The Punisher di Garth Ennis. Parte IV

Le storie one-shot di Garth Ennis su The Punisher

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Oltre i lunghi e impegnativi archi narrativi fino ad ora sviscerati, Garth Ennis ha prodotto anche alcune interessanti storie one-shot e alcune miniserie.

Tali storie one-shot su The Punisher sono quasi un approfondimento del personaggio, piccole parti monografiche utili a scardinare e scandagliare i temi più profondi e viscerali di Frank Castle. In questi racconti, infatti, l’autore riesce a scavare nella psiche del suo (anti) eroe e nel mondo oscuro in cui si muove. Ogni one-shot si concentra su un aspetto diverso del personaggio, dalla sua ossessione per la vendetta (The Cell) fino alla sua origine militare (Born).

Ennis riesce a mantenere una coerenza narrativa che lega ogni storia alla brutalità intrinseca di Castle, senza mai farlo apparire monotono o prevedibile​, presentando Frank Castle non solo come un giustiziere senza scrupoli, ma come un uomo consumato da un codice di violenza personale.

Ethos di vendicatore spietato, ma mai ingiustificato. Un uomo che continua a convivere con il dolore e la solitudine.

Racconti che spesso non riescono a integrare momenti di introspezione e critica sociale senza sacrificare l’azione intensa e cruda tipica di The Punisher.

Punisher: Born #1-4 (2003)

È tempo, anche per Garth Ennis, di andare alle radici dell’uomo. Il periodo in Vietnam di Frank Castiglione non era ancora stato palesemente esplorato e narrato da Ennis: vuoi per la distanza, ormai trentennale, con la guerra del Vietnam, vuoi per il rapporto di Ennis con le guerre.

Da sempre l’autore ha usato il tema bellico in un’ottica critica, sfruttando la brutalità dei conflitti per mettere in luce la natura oscura e corrotta dell’umanità. Una visione realista e – a tratti – nichilista, con una critica costante al militarismo e alle strutture di potere che perpetuano i conflitti.

Questa sua tendenza ad esplorare gli effetti devastanti della guerra sull’individuo e sulla società produce un racconto oscuro e spietato.

Qui, finalmente, Ennis esplora le radici più oscure e profonde della psicologia del personaggio. Prima ancora che la tragedia familiare lo trasformi nel Punitore, Frank Castiglione è già un uomo segnato dalla guerra, attratto dalla violenza. Questa run rivela come Castle, ben prima di indossare il suo iconico teschio bianco, fosse destinato a diventare il Punitore.

La guerra del Vietnam non è solo un evento storico, ma simboleggia il disordine e la decadenza morale che risiedono dentro Frank Castle. La storia suggerisce che il protagonista, già compromesso emotivamente dalla brutalità del conflitto, abbia sempre portato in sé un lato oscuro, esacerbato dalla guerra stessa.

Il legame tra Castle e il conflitto è quasi mistico, segnato da una voce interiore che potrebbe rappresentare la sua coscienza corrotta o una forza soprannaturale​ in quella che, in alcuni passaggi, sembra quasi una trasposizione a fumetti di Apocalypse Now. In soli quattro numeri va in scena non solo la brutalità del conflitto, ma anche l’effetto psicologico devastante che ha sui soldati. La narrazione è un’esplorazione cruda e senza filtri del potere distruttivo della guerra, trattata con un realismo viscerale che evita qualsiasi “glamourizzazione” del conflitto​.

Il lavoro di Darick Robertson si integra magistralmente con la narrazione di Ennis, esaltandone il tono crudo e immersivo. I suoi disegni, intensificati dalle tonalità cupe di Paul Mounts, catturano perfettamente l’atmosfera soffocante e ansiogena della giungla vietnamita.

I dettagli nelle scene di violenza non solo rafforzano il senso di disordine e pericolo, ma trasmettono anche la crescente follia che pervade l’opera. Inoltre, l’uso di ampie vedute panoramiche contribuisce a dare una dimensione epica alla storia, rendendo l’ambientazione e l’azione visivamente coinvolgenti e potenti.

La presenza della voce interiore rappresenta una tentazione costante, una sorta di patto faustiano che lo invita ad accettare la violenza come parte essenziale della sua esistenza. Questa voce può essere interpretata come la manifestazione della natura più bestiale di Castle, una forza inarrestabile che lo trascina inevitabilmente verso la perdizione.

Da qui ripartirà infatti Jason Aaron per il suo ciclo conclusivo che vedrà The Punisher diventare Il Pugno de La Mano

Frank Castle incarna l’archetipo del guerriero che, una volta assaporata la violenza, non può più tornare indietro diventando già qui The Punisher. La guerra diventa la sua unica ragione di vita, e anche il ritorno alla famiglia è segnato da una consapevolezza tragica che non potrà mai sfuggire alla sua natura

La run comprende The First Day, The Second Day, The Third Day, The Last Day.

Punisher MAX: The End (2004)

E poi c’è la fine, l’ultima storia di The Punisher, The End. Che è poi anche l’ultima storia in assoluto. Un finale estremo per la storia di Frank Castle, perché Garth Ennis (immaginando l’ultimo atto di violenza del suo anti-eroe), con questo episodio, risponde alla domanda “quando si fermerà il Punitore?”

La risposta è un apocalittico “quando non ci saranno più criminali da uccidere”. Ancora una volta non c’è redenzione e non c’è speranza. Né per Frank Castle, né per l’umanità.
Richard Corben crea un’atmosfera post-apocalittica cupa e desolata. Il suo tratto, caratterizzato da figure robuste e distorte, accentua la crudezza e la brutalità del mondo in rovina. Uno stile volutamente grezzo che talvolta rende la storia visivamente pesante. Sacrificando una certa pulizia o fluidità narrativa, il lavoro di Corben è essenziale nell’alimentare l’angoscia e la devastazione della fine del mondo.

Punisher MAX: The Cell (2005)

Ennis affronta in questa breve run uno degli aspetti centrali e fondanti del personaggio: la strage della sua famiglia e la conseguente vendetta. Frank Castle infatti si fa deliberatamente arrestare e rinchiudere in prigione per vendicarsi degli uomini responsabili della morte di sua moglie, di sua figlia e di suo figlio quel maledetto giorno al parco. Ma questo lo scopriamo solo dopo.

La storia è un crescendo, con la perizia fredda e calcolatrice di Frank che accompagna il lettore, pian piano, rivelando una profondità di odio e vendetta che va oltre la semplice giustizia. Il dolore e l’assenza di redenzione portano, nel tanto intenso e straziante finale del racconto, all’amara assenza di catarsi. Lewis LaRosa è, ancora una volta, un valore aggiunto per la storia: il suo tratto crudo e dettagliato è perfetto per catturare la violenza e la brutalità della run, con un uso magistrale di ombre e contrasti che enfatizzano l’atmosfera cupa e opprimente della prigione, scene d’azione dinamiche e una grande attenzione al realismo dei movimenti e delle espressioni. Questa verve visiva rafforza la narrazione di Ennis, aggiungendo un livello di profondità che evidenzia la durezza e la rabbia della vendetta.

Punisher MAX: The Tyger (2006)

Primo excursus di Garth Ennis nell’infanzia di The Punisher. A differenza di quanto verrà narrato poi in seguito da Jason Aaron, qui l’autore sceglie di tenere il giovane Frank come spettatore.

Abbandonando per un momento l’eccessiva violenza che ha caratterizzato le sue storie fino ad ora, Ennis si concentra su una narrazione più intima e riflessiva. I dialoghi sono tesi e pieni di significato, con un ritmo lento ma carico di tensione emotiva. Attraverso l’esplorazione del male intrinseco nel mondo, Ennis porta il lettore a comprendere appieno la trasformazione psicologica di Frank Castle. 

Torna la violenza sulle donne dopo The Slavers e torna la difficoltà degli oppressi di liberarsi dal giogo dei potenti e dei criminali. Una riflessione amara sulla predestinazione dell’uomo che diviene una metafora sulla predestinazione dell’eroe.

Il tutto, come detto, narrato con tono pacato, quasi poetico, in linea con i versi di William Blake che fanno da fil rouge alla storia, rappresentata con una forza cupa e angosciante dal tratto realistico di John Severin che, combinato con i colori freddi di Paul Mounts, trasmette in maniera intensa la desolazione interiore del protagonista e l’ambiente ostile in cui si muove.

Punisher War Zone vol 2 #1-6: La resurrezione di Ma Gnucci (2009)

Garth Ennis ha appena conlcuso la sua avventura su The Punisher sulla serie MAX e torna a giocare con Frank Castle in questa breve run che riprende e continua i discorsi e le trame concluse in Bentornato, Frank. È quasi straniante ritrovare questo Ennis sulle pagine del Punitore dopo le cupe e devastanti trame sviscerate su Punisher vol 7 #1-60.

In realtà siamo distanti anche dallo stile di opere quali Well Come On Everybody And Let’s Get Together Tonight, Do Not Fall In New York City, Of Mice And Men e Streets Of Laredo. Qui Ennis torna a collaborare con Steve Dillon per un revival del personaggio di Ma Gnucci e di Elite di cui, sinceramente, non sentivamo il bisogno. Questa avventura, seppur grottesca e ironica come quelle del primo ciclo, risulta di base troppo ripetitiva e troppo spesso ai limiti del ridicolo.
Poco aiutano personaggi come Charlie Schitti (neo Soap) o Molly Von Richtofen che, per quanto gradevoli, non riescono a correggere il tiro di una narrazione un po’ forzata che manca di freschezza.

La run comprende The Resurrection Of Ma Gnucci #1-6.

Punisher: The Platoon #1-6 (2017/2018)

Con questa miniserie, Ennis torna a parlare di Frank Castle a quasi dieci anni dalla conclusione del suo ciclo su The Punisher. Per farlo riprende da Valley Forge, Valley Forge l’idea del narratore esterno, lo scrittore Michael Coodwin, qui intento a raccogliere le testimonianze dei veterani della prima squadriglia di Frank Castle in Vietnam.

La scelta – una narrazione per flashback attraverso i racconti dei suoi compagni – permette all’autore di raccontare Castle accentuando l’enigma e il mistero oltre l’uomo.

Se l’intento dichiarato è quello di svelare cosa lo abbia trasformato in The Punisher, quello reale è quello di rendere l’uomo una figura iconica. La narrazione è fortemente introspettiva, con un Frank mai così intenso e riflessivo. Un soldato attento, talvolta premuroso con i suoi commilitoni, e sempre strategico. Rari sono gli sprazzi di pura rabbia e violenza in cui l’ombra del Punitore trapela: per lo più quei tratti caratteriali già noti al lettore sono celati o comunque latenti. Vi sono forti, invece, la sua capacità di guidare e proteggere, la lealtà, l’intelligenza tattica e politica. Una storia questa che arricchisce ancora le sfaccettature del personaggio e ci racconta di un Frank ancora giovane, ancora emotivo, ben diverso dal vigilante The Punisher.

I disegni di Goran Parlov arricchiscono la narrazione con uno stile perfettamente bilanciato tra il realismo dei corpi e del contesto militare e quello quasi caricaturale dei momenti più brutali. Un equilibrio delicato che alleggerisce, con la sua pulizia, una storia tesa e complessa per i numerosi riferimenti prettamente militari inseriti da Ennis.

La storia infatti è anche – e soprattutto – storicamente accurata e presenta una forte disamina sul conflitto del Vietnam. Eplicativa e perentoria la chiosa di Letrong Giap: <<I Vietnamiti combattevano per il loro paese, gli Americani per niente, senza alcuna idea del perché lo facessero. […] No, non è giusto, i migliori di loro combattevano l’uno per l’altro. Ma l’amore non basta per vincere una guerra.>>
È questa, ancora, una storia di cameratismo, di lealtà e di onore. Ennis rimane affascinato dalla capacità della guerra di tirare fuori il peggio dagli uomini, di distruggerli ma, al contempo, di dar loro anche la possibilità di essere eroi. Una dicotomia importante, viscerale, già affrontata e narrata (
Valley Forge, Valley Forge; Born) e qui ancora una volta espressa con ferma decisione.

La run comprende Crack the Sky and Shake the Earth; Ma Deuce: The Black Rifles; Absolute Consequences; Deadfall; Happy Childhoods.

Punisher: Soviet #1-6 (2019/2020)

Ed ecco che siamo arrivati all’ultima avventura di The Punisher scritta da Garth Ennis (ultima se si esclude Get Fury ancora inedita in Italia, n.d.r.).
È ancora una volta la guerra al centro del racconto e ancora una volta la vendetta, ma non solo. C’è infatti Valery Stepanovich (una sorta di riflesso di Frank), ennesimo antieroe consumato dal dolore tanto stereotipato quanto efficace; c’è la guerra in Afghanistan (quella del del 1979-1989, URSS contro Mujaheddin sunniti, n.d.r.); e c’è Frank Castle.

Ennis riesce a costruire una narrazione che porta in primo piano non solo il passato militare di Valery in Afghanistan, ma anche la sua necessità di vendetta. Frank, pur essendo il protagonista, rimane volutamente in secondo piano per lasciare spazio al racconto di Valery, il cui arco narrativo culmina in uno scontro con le brutali realtà della criminalità organizzata e della corruzione.

Con uno stile sempre più crudo e realistico, esaltato dai disegni dettagliati di Jacen Burrows, Ennis intreccia così la vendetta di Valery Stepanovich con Frank Castle in un’alleanza momentanea basata sulla necessità di giustizia.

Un racconto che è una riflessione sul senso di perdita e di onore. Un racconto brutale, freddo, disilluso e spietato. 

La run comprende Murder Ballads, The Other Side of the Mountain, And I See by Your Gravestone You Were Only Nineteen, A Girl With a Heart as Big as the Sky, A Sudden Sense of Liberty, I’m Coming Now, I’m Coming to Reward ThemU.

THE PUNISHER DI GARTH ENNIS – tutti gli articoli
THE PUNISHER DI JASON AARON – tutti gli articoli

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

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