È di questi giorni la notizia che Crossed di Garth Ennis ha avuto il via ufficiale per una sua trasposizione sul grande schermo da parte dei tipi di Six Studios, con lo stesso autore al lavoro sulla sceneggiatura. Ne approfittiamo per parlare di questo fumetto pubblicato qualche tempo fa.
Garth Ennis non ha più bisogno di presentazioni da illo tempore, e si sprecano gli aggettivi usati per descrivere la sua grammatica narrativa – ragion per cui in questa sede ci si asterrà dal sottolineare l’ovvio.
L’esasperazione dei toni sfocia normalmente nel grottesco in tante sue opere; non è però questo il caso di Crossed, miniserie originariamente pubblicata tra il 2008 e il 2010, che (proprio volendo usare delle etichette) si pone al crocevia tra il post-apocalittico, lo splatter e il torture porn.
La premessa di partenza è del tutto analoga a quella di The Walking Dead – una non meglio specificata epidemia che trasforma gli uomini in bestie sanguinarie – e come il capolavoro di Kirkman non si preoccupa di spiegare il “come” il fenomeno sia avvenuto, quanto il “cosa” abbia provocato. E il focus è anche qui l’assistere alla lotta contro la disumanizzazione da parte dei pochi sopravvissuti, che all’iniziale minaccia esogena devono aggiungere quella endogena formata da conflitti interni e lotte di potere all’interno di crescenti logiche di clan.
Ennis racconta tutto questo con un taglio simil-asettico: le peggiori efferatezze compiute dagli “scruciati” (così soprannominati dalla piaga cruciforme che compare sul loro volto) vengono infatti descritte quasi con senso di cronaca, rinunciando a qualsiasi enfasi e ricorso a spettacolarizzazioni di sorta – che pure il tema si presterebbe a offrire a getto continuo – per raccontare l’orrore nelle sue più basilari, disgustose, spregevoli, primordiali forme.
Gli infetti in Crossed non diventano zombie. L’epidemia praticamente spegne in loro qualsiasi istinto di autoconservazione e azzera ogni tipo di freno inibitorio, così che il gusto per la tortura e la mutilazione si rivolge allegramente anche nei propri stessi confronti, ma in maniera ben più articolata rispetto a “semplici” manie suicide: è letteralmente il male fine a se stesso, che proprio per questo motivo non rende gli scruciati esseri privi di intelletto, anzi li mantiene capaci di elaborare strategie articolate sia di caccia, che di preparazione alla stessa.
In tutto questo, il viaggio verso un’ipotetica “terra promessa” per la sopravvivenza da parte di Stan, Cindy, suo figlio Patrick e il resto della scombinata combriccola che si ritrova in fuga alla fine del primo atto, procede secondo le più classiche direttive del genere, dove il gruppo iniziale è destinato a rimanere via via decimato fino a ridursi a quelli che sono di fatto i protagonisti dell’opera; ciò nonostante, Ennis persegue questa traiettoria attraverso un percorso non scontato, infilando alcuni colpi di scena solo apparentemente gratuiti, ma soprattutto senza concedersi neanche qui alcuna inquadratura in più del necessario per raccontare le loro vicissitudini – facendo anzi largo uso di ellissi per lasciare la tragicità di alcuni passaggi alla sola immaginazione del lettore.
Crossed è un’apocalisse senza fanfara né eroi da blockbuster a stelle-e-strisce, nonostante la vicenda sia ambientata negli Stati Uniti; è quasi un reportage, nel quale Ennis non rinuncia comunque a inserire qualche stoccata nei confronti dell’ipocrisia dilagante della società odierna, e facendo capire neanche troppo velatamente che la brutalità che emerge a causa della misteriosa epidemia si cela in realtà a pochissima profondità dalla patina di civiltà che l’uomo razionale tanto ci tiene a sbandierare. Homo homini lupus? Esatto, il succo è (purtroppo) sempre e solo quello lì.
La potenza icastica dell’opera poggia parimenti sul lavoro di Jacen Burrows, già sodale di Ennis (cfr. ad esempio la trilogia dedicata a Wormwood) e capace di tirare su tavole di notevole impatto pur senza indulgere in manierismi di sorta. La recitazione dei personaggi si attiene, pur con i dovuti distinguo tra sopravvissuti e scruciati, ad un registro relativamente minimale, ma ancora una volta ciò permette di far emergere la crudezza della realtà nella sua forma e forza intrinseche.
È un tratto comunque dinamico e dettagliato, che a tratti può ricordare quello di Steve Dillon su Preacher. A differenza di quest’ultimo, però, Burrows ha una gestione del colore più estesa, il che aumenta la spettacolarità di alcune scene (ad esempio, l’elicottero precipitato alla luce della tempesta). Il gore ovviamente abbonda ma, riprendendo uno dei discorsi iniziali, non si tratta di un’esaltazione del grottesco, perché è tutta la realtà di un pianeta ad essere finita a donnine.
Ennis mette a frutto le già mature prove di Preacher, Hitman e The Pro (tanto per citare alcuni titoli a caso), innestandovi quel tocco chirurgico che caratterizza le sue notevoli storie di guerra, a mostrare che il suo non è un registro monocorde che viene riproposto ogni volta in salsa diversa. A riprova di ciò c’è infatti anche un discorso di world building: Stan, Cindy & co. sono solo una delle miriadi di storie di lotta (verso il proprio istinto animale) e di sopravvivenza (verso l’istinto animale liberato dall’epidemia) che verosimilmente hanno attraversato il globo. Quel che Ennis ha però avuto da dire, l’ha detto; ciò nondimeno, non ha messo il veto a far raccontare altre storie, in altri luoghi e soprattutto con altri personaggi.
Ecco quindi che il testimone è passato ad altri autori, in particolare a David Lapham, che hanno portato avanti l’opera iniziale con diverse run in diverse forme, alle quali ha collaborato sporadicamente anche lo stesso Ennis. Nota a margine: nel roster di autori compare financo un certo Alan Moore.
Crossed costituisce un’importante milestone nella carriera di Garth Ennis: dopo Preacher e prima di The Boys, dopo Wormwood e negli stessi anni di Battlefields, in rapporto di analogia e antitesi con The Walking Dead, è il risultato di una consapevole visione dell’uomo e dei suoi limiti, senza la necessità del guizzo hollywoodiano che insiste per trovare l’eroismo all’ultimo istante utile.
Crossed è il cammino giorno dopo giorno verso un orizzonte impalpabile di liberazione, una distorta via verso la santità, la resa immaginifica – attraverso il medium fumetto – del celebre aforisma di Nietzsche “Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te”.
Con buona pace di cavalli e frollini (chi ha letto / leggerà, sa perché).