E io (Nathan) tra di voi (Ned e Ann)

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Seconda “rivisitazione” delle origini di Nathan Never ad opera di un altro dei creatori del personaggio, quel Michele Medda che si è sempre contraddistinto per la sua capacità di variare da toni liristici ed intimisti ad atmosfere da action comedy brillante.

In particolare, sono proprio queste ultime a caratterizzare la sua mini di 6 numeri, puntando su un punto di vista abbastanza lontano da quella precedente, scritta da Vigna: dalla (meta) fantapolitica si passa infatti ad atmosfere a tinte più noir, che fanno da sfondo ad un Nathan molto più duro del solito, ossia quello stesso Nathan che si poté solo immaginare nello spazio bianco tra una vignetta e l’altra nella splendida doppia dei NN 18/19 (sempre ad opera di Medda).

Nathan è qui un padre ferito, i cui conti con il pluriomicida Ned Mace sono tutt’altro che chiusi, così come la speranza di ritrovare la figlia. È un Nathan perennemente sull’orlo del fondamentale “abisso delle memorie”, che però stavolta lascia la moglie Laura in una posizione relativamente defilata; un Nathan che si muove da una spirale distruttiva ad un’altra (quella di “agente speciale suo malgrado”), il cui percorso di ripresa è ben noto dalla serie regolare e dalla prima trilogia dei giganti.

Al di là di questo, però, l’occasione della mini offre all’autore di allargare il respiro della narrazione ed inserire Nathan su uno dei tanti piani narrativi che circondano il palcoscenico vero e proprio, occupato dalle figure di Ned Mace e Ann, perfettamente descritti all’interno di un distorto rapporto padre(orco)/figlia, sebbene lontani dalle “classiche” dinamiche della sindrome di Stoccolma. Durante la lettura è quasi inevitabile per il lettore pensare cose del tipo: “Ecco cosa è veramente accaduto e che non ci è mai stato mostrato chiaramente”, indizio del fatto che lo spunto di partenza di Medda possa essere stata la ripresa (e successiva rielaborazione) di materiale narrativo che all’epoca non fu possibile inserire nella narrazione generale.

La figura di Mace, pur nella sua brutalità, viene fortemente umanizzata, mentre il personaggio di Ann rimane impenetrabile lungo tutta la narrazione, guscio che paradossalmente si schiuderà al contrario con la morte di Mace, restituendoci la bambina che abbiamo conosciuto sin dall’inizio della serie.

Tutto intorno, si diceva, molteplici piani narrativi attraverso i quali da un lato l’autore si diverte ad inserire personaggi più o meno noti dell’universo neveriano, come C-09, Igor McNally (c’è addirittura un cameo del duo Ash & Leonid e un rimando a NN 29), Sawyer, ma soprattutto Laura, la cui relazione con Nathan viene trattata come tema più secondario rispetto al leitmotif della serie (al pari del rapporto tra Nathan e Laura); dall’altro, le figure classiche vengono tratteggiate con maggiore libertà, per cui ecco un Reiser che gigioneggia forse un pelino più del necessario, un Sigmund molto legato alla sua concezione originaria, ma soprattutto una Legs forse mai così Legs, nel senso di così carismatica, solida, divertente, irriverente, insomma così vera (passione per le piante grasse compresa!), di certo fortemente ispirata al personaggio così come descritto ed evolutosi all’interno della sua serie personale.

Alla fine della giostra (e sei albi sono una giostra impegnativa!) quello che rimane, soprattutto se comparato alla precedente rivisitazione, non è molto. Il caso alla base della storia rientra nella serie di omaggi che Medda fa alla serie e ai lettori, congegnando un plausibile ingresso in scena della razza dei mutati, ma una grossa fetta della narrazione è in realtà costituita dal girovagare dei vari personaggi tra città, cyberspazio e giungle tropicali (e pure infestate da donne cannibali); del noir rimane pertanto troppo poco per appassionare o sorprendere con colpi di scena ad effetto, sebbene il soggetto sia dilungato in sede di sceneggiatura in maniera sufficiente da perdersi tra molteplici personaggi secondari che durano il tempo di una sparatoria; per quanto poi siano intelligentemente funzionali da coinvolgere, tanto l’indagine di Nathan quanto le macchinazioni di Reiser risultano alla fine poco interessanti anche ai fini delle vicende riguardanti la nascente Agenzia di Sicurezza e Vigilanza.

Con questi elementi sullo sfondo, il centro del tutto rimane quindi individuato con l’inseguirsi tra Nathan, Mace e Legs: sono questi tre, assieme forse a Sigmund, la nota più lieta dell’intero lavoro anche se, come detto, Nathan è poco più di un cieco vendicatore di Bronsoniana memoria e le belle pagine dedicate a Legs e Sigmund colmano a malapena il gap. Come forse in “Collateral” di Michael Mann, è il cattivo a risultare il personaggio più interessante e a guidare il lettore tra il dipanarsi del plot e il disvelamento delle emozioni: sorprendentemente infatti, a discapito di copertine e trama, è Mad Mace che appare come meglio costruito per caratterizzazione, dinamiche e follia. Non a caso, la scena più forte e scioccante è quella della sua fine.

Il tratto di Bonazzi, ben distante dalle linee intime e cupe di De Angelis, lavora in sintonia con i testi nella definizione dell’hard boiled classico e, forse, la sua caratterizzazione dei personaggi può servire da bussola emotiva per aiutare il lettore a districarsi nell’animo della vicenda. La figura di Nathan in primis è ieratica, dura e impassibile per la maggior parte della storia. Se contrapposto alla sua nemesi, Mace, quest’ultimo ne risulta quasi più umano. Il dolore di Nathan è espresso tutto nella cieca ricerca di Ann, quasi non ci sia spazio per altro, e questo Bonazzi lo rende perfettamente, fino alla rottura nell’ultimo albo, a pagina 64. Di contro, Mace è folle, passionale, sadico e crudele, ma anche assurdamente legato ad Ann – e, come detto, distortamente ricambiato. La dicotomia tra i due meriterebbe un’analisi a sé.

Oltre questo, vanno sottolineate la più che buona valorizzazione del fascino di Legs e la “geekness” di Sigmund, che in molti casi rischia di andare un po’ troppo sopra le righe. In ultimo, va segnalata la già ampiamente riconosciuta nel tempo abilità nel descrivere l’action e la violenza: Bonazzi è sempre rapido, disincantato e puntuale, mai eccessivo. Il “solito” discorso sulla tenuta di un livello qualitativo più o meno standard lungo un arco di 500 e passa tavole, sebbene corretto da un punto di vista di puro giudizio, presenta comunque un sapore di critica gratuita. Bonazzi ha caratterizzato Nathan in pratica sin dagli esordi (come De Angelis), e il suo tratto ha avuto flessioni tanto verso l’alto quanto verso il basso in questo primo quarto di secolo del personaggio. Non è nuovo a tour de force come questo, avendo messo mano anche ai Giganti (sempre come De Angelis). Volendo al limite paragonare queste “magna opera”, si può azzardare l’ipotesi che i toni ben diversi delle due narrazioni (da un lato Nathan/Nemo, dall’altra Nathan e basta) abbiano influenzato il “sentire” dell’autore nei confronti del lavoro da realizzare, offrendo pertanto due declinazioni tanto diverse quanto correlabili – il tutto ovviamente senza tenere conto del tempo trascorso tra l’una e l’altra pubblicazione. È invece interessante spendere due parole sulla cover art: al puzzle della prima mini succede una parata di volti di Nathan che sottolinea: a) l’evoluzione della vicenda attraverso richiami ad elementi particolari (sebbene la cover del n.3 appaia leggermente off topic) e b) l’evoluzione della vicenda sullo stesso Nathan, sul cui volto appaiono progressivamente i segni della sofferenza, della rabbia, della speranza, della ricerca di un sollievo. È dunque anche questo un espediente di valore, che parte da un presupposto diverso da quello precedente, e per questo è parimenti apprezzabile.

In sintesi: era lecito aspettarsi di più, o la vicenda gode volutamente di una visione intimista e cupa del dolore e della vendetta? Probabilmente il non detto tra le pagine dei gia citati albi 18 e 19 era per Medda proprio questo: un eroe distrutto che trova il suo unico compimento nella vendetta, e non ci sono tempi shaolin o amori che possano lenire il vuoto del dolore; un vuoto non appagato neppure dal compimento della vendetta stessa, ma che lascia ancora più buio il cuore e la vita dell’eroe – come la storia di Nathan ben ci ha insegnato.

D’altronde i tre discepoli di Nathan su Tersicore, che chiaramente rappresentano i tre ideatori della serie, con i loro tentativi di inquadrare il loro maestro indicano le visioni diverse della storia, gli aspetti diversi che ciascuno dei tre sardi ha provato ad approfondire: quello più cospirazionistico di Vigna (non dimentichiamo che nell’ambito della cosiddetta “saga Alfa” è proprio in NN 106, ad opera di Vigna/De Angelis, che viene introdotto Mr. Alfa) da un lato, e quello più d’azione di Medda (con tutti i distinguo sopra evidenziati) dall’altro. Non rimane a questo punto che aspettare il racconto basato sul soggetto di Serra per chiudere il cerchio e tirare le somme.

Oscar&Pasquale

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