale e “storica” di Martin Mystère, che ne ha definito le caratteristiche e fissato l’immaginario nei lettori grazie all’opera di Alfredo Castelli, si può tranquillamente affermare che le storie di Paolo Morales siano state le più belle e intense del personaggio nel “dopo Xanadu”, pertanto per circa vent’anni. Il confronto tra la media dei suoi episodi e quella di tutti gli altri pubblicati nello stesso periodo è “imbarazzante” in termini di ritmo, godibilità e modernità della narrazione e, con l’inevitabile relegarsi in ricordi temporali sempre più lontani del Martin originale di Castelli, le storie di Morales sono diventate le sole veramente appaganti e forse proponibili per un Detective dell’Impossibile del 21esimo secolo. È una serie, infatti, quella del BVZM, che sta navigando a vista da tanti, troppi anni.

Già nel 2005 c’era stato un cambiamento “forte”, con il passaggio ad una periodicità bimestrale, per garantire un prodotto di maggiore qualità. Così purtroppo non è stato, e con la prematura morte di Morales la serie è diventata sempre meno appetibile (non solo per lettori nuovi ma anche per i fedelissimi), con storie che spesso scivolano nella “farsa” più improbabile o caratterizzate da una verbosità che impedisce ogni piacere nella lettura.

Nel frattempo si sta cercando di restituire smalto al Detective dell’Impossibile con iniziative parallele alla serie regolare. In particolare, “Le nuove avventure a colori”, con un Martin ringiovanito e che, come ha affermato Castelli in più occasioni (ad esempio nella rubrica “La posta misteriosa” del n.342), rappresenta al tempo stesso un prequel, un ultimate, un remake e un reboot della serie classica.

Una soluzione simile a quella ben nota ai comics dei supereroi, che periodicamente aggiornano origini e personaggi per restituire smalto ai protagonisti storici e renderli più accattivanti per i nuovi lettori. E con il non trascurabile vantaggio di “accantonare” il problema di gestire coerentemente decenni di storie.
“Le nuove avventure a colori”, concepite come miniserie pubblicata tra il 2016 e il 2017 e scritte da un gruppo di giovani sceneggiatori che hanno tenuto conto dei nuovi ritmi a cui ci hanno abituato cinema e televisione, sembrano avere avuto un certo successo e avranno un seguito. E quando la Bonelli ha varato la linea di romanzi “young adult” scritti da professionisti del campo, con i protagonisti bonelliani negli anni adolescenziali, per Martin è stato scelto quello “nuovo”.
Iniziative di questo tipo rappresentano una forte discontinuità per la Bonelli Editore con il passato, e facciamo ad esse i migliori auguri di successo, riconoscendo che possano essere un’idea valida per “incentivare” l’avvicinamento di neofiti o giovanissimi a personaggi “storici”, le cui serie originali hanno ormai raggiunto una mole “spaventosa”.

Vogliamo però lasciarci con un’ultima riflessione.
Ripartire da zero è la strada più “facile” per ridare freschezza a un personaggio storico, ma non l’unica.
Un personaggio può essere rilanciato anche senza considerare come un “vincolo” i decenni di storie già pubblicate. Lo si può raccontare in modo avvincente e moderno, con un ritmo cinematografico, anche rispettandone le caratteristiche originarie e senza quelle “pastoie” di cui parlava Castelli nella frase con cui abbiamo aperto questo articolo.
È soltanto più “difficile”, ma non impossibile. Le storie di Paolo Morales ne sono stata la prova.

Anche la serie classica di Martin Mystère ha bisogno di un rilancio, che potrà arrivare soltanto da nuovi autori. Alcuni, negli ultimi anni, sono già stati introdotti, ma sin qui nessuno di loro sin qui sembra avere preso come punto di riferimento l’eredità artistica che Paolo Morales ci ha lasciato: il suo approccio con il personaggio.
E se le cose non cambieranno, il BVZM potrà anche continuare a vivacchiare in edicola a lungo, ma senza avere più nulla di veramente interessante da dire. E da “dare” ai lettori.

Elenco cronologico episodi

1 – Il sarcofago di pietra (n.187-189)
2 – Operazione Gengis Khan (n.198-199)
3 – L’albero della Vita (Gigante n.5)
4 – D’improvviso una notte (n.217-218)
5 – Furia Omicida (n.228-229)
6 – Mister Jinx ritorna! (Almanacco Mistero 2002)
7 – Incubo tra i ghiacci (n.251)
8 – Gli adoratori di Kalì (n.253-254)
9 – I Predatori (n.264)
10 – L’angelo del male (Gigante n.10)
11 – Doppia personalità (n.277-278)
12 – Il demone della giungla (Almanacco Mistero 2006)
13 – L’ultimo viaggio di Amelia Earhart (n.289)
14 – Le dieci piaghe (Gigante n.12)
15 – Emoticon 🙁 (n.290)
16 – Java, addio! (n.296-297)
17 – L’uomo senza memoria (n.298)
18 – La città proibita (n.304)
19 – L’ultimo convoglio (n.305)
20 – Polvere d’oro (n.307)
21 – Il tesoro di Didone (n.308)
22 – L’orizzonte degli eventi (n.311)
23 – L’uomo che visse nel futuro (n.313)
24 – Il verdetto di Cassiopea (n.316)
25 – La terza stirpe (n.318)
26 – Progetto Cyborg (n.321)
27 – Gli abitatori del sottosuolo (n.327)
28 – Il risveglio di Tiamat (n.332)
29 – I predatori della foresta sacra (n.334)
30 – Tantra oscuro (n.336)
31 – La caccia selvaggia (n.342)
32 – Nomoli (n.357)

Note: il primo episodio è del 1997; l’episodio 6 è stato scritto insieme ad Alfredo Castelli; gli episodi dal 27 in poi sono stati pubblicati postumi tra il 2013 e il 2018.

Tutte le immagini sono (c) Sergio Bonelli Editore, salvo diversamente indicato.

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