Il sottotitolo di questa mia rubrica è “Le storie degli anni ’70 che hanno creato il mio immaginario fumettistico”… e finora ho parlato di fumetti che mi hanno colpito e di cui mi ricordo ancora con affetto. Ma ce ne sono stati altri che, per qualche motivo particolare, NON mi hanno colpito quando li ho letti per la prima volta, nella maggior parte dei casi perché ero troppo piccolo da poterli apprezzare nel modo giusto.
L’esempio più “clamoroso” è costituito da questo albo di Alan Ford, un fumetto che non rientrava negli abituali, vorticosi scambi con i miei amici e/o quelli di mio fratello ma che mi capitò di sfogliare per puro caso. Certo, probabilmente sono stato molto sfortunato e mi sarebbe andata meglio con un altro numero che, magari, non iniziasse con “Vi ricordate come finì l’albo precedente?” – visto che, naturalmente, non avevo letto né avrei saputo procurarmi tale albo…
Provai comunque a procedere con la lettura, ma a pagina 4 (come già accennavo in questo articolo) praticamente mi arenai, davanti a una domanda – legittima per un ragazzino di pochi anni e abituato a considerare reali o almeno realistici TUTTI i fumetti che leggeva – alla quale non sapevo trovare risposta: “ma come faceva il Numero Uno a essere vivo ai tempi dell’Odissea per consigliare Omero?!?”
Sfogliai quindi distrattamente il resto dell’albo, senza riuscire a capire come mai la “trama” sui boy-scout (era quello il titolo, no?) iniziasse soltanto dopo metà dell’albo, “completamente all’oscuro di concetti quali satira, parodia, tormentone ecc.” – tanto per continuare ad autocitarmi.
Un buco nell’acqua completo, insomma, ma certo non per colpa di Magnus & Bunker, geniali creatori del Gruppo TNT. Passarono anni prima che tornassi a leggere Alan Ford e, finalmente, con lo spirito giusto per apprezzare questo autentico capolavoro del fumetto italiano.
Alan Ford nella rubrica Collaterali in edicola
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