“Planet Hulk” di Greg Pak

L'epica avventura di Hulk sul pianeta Sakaar

//
2 mins read
8/10

Greg Pak prende Hulk, i gladiatori dell’antica Roma, Il potere del mito di Joseph Campbell, il Ciclo di Barsoom di Edgar Rice Burroughs, Conan il barbaro di Robert Ervin Howard e tutta un’altra serie infinita di suggestioni avventurose e fantascientifiche, le fonde assieme con la passione e la gioia di un ragazzino e dà vita ad un intero mondo in cui il Gigante di Giada può dare sfoggio di tutta la sua forza e non solo.

Greg Pak mette in piedi una narrazione che combina elementi di azione e introspezione, con sullo sfondo la purezza e il fascino dell’avventura classica. Così l’esilio forzato di Hulk diviene pretesto per affrontare il tema della solitudine, in un viaggio di scoperta personale che parte dall’emarginazione, passa per la ricerca di identità ed evolve nella riscoperta dei valori di amicizia, libertà e amore.

Un viaggio epico in un mondo epico: il pianeta Sakaar. Ricco di contrasti e caratterizzato da un ambiente estremamente ostile e variopinto, crogiuolo di razze aliene – Kronani, Wildebot, Brood, Sakaariani, Spikes – tutte oppresse dal regime autoritario del Re Rosso, è il teatro in cui Hulk, tradito dai suoi amici (Reed Richards, Iron Man, Strange, Freccia Nera) finisce per sbaglio. Qui ha inizio la sua leggenda, la leggenda di un gladiatore che diviene Re.

Con una narrazione ricchissima, anche se talvolta eccessivamente diluita, il personaggio di Hulk esalta la sua forza distruttiva, ma appare anche come un leader capace di ispirare e guidare altri individui. La saga esplora così anche la sua capacità di adattarsi e di trovare un senso di appartenenza. Una complessità che va oltre la semplice rabbia incontrollata.

Hulk non è più un semplice strumento di distruzione, ma il fulcro di una lotta per la giustizia, la libertà e la speranza. Il conflitto interiore con Bruce Banner rimane fortemente sullo sfondo, ma Hulk su Sakaar è in grado di trovare una nuova forma di identità. Pur rimanendo sempre tormentato dal conflitto con la propria rabbia e il suo bisogno di distruzione, Hulk non è più solo un “oggetto” da controllare, ma una figura che affronta i propri limiti e cerca una via per la sua auto-realizzazione – e, soprattutto, si fa carico della cura degli amici che lo affiancano.

I disegni, realizzati principalmente da Carlos Pacheco e Aaron Lopresti, sono carichi di dinamica muscolare e di grandiosità visiva con il chiaro obiettivo di enfatizzare la fisicità dei personaggi. Le sequenze d’azione sono ampie e piene di energia, con una grande intensità visiva che amplifica l’epica del racconto. I paesaggi di Sakaar sono ricchi di dettagli e riescono a trasmettere un senso di isolamento e pericolo, ma anche di bellezza selvaggia. Il tutto inframmezzato da sequenze d’azione memorabili.

Nonostante una costruzione un po’ naif dell’evoluzione degli eventi, il tutto scorre con grande piacere regalandoci un Hulk memorabile, un mondo fantastico e una sfilza di comprimari notevole, tra cui spiccano Korg, Miek e soprattutto Caiera.

Dopo gli eventi di Planet Hulk ci sarà World War Hulk, che esplorerà le conseguenze del ritorno di Hulk sulla Terra in cerca di vendetta.

VOTO
0

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

Articolo precedente

Capitan America, gli anni ’70. Parte II
1972/1973

Prossimo Articolo

Lex Luthor Presidente

Ultimi Articoli Blog