“Jesse Owens. Di miglia in miglia” di Gradimir Smudja

La vita dell’atleta afroamericano che sconfisse il nazismo per ritrovarsi ripudiato e rinnegato in patria

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9/10

Le Olimpiadi francesi sono state accompagnate da una produzione fumettistica notevole (per quantità e qualità), imperniata sulla storia dei Giochi: la vita del barone de Coubertin, gli intrecci tra sport e politica, le pioneristiche atlete femminili.

Spicca nell’insieme la biografia di Jesse Owens, quadrupla medaglia d’oro a Berlino nel 1936, ad opera di Gradimir Smudja, autore di cui in Italia sono disponibili la vita di Toulouse Lautrec (Il cabaret delle muse, 2022) e le avventure alla corte di Vienna d’un Mozart ‘topomorfizzato’ (Mausart, 2023).

L’approccio animale, vera a propria cifra stilistica e poetica di Smudja, è qui identico: un gatto nero vestito alla Tom Sawyer e munito di banjo canta le gesta dell’atleta le cui vittorie costrinsero Hitler a lasciare prematuramente lo stadio per non stringergli la mano.

In realtà il culmine della carriera di Owens è un pretesto per raccontare, in maniera ironica ma non meno tragica, la condizione di nero negli Stati Uniti segregazionisti d’inizio secolo. Jesse corre, corre sempre, inseguito bambino dalla malattia, da oche, capre, bisonti, dal Ku Klux Klan e da tutto ciò che ne minaccia l’esistenza, in un dipinto che si fa paradigmatico, magistralmente riassunto nella sentenza (dalle molteplici letture): «Incredibile che in una tale immensità non vi sia alcuna possibilità di fuga».

Se l’aquerello, trattato come una tempera, può apparire lezioso, nella ricchezza dei dettagli si pone al servizio di una vena documentaristica capace di coniugare Norman Rockwell e Rien Poortvliet, trasformando tanto la vignetta che le meravigliose doppie pagine in una foto d’epoca.

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Vasco Zara

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