“Tutte quante le nazioni si lamentano così
conferenze riunioni ma si resta sempre lì
‘ah la crisi……ehhhh…’”
Così cantava nel 1933 il poliedrico artista Rodolfo De Angelis, al secolo Rodolfo Tonino (1893-1965), nel suo più noto motivetto, “Ma cos’è questa crisi?”: un testo che metteva alla berlina, con tono leggero, goliardico ma implacabile, la Grande Depressione iniziata nel 1929, le storture del capitalismo e le contraddizioni di chi si lamentava della crisi (dall’imprenditore all’uomo comune). Negli ultimi anni il brano è tornato popolare in radio, poiché ancora tristemente attuale nella Crisi dei nostri tempi.
Forse vi starete chiedendo come mai, in un sito dedicato ai fumetti, stia parlando di economia e di motivetti. La ragione è legata a Martin Mystère, poiché l’albo di agosto del detective dell’impossibile (“Le porte dell’immaginazione”, n.352, scritto da Vincenzo Beretta) presenta un dichiarato ed intrigante parallelo con la “nostra” Crisi, sfruttando la cornice fantasy dell’episodio.
Questo il contesto: un inarrestabile Shrike (“Crisi”) minaccia Faerie, il “Regno delle Fate”. Di cosa si tratta? “È il prodotto di un insieme di colpe, individuali o collettive, protratte o trascurate troppo, e troppo a lungo… anche se poi la scintilla che lo scatena è una, il risultato è che tutti ne subiscono le conseguenze, non importa se colpevoli o innocenti”, spiega Cassandra a Martin. E purtroppo per noi le conseguenze non saranno limitate al Regno delle Fate. “Le nazioni del vostro mondo saranno colpite da crisi sociali ed economiche… voi mortali cercherete di spiegarle razionalmente con i vostri inadeguati mezzi… ma queste crisi abbatteranno gli attuali equilibri planetari, e condurranno a un nuovo e oscuro medioevo”.

Arrivato a Faerie, Martin riceve l’incarico di indagare sulle cause che hanno provocato lo Shrike, e viene a sapere che le energie creative scaturite dalla Fonte dell’inconscio sono da sempre incanalate e tessute in arazzi archetipici dalle muse. In questo modo le energie attraversano le Terre del sogno e raggiungono i terrestri, che le trasformano in creazioni (un film, un libro, un ideale politico, un prodotto finanziario), che a loro volta diventano la fonte energetica di Faerie, chiudendo il cerchio.
Il BVZM scopre, tuttavia, che le Muse sono state costrette ad aumentare il ritmo della produzione di arazzi oltre il sostenibile, spezzando l’equilibrio tra i tre principi che avevano sempre governato il loro mestiere: lavoro, fatica e tempo. Per reggere il passo hanno dovuto fare ricorso a fusi illegali per tessere più rapidamente, ma con qualità scadente. Non solo: le energie creative convogliate verso la Terra sono diventate anch’esse di basso livello. Il risultato finale è che sul nostro pianeta “chiunque stia creando, non importa cosa, gli sta dando un valore che la sua creazione invece non ha… e non solo i prodotti ‘artistici’, ma anche quelli tecnici e finanziari”. Sgomento, Martin realizza che il crack economico del 2008 nel nostro mondo era avvenuto proprio “perché nessuno conosceva più il valore reale del mercato”. Alla lunga, questo ha provocato lo Shrike.
Le analogie con la Crisi dell’ultimo decennio sono evidenti. Semplificando (anzi, con i miei “inadeguati mezzi da mortale” 😉 ), nel 2007 una porzione di mutui statunitensi (quelli “subprime”, cioè concessi a clientela poco solvibile) furono la miccia che fece detonare a livello mondiale le distorsioni di un sistema finanziario basato sul debito e che si era svincolato dall’economia reale (il frutto di “fatica, lavoro e tempo”). Tale sistema “parallelo”, nel giro di pochi anni, era cresciuto a dismisura con prodotti finanziari complessi, poco trasparenti e di cui non si era più in grado di comprendere il rischio, e dunque il valore. Valore che tuttavia era ormai incorporato nei bilanci delle istituzioni finanziarie di tutto il mondo.
Le enormi perdite che ne sono seguite da un lato hanno portato a misure straordinarie da parte delle Banche Centrali, che hanno sommerso di liquidità i mercati finanziari, dall’altro hanno finito con il ripercuotersi pesantemente e dolorosamente sull’economia reale.
Le proporzioni e le conseguenze della Crisi hanno fatto impallidire alcune minacce di natura economica fronteggiate in passato dal Detective dell’Impossibile, in cui lo spettro sventolato dal cospiratore di turno era ancora quello del fatidico 1929, la sola Crisi per eccellenza a quei tempi.
Ne “Il teorema di Ffolkes” (n.120, uscito nel 1992), Martin Mystère, indagando su 4mila file vuoti nell’ufficio anagrafe di New York (equivalenti a persone scomparse nel nulla), si era imbattuto in una macabra cospirazione volta a “salvare” gli Stati Uniti dalla più grave “minaccia” ai conti dello Stato: i disoccupati. Il cattivo spiegava: “Il denaro dei contribuenti, anziché essere investito proficuamente, viene dilapidato per il mantenimento dei fannulloni. […] Scansafatiche di ogni razza e nazionalità stanno minando le basi della nostra economia […] Non conoscete la situazione di pochi anni fa… I mass-media non lo vennero mai a sapere, ma si rischiò un crack finanziario peggiore del crollo di Wall Street del 1929!… Lo stato non era più in grado di mantenere tanta popolazione passiva… […] Decisi di creare dei ‘centri di sfoltimento’… È solo grazie a me che lo stato sopravviverà. In questo primo anno di attività la mia organizzazione ha tolto di mezzo migliaia di pesi morti. Entro un paio d’anni saremo in grado di arrivare a più di un milione!”
Mettiamo da parte la mostruosità del piano e le sue modalità tecniche di attuazione (che provocano naturalmente l’indignazione e l’orrore del BVZM), e concentriamoci sui numeri di cui l’eliminatore si vanta: “migliaia di pesi morti” e un milione entro due anni.
Ebbene, limitandoci alla patria di Martin Mystère, quando i mutui subprime hanno iniziato a scuotere i mercati finanziari (agosto 2007), il numero di disoccupati negli Stati Uniti era di circa 7 milioni (trovate in coda all’articolo le fonti di tutti i numeri citati). Poco più di un anno dopo (settembre 2008), mentre i dipendenti della Banca d’Affari Lehman Brothers passeggiavano per strada con gli scatoloni in mano (la scena che nell’immaginario collettivo ha dato inizio alla Crisi), il numero di disoccupati era già salito a 9 milioni e mezzo. Nel giro di pochi mesi è “decollato”, arrivando a maggio 2009 a 14 milioni e mezzo, per poi raggiungere l’apice a ottobre 2009 a 15 milioni e 300 mila (per un tasso di disoccupazione del 10,0%, contro il 4,6% dell’agosto 2007).
Numeri che avrebbero reso inadeguato il business plan del solerte “salvatore” degli Stati Uniti, se fosse sopravvissuto (a fine episodio, perfetta pena del contrappasso, sarebbe stato infatti “liquidato” da uno dei suoi odiati “fannulloni”). Comunque, anche senza di lui, a partire dal 2011 il numero di disoccupati statunitensi è lentamente, ma progressivamente, diminuito, scendendo sotto i livelli ante crisi tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017. Sono consapevole che i numeri sono “freddi” e che raccontano solo una parte di un fenomeno complesso e drammatico, ma comprenderete che un sito di fumetti non può essere il posto per fare considerazioni più che asettiche su questioni così “calde”.
L’eliminatore di “fannulloni” sarebbe tuttavia rimasto deluso nell’apprendere che, nonostante il calo della disoccupazione, il debito pubblico degli Stati Uniti non ha cessato di crescere. In valore assoluto oggi è intorno ai 20mila miliardi di dollari, e dall’agosto 2007 è aumentato di circa 11mila miliardi, come effetto delle misure di contrasto della crisi. In relazione al GDP (Gross Domestic Product, in pratica il nostro PIL), il debito statunitense è pertanto “volato” dal 62,5% del 2007 al 100,1% del 2012 e al 106,1% del 2016.
Un’altra indagine di Martin Mystère, nell’estate 2000 (“L’impero segreto”, n.220), lo vide fronteggiare la cospirazione di una setta che, dopo aver rapito il Presidente della Federal Reserve, intendeva ricattare gli Stati Uniti minacciando un’apocalisse economica. Come? Tramite la manipolazione del dato dell’inflazione (CPI, Consumer Price Index) comunicato ai mercati proprio dalla Fed.
Un agente CIA spiega: “Un balzo dell’indice mensile a un valore come lo 0,7 vorrebbe dire una inflazione del tutto imprevista e galoppante, nonché un’improvvisa stretta monetaria e un’impennata dei tassi… che porterebbe a un immediato crollo di Wall Street. […] Una recessione anche peggiore di quella del 1929. Anche se riuscissimo a dimostrare che […] hanno falsificato i dati del CPI, i danni sarebbero incalcolabili. La credibilità della Federal Reserve ne sarebbe minata.”
Logica ineccepibile secondo quello che si insegna abitualmente nei corsi di economia, ma che si è alquanto offuscata in questi anni in seguito agli stimoli monetari straordinari adottati dalle Banche Centrali, che non sono rimaste inerti di fronte alla grave recessione. Sempre restando alla nazione di Martin Mystère, la Federal Reserve ha immesso liquidità nei mercati finanziari acquistando 2.500 miliardi di dollari di titoli del debito pubblico americano e 1.800 miliardi di titoli garantiti da mutui. E le quotazioni borsistiche si sono ormai “assuefatte” alla presenza di questa liquidità.
Oggigiorno è pertanto più difficile preventivare la reazione dei mercati alle notizie sulla congiuntura economica. Prendiamo l’uscita di indicatori che segnalano un peggioramento dell’economia: la razionalità vorrebbe che si trattasse di una cattiva notizia, ma se questo allontana il ritiro della liquidità immessa dalle Banche Centrali la risposta dei mercati non è più scontata, anzi. E i Governatori delle stesse sono diventati molto cauti sull’adozione di improvvise strette monetarie di fronte a segnali di miglioramento dell’economia.
Intendiamoci, rievocando questi ormai antichi episodi di Martin Mystère non intendo certo criticare di ingenuità gli sceneggiatori di allora, perché quelle trame furono concepite in un mondo economico e finanziario che ancora non aveva visto l’11 settembre o il fallimento di Lehman Brothers. Un mondo che pertanto non esiste più, in cui parole come Banche Centrali, politiche monetarie, quantitative easing o spread non erano utilizzate quotidianamente dai mezzi di informazione, diventando note al grande pubblico. Se ho descritto i contenuti di quelle storie è soltanto per ribadire che, appunto, la Crisi degli ultimi dieci anni ha superato ogni più fervida fantasia.

(c) Sergio Bonelli Editore
Sarebbe fin troppo bello avere almeno la consolazione di poter incolpare Faerie per questo, ma è più probabile che l’uomo debba prendersela soltanto con se stesso e con la propria innata avidità.
Gordon Gekko, il celebre “squalo” della finanza del film Wall Street impersonato da Michael Douglas, nella pellicola degli anni ‘80 sosteneva che l’avidità era giusta e che avrebbe salvato l’America, mentre nel recente seguito ha aggiunto che l’avidità era ormai diventata legge.
Qualcosa del genere è successa nel “Regno delle Fate”: al termine della sua indagine Martin scoprirà infatti che è stato proprio il Re di Faerie a ordinare di “condurre qualunque azione necessaria a incrementare la produzione delle muse, affinché aumenti l’energia creativa che dal mondo degli umani torna a Faerie”. Un credersi furbo, ma caratterizzato da irresponsabile mancanza di consapevolezza, che ha provocato lo Shrike/la Crisi.
L’amara riflessione di Martin: “Voleva troppo: le energie della creatività gli hanno dato alla testa. Tutto inizia sempre con un fallimento dall’alto… e poi da lì discende. Forse è questo che lo Shrike cerca di farci capire… ma inutilmente.”
L’episodio si chiude comunque con una nota di speranza: sin dall’inizio lo Shrike non poteva essere fermato, ma Martin è riuscito a indebolirlo perché ha “massacrato, umiliato e denunciato i responsabili”, rendendo più facile affrontare le conseguenze. Faerie, infatti, sopravvivrà, ma con un profondo cambiamento e cercando nuovi equilibri. E lo stesso, si capisce tra le righe, dovrà capitare anche al nostro pianeta.
“Volete aiutarci, professore? Lavorate! E molto, molto duramente… perché ora più che mai ci sarà bisogno di energie creative! … di immaginazione!”, dice Cassandra a Martin prima di congedarsi.
Ma se Martin e Cassandra, nella loro suggestiva passeggiata indietro nel tempo a inizio albo, avessero incontrato Rodolfo De Angelis camminando tra i traders disperati per il crollo di Wall Street del 1929, beh… non dubito che lui avrebbe avuto un suggerimento più concreto e irriverente per superare la crisi.
“Ma cos’è questa crisi…
ma cos’è questa crisi…
Chi ce l’ha li metta fuori
circolare miei signori e chissà…
che la crisi finirà! ”
Fonti dei numeri citati:
U.S. Bureau of Labor Statistics (disoccupazione), U.S. Department of Treasury (debito pubblico in valore assoluto), TradingEconomics.com (debito pubblico in rapporto al GDP), articolo del 6 aprile 2017 “La Fed sgonfierà il bilancio in nome di una stretta monetaria graduale”, pubblicato su “ilsole24ore.com” (stimoli monetari della Federal Reserve).