Ci sono fumetti Bonelli degli anni ’70 che mi hanno davvero segnato (Zagor e Tex in primis, naturalmente) e altri di cui, onestamente, avrei potuto fare a meno. Akim fu il primo di questi: attirato dalla bella copertina “tarzanesca” del primo numero, lo sfogliai in edicola ma lo rimisi rapidamente al suo posto quando vidi che gli animali della giungla PARLAVANO… e che l’orfanello salvato dal gorilla Kar e poi soprannominato “la scimmia bianca” imparava a sua volta il loro linguaggio. Oltre a questo, i disegni mi sembravano francamente bruttini, non certo all’altezza di un Ferri, un Galep o un Letteri – o anche solo del trio EsseGesse: quindi rinunciai senza rimpianti a scoprire questo nuovo fumetto, che debuttò in edicola nel 1976.
E tuttavia, diversi miei amici divoravano letteralmente gli albi di questa collana, sull’onda delle continue repliche dei film di Tarzan (interpretato da Johnny Weissmuller) che passavano in TV.
Decisi quindi di concedere una prova d’appello ad Akim, leggendo il n.11 da un mio amico che me l’aveva descritto in modo entusiasta a partire, anche stavolta, dalla copertina e da un titolo che (parole sue) creavano un’atmosfera avvicente e misteriosa: cosa sarà mai stata quella forma oscura che minacciava di portare il terrore nella giungla? (Spoiler: era una piovra gigante e, diciamo così, “geneticamente modificata” dallo scienziato pazzo di turno)
Giuro che cercai di leggere l’albo (scritto da Roberto Renzi e disegnato da Augusto Pedrazza, autori anche di tutti gli albi precedenti) senza pregiudizi, ma non ci riuscii proprio: i disegni continuavano a non piacermi, i personaggi mi sembravano monodimensionali… e gli animali continuavano a parlare, tra l’altro con toni grotteschi che facevano a pugni con la drammaticità (…) della storia. Naturalmente, non feci altri tentativi.
Scoprii solo molti anni dopo che questo personaggio risaliva addirittura al 1950 e aveva avuto un buon successo soprattutto all’estero, tanto da convincere Sergio Bonelli a pubblicarlo – anche se solo per 48 numeri, come spiegato nel saggio Tutto Bonelli. Gli anni d’oro.
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