Riavvolgere. Tornare ad un momento del tempo in cui quello che è accaduto non è ancora accaduto. Rimediare ad un errore. Avvisare una persona. Salvare una vita.
Non avere rimpianti. Diventare un eroe.
Satoru Fujinuma ha questa capacità. Non si ricorda da quando ma più di una volta gli è capitato di essere “rimandato indietro”. Anche più volte. Fino a che non individua quello che lui chiama “l’elemento anomalo” e non disinnesca l’evento sfortunato che di questa anomalia sarà conseguenza.
Peccato che l’evento sfortunato invariabilmente riguardi dei perfetti estranei, che quasi sicuramente neanche sapranno di essere stati salvati, e che per bilanciare il karma, ogni risoluzione si trasformi in una piccola seccatura per Satoru.
Non stupisce che, a 29 anni, il nostro abbia evitato la carriera di eroe e tenti con insistenza di sfondare come mangaka. Ma anche lì ci sono solo delusioni: introverso e imbronciato, Satoru non riesce, non vuole, mettersi davvero in gioco. Spaventato di esporsi troppo in quello che racconta.
“Sei come ricoperto da una sottile membrana che ti impedisce di aprirti agli altri”, lo rimprovera Airi Katagiri, liceale che lavora part-time alla consegna pizze a domicilio dove Satoru arrotonda il magro introito da mangaka senza successo. Molto matura e ricettiva per la sua età, Airi intuisce immediatamente che Satoru ha qualcosa che non vuole lasciar emergere.
Qualcosa di orribile accaduto nel passato. L’Elemento Anomalo alla base di quella che è la sua vita attuale e che ora, per un concatenarsi di eventi, minaccia di distruggerla.
Riavvolgere. Tornare ad un momento del tempo in cui quello che è accaduto non è ancora accaduto. Rimediare ad un errore. Avvisare una persona. Salvare una vita.
Non avere rimpianti. Diventare un eroe.

Erased, titolo alternativo di Boku dake ga inai machi (La città dove io non ci sono) racconta tutto questo mescolando thriller investigativo e salti nel tempo e comunicando costantemente al lettore la sensazione di disagio, l’ansia e l’angoscia del protagonista.
Alla penna e pennini abbiamo un talento abbastanza misconosciuto in Italia: il Kei Sanbe autore di quel Kamiyadori che mi aveva entusiasmato più di un decennio or sono, e che mi ero visto concludere in maniera frettolosa ed immeritata. Uno dei tanti manga che “non convincono”… il pubblico, l’editore o l’autore stesso. Chi lo sa.
In tempi più recenti questo autore sembra aver vissuto una nuova notorietà, con più di una serie pubblicata contemporaneamente in Giappone, quasi tutte a tema thriller e/o paranormale.
Ed è sicuramente un tema che gli è particolarmente congeniale (non che l’action gli andasse stretto): la sceneggiatura infatti è solida e non lascia quasi nulla al caso. Gli eventi si snodano con chiarezza di fronte agli occhi del lettore, ma con un ritmo che incatena l’attenzione e scandisce monologhi e dialoghi mirati ad accrescere l’inquietudine o a voltare rapidamente pagina per “non rimanere indietro” rispetto a ciò che accade.
I personaggi che crea si muovono con sicurezza sulla scena, ciascuno immediatamente caratterizzato dal proprio modo di fare e parlare. Satoru, chiuso e pessimista è un monologo quasi ininterrotto che non si giustifica con il solo fatto di essere la voce narrante. La solare Airi si esprime per battute e dialoghi che Satoru ritiene “poco interessanti”, salvo poi spiazzare con una frase, anche feroce, che taglia in profondità. Sachiko Fujinuma, la madre di Satoru, cinquantenne ex-annunciatrice ed ex-madre single, decisa e perspicace si esprime quasi solo per affermazioni.

A fianco di una scrittura solida, abbiamo un comparto grafico altrettanto valido. Il tratto di Kei Sanbe, che già si era imposto per una cura delle anatomie ed una “solida morbidezza” non comuni nel panorama manga, in Erased si è ulteriormente affinato in una direzione molto personale: aumentano i toni scuri e le campiture in inchiostro nero a delineare capelli, sopracciglia ed occhi, ma anche i contorni del viso e del corpo. Conseguentemente i personaggi si fanno più “tondi” e presenti all’attenzione, una fisicità debitrice del lato “espressionista” del manga (di cui più volte abbiamo citato gli esponenti: Kei Tome, Kenji Tsuruta, Hiroaki Samura).
La struttura di tavola da parte sua si adegua ad una narrazione thriller/investigativa quasi telefilmica, cercando di farsi invisibile: pochi tagli anomali di vignetta, sovrabbondanza di piani di inquadratura “medi” (dal mezzobusto al campo lungo). Gli “effetti speciali” intervengono quando c’è bisogno di loro: durante i “riavvolgimenti” o quando la scena richiede di evidenziare una svolta drammatica.
Il ritmo della narrazione, insomma, si appoggia su una struttura grafica solida che “strappa” solo se necessario.
La citta in cui io non ci sono (perché, diciamocelo, ma quanto è bello come titolo?) arricchisce il parco titoli della Star Comics di un piccolo gioiello del suo genere, premiato in patria con un validissimo adattamento animato che in Italia è disponibile in streaming su vvvid, ma soprattutto è quel titolo che non mi aspettavo di veder pubblicato.
Le sorprese piacevoli sono una gran cosa.