L’importanza di Dino Buzzati per il mondo del fumetto, per lo sviluppo del suo linguaggio è cosa nota, ma curiosamente poco pubblicizzata, quasi si trattasse di una passione dello scrittore del Deserto dei Tartari, da non divulgare troppo, per evitare che la sua opera narrativa ne fosse sminuita. Bene fanno Matteo Bussola nell’introduzione al volume e soprattutto Marco Perale nella postfazione a sottolineare questo aspetto, partendo dal celebre Poema a Fumetti del 1969, uno dei primi graphic novel della storia della narrativa. Buzzati aveva da sempre accompagnato le sue opere con delle illustrazioni, che in alcuni casi venivano rifiutate dagli editori, sicuramente poco avveduti o che probabilmente non sapevano bene come catalogare le opere di questo romanziere/illustratore.



Tavola di Andrea Artusi, pag. 11
Buzzati fu un vero e proprio appassionato di fumetti, dei personaggi Disney e di Diabolik (che, per esempio, studiò profondamente) e realizzò perfino delle tavole vere e proprie, per il Corriere d’Informazione nel 1966, che raccontavano un sanguinoso fatto di cronaca del 1903.
Il progetto edito dalla Round Robin spicca per originalità, dato che il duo Zilio-Artusi decide di non trasporre direttamente in fumetto qualche opera di Buzzati, come per esempio l’atteso adattamento del Deserto dei Tartari della Sergio Bonelli editore ad opera di Michele Medda e Pasquale Frisenda, o di rappresentare qualche elemento biografico del grande scrittore. I due decidono di creare ex-novo un personaggio, il giornalista Odino Buzzi, cui piace improvvisarsi detective – quasi un alter ego di Buzzati – e lo inseriscono nel suo immaginario, proiettandolo nelle sue storie, che fungono da ispirazione per i racconti gialli disegnati a fumetti.



Tavola di Michela Di Cecio, pag.58
Buzzi, detective giornalista, è un bel personaggio, autoironico, che si ritrova quasi per caso ad indagare su alcune bizzarre situazioni – tra cui la prima (ambientata nella Biennale di Venezia) a metà tra la burla e la truffa artistica – e altre decisamente più drammatiche, prendendoci gusto, anche se alla lunga sembra risentire delle ricadute legate a ciò che scopre durante le quattro indagini che vengono raccontate.
Altro aspetto particolare è che per ogni racconto a fumetti vengono omaggiati più racconti di Buzzati, ognuno illustrato da un disegnatore differente, con uno stile particolare, ben rappresentato dalla copertina in cui l’immagine del protagonista viene composta dai differenti disegni dei vari artisti, ognuno con il proprio stile. Artusi e Zilio si occupano di tutti soggetti, mentre la sceneggiatura e i disegni cambiano a seconda della storia.



Tavola di Ivano Granato, pag. 80
Artusi disegna “L’infinito”, la prima storia che contiene alcuni rimandi all’attività di pittore di Buzzati, con una pregevole scena iniziale riguardante un naufragio in mare aperto. Dal punto di vista grafico è evidente il tentativo di replicare lo stile di disegno degli anni ’60.
Il racconto successivo, “L’impareggiabile capolavoro”, è un’indagine all’interno del mondo della musica contemporanea, scritta da Marcello Bondi e Andrea Gobbi per i disegni di Michela di Cecio. La particolarità grafica di questa storia è che sono inseriti al suo interno gli spartiti originali opera dal compositore Mirco Bondi, che è possibile perfino ascoltare scaricando un sorprendente QR-Code. “La Clinica”, sceneggiatura di Davide La Rosa e Zilio per i disegni di Ivano Granato, è la storia forse più dura, sulle tracce di trafficanti di organi umani, in cui Buzzi si scopre uomo d’azione e pure seduttore.



Tavola di Theo Szczepanski, pag.116
L’ultima storia, “Redenzione”, ispirato da due racconti differenti di Buzzati, è scritto da Alberto Toso Fei e Zilio e disegnato da Theo Szczepanski, con protagonista un sacerdote alla ricerca di Dio, che cela in realtà un terribile segreto.
Si tratta perlopiù di indagini molto semplici, probabilmente anche a causa delle poche pagine a disposizione per ciascun racconto, ma in cui emerge la particolare personalità del protagonista, di fronte alle trasformazioni e alle contraddizioni degli anni ’60, periodo di cui ritroviamo le atmosfere, la cupezza di “quella Milano” (grazie soprattutto alle soluzioni grafiche adottate dai vari disegnatori), dandoci la possibilità di immergerci nella poetica di Buzzati, la cui opera funge da ispirazione per gli autori.
Un volume più che pregevole, che si aggiunge al catalogo della Round Robin, casa editrice romana specializzata in graphic journalism, che questa volta non si lascia sfuggire la possibilità di indagare il rapporto tra letteratura e fumetto seguendo in pieno l’eredità di Dino Buzzati.