Martin Mystère, Von Hansen e la seconda opportunità

Il Detective dell’Impossibile alla ricerca della fonte della giovinezza

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La storia che inizia nel n.7 di Martin Mystère, L’uomo che scoprì l’Europa, fu la mia “prima volta” con il Detective dell’Impossibile. Come succede spesso, tendiamo ad attribuire a quelle prime letture un valore superiore a quello che effettivamente possiedono. In questo caso, invece, si tratta di una storia che, anche senza lo sguardo indulgente del legame affettivo, risulta decisamente ispirata.

Già da quella prima lettura, fatta con gli occhi del bimbetto d’allora, fantasticavo su quelle pagine stracolme di avventura, mistero, dramma, finanche horror. Un intreccio memorabile, quello confezionato dall’indimenticabile Alfredo Castelli: partendo dall’ubicazione del leggendario regno del Prete Gianni (che l’autore fissa in Florida anziché in Oriente, come vorrebbe la tradizione popolare), Martin e Java partono alla ricerca della fonte della giovinezza.

Nel loro cammino devono fronteggiare inspiegabili fenomeni naturali all’interno delle temibili paludi delle Everglades e, soprattutto, gli sgherri del potente e ricchissimo Henry De León, uomo vecchissimo che cerca ossessivamente la fonte per tornare ad una nuova giovinezza.

Insieme a Martin c’è l’amico e collega Vincent Von Hansen, bizzarro studioso dal linguaggio poco ortodosso e dalla notevole sensibilità verso il gentil sesso.

Von Hansen, nonostante lo spirito alquanto arzillo, non è più un giovanotto e inizia a sentire il peso degli anni. Nei convulsi eventi finali, sarà solo lui a trovare la fonte della giovinezza: un ritrovamento spiazzante, insperato per quanto desiderato. Di fronte a quella “magica” acqua, Von Hansen ha la possibilità di ricominciare daccapo, di vivere una nuova vita, un’incredibile seconda opportunità.

Nonostante non ci venga mostrato lo studioso immergersi nella pozza d’acqua, tutto lascia presagire che lo farà. Difatti, pochi mesi dopo i fatti occorsi in Florida, Martin riceve la visita di un ragazzo con un volto familiare, che si esprime con il caratteristico linguaggio di Von Hansen ma, soprattutto, gli riconsegna la sua arma a raggi che era andata perduta nel convulso finale della vicenda. Come vuole la prassi, tre indizi fanno una prova. 

Un finale che mi lasciò felicemente sbalordito, degna conclusione di un episodio memorabile.

Rileggendola oggi con occhi adulti, la storia conserva immutato il suo fascino: nonostante siano passati oltre 40 anni, la scrittura di Castelli e i bellissimi disegni di Franco Bignotti non hanno perso un grammo della loro forza espressiva.

Inevitabilmente però, quella tavola con Von Hansen che riflette su come possa cambiare la sua vita immergendosi nella magica acqua della fonte, fa pensare anche il lettore in là con gli anni. Cosa faremmo di fronte all’opportunità concreta di poter rivivere in modo diverso la nostra esistenza, “senza commettere gli stessi errori” come pensa lo stesso Von Hansen?

Una nuova vita, cercando di non fare le stesse scelte sbagliate della precedente, quelle con cui ancora oggi ci giudichiamo senza mai giustificarci.

Castelli ci illude di un finale che va in un senso ben preciso, ribaltando però tutto in un episodio successivo (n.25, Ritorno dall’aldilà), in cui riapparirà il vecchio Vincent che racconterà come sono andate realmente le cose.

Alla fine svela di non aver avuto il coraggio – o la pazzia, secondo un altro punto di vista – di bagnarsi nella fonte: “No Martin, sarei diventato un giovane con la mente di un vecchio, avrei odiato ogni attimo della mia nuova esistenza”. Il giovane che si era presentato alla porta di Martin non era il Vincent ringiovanito, ma un attore scelto appositamente dallo stesso Von Hansen per farsi burla dell’amico.

Una rivelazione che toglie un po’ di magia alla precedente storia e, al tempo, rappresentò per me una cocente delusione. Non so se fosse il giusto finale di quell’incredibile avventura oppure servì solamente a Castelli per poter riproporre un personaggio che era piaciuto tanto ai lettori. Forse la risposta migliore è quella che ci darebbe lo stesso Von Hansen: umpah!

Stefano Paparella

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