Dopo aver narrato di come Joe Shuster e Jerry Siegel furono defraudati della creatura di loro invenzione, Superman, in un graphic novel meritoriamente segnalato ieri dal nostro Michele Tarzia, Julian Voloj indaga nuovamente le pecche del sogno americano raccontando le vicissitudini di un altro solitario sfruttato dall’industria dei comics americani: Bill Finger, il co-creatore di Batman (Bill Finger. Dans l’ombre du mythe, Urban Comics, 2022, non – ancora – tradotto in italiano).
La storia si dipana indirettamente tramite l’indagine condotta da Marc Tyler Nobleman, il cui Bill the Boy Wonder: The Secret Co-Creator of Batman (2012) portò finalmente nel 2015 ad accreditare il nome di Finger accanto a quello di Bob Kane.
Luoghi e persone si intrecciano temporalmente, dalle interviste ai disegnatori nell’ombra che sostituirono Kane (il quale, come dichiarò incredulo Will Eisner, «ad un certo punto smise semplicemente di disegnare»), al Bronx degli anni Trenta, in cui un trio di ragazzini – non bisogna dimenticare Jerry Robinson: sua l’idea del nome e del costume di Robin – dà vita a un’icona mondiale, di cui Kane si attribuì l’intera paternità per non perdere, forse, i riconoscimenti che ne derivarono.
Le matite e i colori di Erez Zadok, nel tentativo di adeguarsi allo spirito inventivo di Finger, appoggiano troppo un tratto già morbido, accentuando gesti ed espressioni. Però commuovono nelle pagine mute in cui rappresenta la solitaria cerimonia funebre di Bill in riva al mare, con le onde che riprendono le ceneri e cancellano il simbolo del pipistrello dove Fred, il figlio, le aveva poste.