Nathan Never nell’Abisso delle memorie

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Giugno 1991: approda in edicola il primo numero di Nathan Never, intitolato Agente Speciale Alfa. In quel periodo avevo – di nuovo – perso un po’ di vista gli albi Bonelli: l’entusiasmo che avevo avuto per Dylan Dog era scemato dopo una trentina di numeri (e soprattutto dopo il progressivo diradamento degli albi scritti da Tiziano Sclavi), tanto che di lì a poco avrei rivenduto a peso d’oro i primi 60 numeri originali. Nick Raider, invece, l’avevo abbandonato dopo soli 16 numeri.
Mi accostai quindi a questa nuova serie con una sorta di cautela: fantascienza, d’accordo, ma quale tipo di fantascienza? Una space opera con astronavi e pianeti lontani? Un cyberpunk con mondi virtuali e interconnessioni tra l’uomo e la macchina? Un futuro angosciante tipo Blade Runner, oppure ottimista tipo Star Trek? Presto avrei scoperto che i Tre SardiMichele Medda, Antonio Serra & Bepi Vigna, già autori di alcuni albi di Martin Mystère e Dylan Dog – avevano creato un fantastico “contenitore” in cui confluivano tutte queste contaminazioni e molte altre ancora.

Il primo numero fu comunque fondamentale nella decisione di acquistare questa nuova collana: sfogliandolo in edicola, oltre a godermi i disegni di Claudio Castellini (anche copertinista della collana), mi resi conto che i robot presentati nell’episodio agivano seguendo le mitiche tre leggi della robotica inventate dal grande Isaac Asimov, declamate da Nathan a pagina 44.

(Qui devo doverosamente aprire una parentesi: nella mia biblioteca, Isaac Asimov è al secondo posto tra gli autori più presenti con una cinquantina di libri, preceduto soltanto da Andrea Camilleri e seguìto, a completare il “podio”, da Agatha Christie. Ho sempre amato le opere del good doctor e all’epoca dell’uscita di Nathan Never avevo già letto e riletto più volte i romanzi del ciclo dei robot, preferendoli anche a quelli della Fondazione: logico, quindi, che restassi favorevolmente colpito dal primo numero.)

Gli albi successivi delinearono l’universo di Nathan, evidenziando ulteriormente da un lato la componente, diciamo così, “citazionistica” con influenze di tutti i tipi e, dall’altro, le sfumature che diversificavano le caratteristiche dei tre autori: ad esempio, come Sclavi usava l’horror anche per parlare d’altro, anche i Tre Sardi usavano spesso la fantascienza per parlare d’altro – in particolare Medda in alcuni passaggi intimisti dello struggente e malinconico numero 9, Gli occhi di uno sconosciuto, che resta a tutt’oggi l’albo di Nathan Never che preferisco in assoluto grazie alle sue riflessioni sul tempo che passa e fa sfiorire amicizie che sembravano eterne, sulle diverse aspettative che una coppia può riporre nel futuro…

La storia che però mi convinse definitivamente a continuare la collezione fu quella che iniziava nel numero 18 – L’abisso delle memorie – e terminava nel numero successivo, L’undicesimo comandamento. In essa veniva svelato il tragico passato di Nathan Never, un passaggio obbligato in qualsiasi fumetto seriale e che spesso costituisce un capolavoro oltre a spiegare, a posteriori, alcune caratteristiche fondamentali del personaggio: basti pensare, ad esempio, a Zagor racconta… in cui scoprivamo che una figura completamente positiva come lo Spirito con la scure aveva intrapreso la sua missione pacificatrice dopo aver trucidato decine di indiani.
Ma se Zagor compie un massacro, lo fa spinto dalla sua sete di vendetta: Nathan, invece, compie tutta una serie di azioni (compreso l’adulterio, argomento fino a quel punto praticamente tabù nei fumetti Bonelli) spinto da un’ambizione irrefrenabile e molto terrena – essere sempre il migliore, a tutti i costi. Michele Medda tentava quindi l’inosabile, riuscendoci perfettamente: per la prima volta l’eroe bonelliano era un uomo e non uno stereotipo, un uomo con tutti i suoi difetti e non un eroe senza macchia e senza paura. Sì, certo, Zagor diventava giustiziere per redimersi, Mister No era il primo antieroe bonelliano vero e proprio e Ken Parker era a sua volta una “persona” e non più un “personaggio”: ma nessuno di loro aveva un background così tragicamente “vissuto” come l’Agente Speciale Alfa, nessuno di loro avrebbe tradito la moglie o la compagna mettendone a rischio la vita (e inoltre la vita di sua figlia), nessuno di loro era presentato in un modo così negativo eppure, al contempo, realistico.

Se i testi di Medda – e alcune sue soluzioni di sceneggiatura – mi entusiasmarono, gran parte del merito va attribuito al layout delle pagine e soprattutto alla loro interpretazione grafica. Sono sempre stato un grande ammiratore dei disegnatori “realistici” (come Claudio Villa e lo stesso Castellini, per intenderci), ma non riesco a immaginarmi questa storia senza i disegni ispiratissimi di Nicola Mari, con quelle silhouette spesso stilizzate in tavole che alternano contrasti marcatissimi tra bianchi & neri, perfettamente funzionali all’atmosfera cupa, tormentata, perennemente dark della storia, che si apriva a un piccolo squarcio di ottimismo soltanto alla fine.
In un’indimenticabile tavola, Nathan ammetteva e rinnegava gli errori del passato, cercando al contempo un barlume di speranza che gli consentisse di superare i suoi rimorsi e sfuggire all’abisso delle memorie: “Non sono stato un buon marito. Non sono stato un buon padre. E forse non sarò mai neanche un bravo agente speciale. Ma forse posso essere un uomo migliore“.

Continuai così a collezionare Nathan Never e mi piaceva talmente tanto che anni dopo, quando iniziai a collaborare con uBC, lo feci proprio con un intervento su questo personaggio nel Dopolavoro, per poi dedicargli il mio primo articolo prodotto per uBC: una lunga disamina in cui dichiaravo il mio apprezzamento per Nathan e per gli autori, salvo poi analizzare alcuni particolari che mi convincevano meno… e scoprire che Serra, a un incontro con il pubblico, aveva stampato il mio articolo e ne aveva parlato, sventolandolo sul palco al grido di “Guardate cosa pensano di noi su Internet! Mezza pagina di complimenti e nove pagine e mezza di insulti!!!” Al buon Antonio, come avrei scoperto in séguito negli incontri con lui a Lucca Comics e in redazione, piaceva esagerare… Restava il fatto che con Nathan Never avevo ricominciato definitivamente a collezionare fumetti Bonelli e a recuperare le collane che avevo trascurato negli anni Ottanta. Quindi, trent’anni dopo, non posso che ribadire il ringraziamento con cui iniziavo quel mio primo articolo: grazie ai Tre Sardi per le emozioni che mi hanno regalato e grazie in particolare a Michele Medda per due capolavori assoluti come Gli occhi di uno sconosciuto e L’abisso delle memorie.

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Marco Gremignai

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