Vorremmo non fosse Vera

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Questo volume illustrato è per bambini dai 5 ai 105 anni. E’ la storia di una bimba di nome Vera che potrebbe essere accaduta nel nostro paese 50 anni fa, oppure anche 500 anni fa o prima ancora. Quello che ci auguriamo è che non possa più ripetersi in futuro e da nessuna parte. L’autore e illustratore è Gabriele Clima, consulente artistico di Curci Young per la collana junior delle Edizioni Curci e delle Edizioni La Coccinella. E’ inoltre membro della ICWA, l’Associazione Italiana Scrittori per ragazzi. Quello che Clima ha realizzato con questa fiaba è una piccola perla che, anche con l’esperienza che ha avuto nel mondo del fumetto collaborando con Giovanni Gualdoni nella realizzazione di “The Ring of the Seven Worlds” pubblicato da Humanoids (ma ancora sconosciuto in Italia), lo ha reso capace di realizzare un prodotto per bambini con un elevato contenuto educativo servendosi in modo egregio delle illustrazioni e di piccoli contributi fumettistici per avviare i piccoli lettori alla comprensione di questo mezzo espressivo, anche se ovviamente, negli anni dell’infanzia, è necessario l’affiancamento di un adulto che li aiuti ad accostarsi con cautela a queste tematiche mature quali la deportazione nei campi di concentramento, la guerra, la sofferenza e la morte.

“Storia di Vera” di Gabriele Clima – Edizioni San Paolo

Il modo in cui Gabriele Clima sfiora tutte queste tematiche, cospargendole di una patina fiabesca, aiuta allo stesso tempo l’adulto a imparare a rileggere le brutture del mondo con uno sguardo più incantato potendo quindi ritornare un po’ bambini. Non dimentichiamo che la fiaba di Hänsel e Gretel, in cui una strega li voleva mangiare attirandoli nella casa di marzapane, era una vicenda che si ispirava a eventi di cannibalismo sui minori che purtroppo accaddero realmente come conseguenza delle carestie da cui le popolazioni venivano decimate e che erano il terribile strascico di una guerra prolungata e sanguinosa.

I topi

In questa sua opera, l’autore pare inserire anche alcuni omaggi come nella immagine a fianco. Nella famosa graphic novel “Maus” di Art Spiegelman i topi sono il popolo ebraico, mentre in questa trasposizione fiabesca, Gabriele Clima mette in atto un ribaltamento mostrando che i topi sono le piccole menti ottenebrate dall’odio, dei soldati che hanno deportato Vera e la sua famiglia. Ma i doni che elargisce loro Vera li cambia accendendo in loro la gratitudine.

Vera viene deportata con la sua famiglia e nel campo perderà una sorella maggiore che l’ha cullata fra le braccia e se ne è presa cura condividendo il poco pane, che veniva loro distribuito, con lei. La dolcezza con cui Clima introduce il bambino a queste brutture è encomiabile, oltre che commovente. I bambini di oggi, abituati ad aprire e chiudere Windows e navigare in rete, non possono che accostarsi con stupore alla storia di una bimba chiusa in un capannone con finestre rotte, impossibili quindi da chiudere, neppure per sopportare i rigori del freddo e circondata da una rete di filo spinato che ben poco ispira all’idea del viaggio o della navigazione. Ed è attraverso i frammenti di una di queste finestre che vediamo la piccola Vera imparare dalla sorella l’importanza della condivisione di ciò che abbiamo anche nelle condizioni di maggior indigenza.

Anna, sorella di Vera, spezza il pane condividendolo con la sorellina

Anna in modo molto lucido, ma privo di rancore, prima di morire insegna a Vera a capire che quegli uomini che le hanno incarcerate non sono cattivi, ma sono privi di cuore e questo prima che danneggiare loro che sono state rinchiuse, è una grande perdita per i soldati medesimi che a causa di questo loro vuoto interiore non hanno modo neppure di comprendere il male stesso che stanno arrecando a persone innocenti, la cui sola colpa (agli occhi dei carnefici) è la diversità.

Un soldato con un buco al posto del cuore, attraverso il quale si può vedere la mano che impugna il fucile.

Vera imparerà ad amare quei soldati e rivolgere loro una forma di gratuita bontà che la renderanno artefice, dentro il campo di prigionia, di una sorta di esplosione nucleare innescata dal proprio cuore colmo di amore. Vera infatti spezzerà e condividerà il proprio cuore coi soldati come Anna fece col pane. Ed è da questa “fissione cardiaca” che avrà origine l’esplosione atomica. Questo evento deflagrante cambierà le anime dei soldati ed evocherà l’intervento di una milizia di angeli che vestono il colore dei prati che abbatterà tutti i muri, estirperà le reti di contenimento di questo campo di concentramento e distribuirà calore con le coperte, cibo per gli affamati e libertà a tutti i prigionieri di questo luogo ai confini dell’orrore.

La piccola Vera vedrà la sorella Anna ancora prossima a lei nel soffio del vento e le prime avvisaglie di un futuro roseo, su cui brilla una buona stella, si profilano come premio per Vera che non ha permesso all’odio di contagiarla, ma si è resa forte e coraggiosa nel voler contagiare lei il mondo che la circonda col suo amore che annienta e polverizza ogni confine e discriminazione fra amici e nemici.

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