Un po’ Twin Peaks, un po’ Evil, molto Garth Ennis. L’autore irlandese torna alle atmosfere più marcatamente horror a quasi 10 anni dal già citato Crossed – la prima pubblicazione per Aftershock risale infatti al 2018, e l’arrivo sul mercato nostrano grazie ai tipi di Saldapress è dell’anno successivo.
Come allora, la sua opera si pone come guida per il lettore attraverso una lucida disamina del male inteso come concetto filosofico e antropologico; come allora, la sua critica sociale nei confronti della perdita di valori nella democrazia contemporanea punta il dito contro le dissonanze (per usare un eufemismo) che abbondano nella macchina politica a stelle e strisce – governo Bush jr all’epoca, prima amministrazione Trump in questo caso.
Diversamente da allora, il fattore psicologico è molto più marcato, e la discesa del titolo è tanto concreta (in senso biblico) quanto introspettiva, con tutti i principali personaggi coinvolti – agenti speciali F.B.I. Shaw e McGregor su tutti – chiamati a fare i conti con ciò che sono diventati alla luce delle scelte fatte/non fatte nel corso della loro vita.
Ancora, diversamente dalla cifra stilistica con cui lo conosciamo, Ennis si muove in maniera quasi spezzettata, alternando diversi piani temporali e staccando ogni sequenza nel momento di maggiore pathos; l’uso delle ellissi narrative è particolarmente presente, e la cosa diventa sfidante ad una prima lettura, dato che un quadro complessivo relativamente più comprensibile si avrà solo verso la fine – per quanto non tutti i sotto-intrecci abbiano potuto giovare dello stesso livello di approfondimento.
Ennis chiama di nuovo in causa la religione quale costrutto fondamentalmente umano, e con uno spiazzante disincanto ribalta i concetti di Creatore, Vergine Maria e (anti)Cristo, con una eco che richiama la sua ultima run su Hellblazer, per quanto priva stavolta dell’elemento grottesco fine a se stesso, ma di contro dotata di uno spessore e di una consapevolezza inevitabilmente molto maggiori.
Le matite di Sudzuka – che ha dalla sua robetta del tipo Y, l’ultimo uomo, o la mini incentrata su Lady Constantine – coadiuvate dai colori del connazionale Ive Svorcina, raccontano in maniera ordinata questo nuovo squarcio del velo di Maya da parte dell’autore di Preacher e The Boys, sottolineando in questo modo il disturbante nerbo dei testi senza adulterarlo con facili sensazionalismi.
L’ineluttabilità che lascia l’amaro in bocca a fine lettura testimonia della profonda peculiarità di quest’opera, che restituisce un Ennis solido pur nella sua sperimentazione diegetica, e che davvero lascia con la volontà di non attendere alcuna opera di world building correlata.
Per un’opera come questa, è il complimento più alto che le si possa riconoscere.