Una copertina non esaltante a opera di Sergio Giardo ci conduce, passando per un altrettanto poco incisivo titolo (Terra selvaggia), verso un passato davvero remoto per l’attuale Direttore Never. Michele Medda pesca dal baule dei ricordi datati 1992 per riportare Nathan sulla strada per Cielo Verde, in quel del Territorio.
Tanto per non riprendere un tema trito e ritrito, l’allora neanche adolescente Joey che salvò la vita a Nathan è ora un uomo fatto, e quindi ci si chiede oziosamente come funzioni il settore dell’entropia per i protagonisti e per il resto del mondo che ruota attorno a loro. Ora come allora, la storia rievoca tematiche ambientaliste, che se all’epoca erano più il risultato di echi della valle del vento di Nausicaä, ora sono inevitabilmente da leggere come rigurgiti del climate change. Su di queste, l’autore innesta derive da culinary drama – che per un attimo fanno tornare alla memoria “l’ossessione del reverendo Dodgson”, giusto per rimanere in casa Bonelli – trovando un originale escamotage per bilanciare il vecchio e il nuovo. Le dinamiche dei contractors suggeriscono infine addirittura qualcosa di già visto nel n.39, volendo anche qui rimanere nella produzione neveriana – e quindi bonelliana – dello stesso autore.
Il propellente narrativo non è il top. La trama non ha la pretesa di elevarsi a classico della testata, e in verità presenta anche qualche soft spot – come la sequenza tra Sigmund e Monica, la biologa dell’Alfa, che avrebbe potuto essere gestita in molto meno spazio, ma che evidentemente è stato necessario allungare per esigenze di paginazione. Fortunatamente Medda garantisce sempre una prova di livello in sede di sceneggiatura: in particolare, trova risalto in questa storia la ricerca dell’essenzialità che l’autore sta portando avanti nel corso degli anni. È una fine “arte del torre” che non inficia la brillantezza dei toni, quando quel particolare registro narrativo è richiesto, ma che anzi in generale rende i dialoghi, seppur asciutti e compatti, incisivi e completi in sé.
L’acme di questo percorso è raggiunta nella praticamente perfetta caratterizzazione di Legs, che ormai anche in poche battute riesce a essere più tridimensionale di tanto altro personaggiume partorito in altri luoghi ed altri laghi. A fare il paio è il contributo – anch’esso piacevolmente ruvido e minimale – di Max Bergamo, che sembra lesinare sui tratti specialmente quando c’è da caratterizzare il trio dei protagonisti; anche qui, però, l’effetto è solo apparentemente scarno, laddove infatti ad un secondo sguardo emerge l’intrinseca potenza visiva che poco ha da invidiare all’eutrofia proposta nei luoghi e nei laghi di cui prima. Volendo continuare il gioco dei paragoni – e mantenendoci sempre su questa testata – diverse similitudini si apprezzano, con ad esempio le prime prove di Ernestino Michelazzo.
Le etichette quali “bis”, “extra” o simili fanno sempre salire il sospetto che si tratti di storie rubricate in sede di programmazione editoriale come “minori”, ma che presentate con un’adeguata denominazione mirano ad alterare (in positivo) la percezione agli occhi dei lettori. Nel caso in questione il tono da (blando) sequel già incasellava l’albo abbastanza di default nell’ottica di uscita “speciale”: non essendoci però materiale per almeno 140 pagine – o meglio, Medda poco si presta a stiracchiamenti di mestiere – la soluzione “bis” salva in questo caso capra e cavoli.
“Terra selvaggia” si aggiunge al novero di quelle “storie da seconda lettura” che costella la produzione di Medda, ma più in generale il duo autoriale costituisce di per sé una certa qual garanzia. È stato quindi un peccato apprendere che Bergamo ha dovuto appendere la cosiddetta matita al chiodo per cause non meglio specificate. In ogni caso, la sua arte gli sopravvive, a prescindere dalle etichette.
Nathan Never
n.397 Bis “Terra selvaggia”
di Michele Medda e Massimiliano Bergamo
16x21cm, 96 pagine, b/n, 4,90€
Sergio Bonelli Editore, Luglio 2024