Su Revue Dessinée Italia #10, Elisa Belotti e Nicolò Pellizzon pubblicano questa inchiesta a fumetti sulle terapie di conversione.
Le terapie riparative – o terapie di riorientamento sessuale – sono ancora oggi particolarmente diffuse, spesso affiancate da percorsi spirituali con derive complicate e dannose per la persona.
Tutte le maggiori organizzazioni per la salute mentale hanno espresso preoccupazioni al riguardo di questi trattamenti: l’Ordine nazionale degli psicologi ha preso una posizione netta contro queste prassi, considerate ascientifiche e contrarie al suo Codice Deontologico, mentre l’ONU raccomandava già nel 2005 di porre fine alle terapie e ai trattamenti abusivi a cui sono spesso sottoposte le persone LGBT, inclusa la cosiddetta terapia di “conversione”. Inoltre, è attualmente in corso un’iniziativa per vietare le pratiche di conversione nell’Unione europea.
Belotti e Pellizzon ci raccontano tutto questo in maniera intima e delicata.
La cifra narrativa di Belotti non è mai aggressiva o rabbiosa, non cerca sensazionalismi o colpi di scena. La sua inchiesta, disegnata con altrettanta attenzione dal tratto pulito ed evocativo di Pellizzon, è un’inchiesta ponderata, accurata e toccante.
Il breve racconto a fumetti, è un’inchiesta potente non solo per la puntualità con cui illustra la questione, ma proprio per la delicatezza e il tatto che usa per farlo. La cifra stilistica di Belotti non è mai scandalistico.
La narrazione della deprecabile pratica e le testimonianze raccolte che fanno da guida all’esplorazione della questione sono mediate infatti dalla fede cristiana della giornalista e ne acquistano forza. Non c’è un’invettiva (per quanto ci sia comunque un’esplicita accusa – ma sempre specifica, non generica – alla Chiesa in toto), bensì una disarmante attenzione al dolore che queste pratiche comportano in chi le subisce, ed è forse questa la dimensione più diretta che il suo racconto può prendere.
Un’opera interessante che fornisce una possibile chiave di lettura. Un lavoro che cattura l’attenzione grazie ad una forma delicata e affascinante, ma che non risulta né completa né esaustiva della questione – e non vuole esserlo. È un lavoro intelligente e misurato, che non offre vittime, ma sostiene una necessità di conoscere e affrontare la questione.
Un’inchiesta che è un punto di partenza.