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Maya Deren
La vertigine dell’esistenza

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Il mio nome significa illusione, trasformo un’idea in qualcosa di reale. Togliendo il velo che cela l’anima e la verità.

Inizia con queste parole il fumetto Maya Deren – La vertigine dell’esistenza di Stefano Alghisi e Marco Madoglio

Un inizio che è pura illusione, pura fantasia. Non solo perché il cinema o il fumetto sono tali, è palesemente ovvio che sia così, ma per una certa tendenza a determinare la sostanza dalla magia. Maya Deren non è stata solamente una grande regista sperimentale: è stata in primis una donna che – attraverso la sua anima e la sua lungimirante visione della vita – ha saputo destreggiarsi in una società maschilista, razzista e presuntuosa. 

Non che oggi abbiamo fatto grandi passi avanti, ma quanto meno possiamo cercare di imbastire un dialogo, quando ai tempi (mi riferisco alla metà del ‘900) il solo pensiero era pura utopia.

Dopo qualche pagina iniziale, troviamo una giovane Eleonora Deren politicamente attiva, che scende in strada a New York alla fine degli anni ‘30 per manifestare contro le ingiustizie. Prima che fosse regista era una militante. Prima di quel suo intervento al congresso del Partito Socialista nel 1937 e dopo le sue parole << è ora di cambiare >> mentre lascia il palco dopo il discorso perché circondata da politici ottusi e da una platea alquanto retrograda. Questa è Eleonora, l’altra sarà Maya.

Il cinema della Deren è il primo sguardo non-narrativo che la storia della settima arte possa ricordare, tralasciando quella fase dei primi anni del ‘900 dove il cinema d’avanguardia era sì sperimentale ma non prendeva in minima parte l’idea di una possibile narrazione per immagini. Con l’arrivo di Marcel Duchamp negli USA, e con l’avvento delle neo-avanguardie post seconda Guerra Mondiale, si ha un radicale cambiamento nel sistema e nella produzione dell’arte. L’opera in sé (il manufatto) non avrà più così rilevanza come invece lo sarà il “gesto”, che diventerà emblema di un’epoca.

In questo contesto ritroviamo Eleonora Derenkovskaya – alias Maya Deren – che inizia la sua avventura utilizzando la cinepresa Bolex H-16mm che aveva comprato grazie al denaro ricevuto in regalo dal padre. 

Questo fumetto (che potremmo definire come una sorta di biopic su carta) riesce a restituire con grazia ed eleganza la vita e la professionalità di una donna forte e coraggiosa, spirituale e malinconica tanto da portarla ad Haiti per studiare, filmare e soprattutto vivere delle esperienze meditative – cercando una sua identificazione nel mondo, quel mondo che non sarà solo cosparso di cinema e arte bensì anche di quotidianità, di quei rapporti sociali che oggi definiremmo con tono di semplicità come comunitari. 

L’incontro tra la settima e la nona arte

L’opera scritta e disegnata da Alghisi e Madoglio, inoltre, ci dona la bellezza della vita di Maya poco prima che arrivasse a realizzare quel meraviglioso primo film dal titolo Meshes of the Afternoon (1943) per poi catapultarci nella visione prettamente cinematografica della sua stessa esistenza. Alcune delle tavole sono a dir poco stupende, con quel tratto che sa d’antico, come guardare una vecchia xilografia, graffiata a tal punto da avere la sensazione di percepire dei solchi nelle pagine anziché dell’inchiostro. Se leggerete il fumetto in questione, ad un certo punto avrete come l’impressione che tali disegni rimandino alle folgoranti visioni di Dürer: tutto ciò senza nulla togliere al disegnatore Madoglio, anzi: il mio è un sottile e cifrato complimento che gli rivolgo. Conosco bene il cinema della Deren, tutti i suoi piccoli film, la sua estetica, il rapporto con  Duchamp e il contesto storico-sociale in cui è vissuta. Nella mia mente mancava  questa visione attraverso la nona arte, che rende giustizia alla sua carriera. Del resto non penso sia stato facile per gli autori gestire la fase di ricerca per la produzione dell’opera.
Molto interessante è la struttura con cui hanno saputo “montare” le immagini-vignette che danno quel senso di storyboard in movimento, per non parlare della restituzione che hanno fatto dei film. Ecco, riportare attraverso alcuni frame l’essenza di alcuni film di Maya (dal mio punto di vista) è una della cose più belle del fumetto. Sarò di parte nell’affermare ciò, ma sono stato pervaso da belle emozioni. Conoscere tutti i suoi film, studiarli e poi rivederli disegnati, di sicuro ha un suo valore aggiunto. 

Per darvi un’idea delle mie parole, vi riporto attraverso queste immagini i due sguardi a confronto.

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Frame dal film originale
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Vignetta tratta dal fumetto

Questa immagine di Maya alla finestra, frame tratto dal suo primo film sopra citato (nonché protagonista della sua stessa opera), è una delle immagini che mi porto dietro fin dal primo giorno in cui vidi il suo film. 

È un’immagine iconica, che vive di vita propria anche estrapolandola dal contesto filmico per cui è stata realizzata. 

E poi, con grande responsabilità intellettuale i due autori mettono in scena quel sogno (mai realizzato) di fare un film sulla schiavitù ad Haiti a cura del grande regista Sergej M. Ėjzenštejn, progetto che aveva come sguardo quello dell’eroe Toussaint Louverture.

Nel fumetto questo film c’è, vive e il regista ne è felice a dimostrazione di quanto l’impegno anche politico di Maya Deren fosse stato importante e pregnante nel corso della sua vita.

MalEdizioni edita questo graphic novel e riesce a donare una bella veste grafica al volume, cura nei dettagli e conferisce la giusta attenzione nella stesura della bibliografia – rara nei fumetti – che, quando la si trova, regala quel piccolo piacere in più (almeno per il sottoscritto). A corredo di tutto ciò trovate anche una interessante introduzione a cura di Anita Trivelli dal titolo Maya Deren: creatrice di mondi ed esperienze.

Concludo la recensione consigliando la lettura di questo fumetto, ma con una postilla: prima di farlo, guardatevi questi tre film: Meshes of the Afternoon (1943), At Land (1944) e A Study in Choreography for Camera (1945), che sono di breve durata e reperibili anche su YouTube, e poi lasciatevi travolgere dalla sua storia, dalla sua esistenza.

Fumetto già consigliato dalla nostra redazione nella rubrica I consigli di uBC del 7 luglio 2023.

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Maya Deren – La vertigine dell’esistenza
di Stefano Alghisi e Marco Madoglio
128 pagine, b/n, 18,00€
MalEdizioni, 2023

Michele Tarzia

Vivo nell'ombra dei miei pensieri, ai margini della mia memoria

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