Come accennato al termine dell’articolo precedente, tra la fine del 1968 e l’inizio del 1969 qualcosa di clamoroso era successo alla Mavel Comics: Jack Kirby – il co-creatore di Capitan America insieme a Joe Simon nella Golden Age e l’artefice del suo ritorno insieme a Stan Lee nella Silver Age – lasciò la serie con il n. 109 (uscito nell’ottobre 1968 ma datato gennaio 1969).
Anche se Kirby verrà richiamato d’urgenza a disegnare il n. 112 a causa del ritardo nella consegna delle tavole del suo successore, l’abbandono della serie fu uno dei campanelli d’allarme che tra lui e la Marvel il rapporto stava per chiudersi: infatti, Kirby lascerà la Casa delle Idee nel 1970 per passare alla DC Comics, salvo tornare cinque anni dopo sempre su Captain America (questa volta come autore completo).
Stan Lee si rivolse allora a un giovane artista della Pennsylvania, Jim Steranko, che aveva da poco lasciato la serie Nick Fury Agent of S.H.I.E.L.D. Dotato di uno stile originalissimo e innovativo, Steranko era in grado di esibirsi in virtuosismi artistici senza precedenti nel campo del fumetto, prendendo spunto dal linguaggio cinematografico, dalla Pop Art e dal surrealismo di Salvador Dalì. Sulla collana di Capitan America il contributo di Steranko non si limitò ai disegni, ma ebbe un ruolo importante anche nella stesura delle trame insieme a Stan Lee, che continuò comunque ad occuparsi dei dialoghi. A completare la squadra creativa, gli inchiostratori Joe Sinnot e Tom Palmer.
Sono soltanto tre gli albi di Capitan America disegnati da Steranko (i numeri 110, 111 e 113 della collana), ma segnano uno dei picchi più alti nella storia della Marvel e costituiscono un capitolo fondamentale nella storia di Steve Rogers. Ecco perché ritengo valga la pena parlarne in un articolo a sé stante, anche perché non c’è appassionato di Capitan America – e del fumetto in generale – che non sia stato conquistato da questa breve run che prende il nome di Tomorrow You Live, Tonight I Die! (nota in Italia come Stanotte muoio).
Questa, in breve, la storia…
In Captain America 110 l’arrivo a New York di un Hulk più feroce che mai introduce il giovane Rick Jones, ormai pronto a fare il grande passo e a diventare un vero eroe in costume. Ma il giovane amico del Golia Verde è davvero idoneo a sostituire Bucky al fianco di Capitan America – e soprattutto nella memoria di Steve Rogers?
In questo numero debutta la villain Madame Hydra, a capo dell’omonimo gruppo criminale, che successivamente diverrà una delle principali criminali dell’Universo Marvel con il nome di Viper. Nella sua tuta attillata in pelle verde con top a collo alto, è davvero una “cattiva” dell’era moderna.
La lotta contro l’Hydra continua sul numero 111, dove Rick Jones/Bucky viene rapito dall’Hydra per ordine della loro leader, in modo da essere usato come ostaggio per attirare Capitan America in una trappola, ma si libera appena in tempo per avvertire Cap dell’agguato in atto per ucciderlo. Capitan America, trovandosi in una situazione senza via di fuga, si tuffa nell’acqua del porto e viene crivellato dai colpi degli uomini di Madame Hydra. Rick reagisce con un grido disperato; quindi scappa, avvisando Nick Fury e lo S.H.I.E.L.D. dell’accaduto. Con il più sconvolgente dei finali a sorpresa, la polizia di New York, giunta sul posto, recupera dall’acqua una maschera con il volto di Steve Rogers! Qual era, allora, la vera identità di Capitan America?
Jack Kirby e George Tuska subentrano su Capitan America 112 (a causa del ritardo di Steranko nella consegna delle tavole dell’albo successivo), un numero celebrativo della vita di Cap dalla Golden Age al presente, con disegni del “Re” veramente grandiosi: i suoi ultimi sulla serie prima che lasci la Marvel qualche mese più tardi, come dicevamo all’inizio di questo articolo.
Sul numero 113 torna Steranko. I Vendicatori, lo S.H.I.E.L.D. e Sharon Carter si recano al funerale di Cap (la cui bara contiene un manichino con il suo costume, non essendo stato ritrovato il corpo), ma durante la funzione viene sprigionato dagli uomini dell’Hydra un gas soporifero che fa perdere i sensi ai presenti – tra i quali però manca Bucky/Rick, che ancora non si dà pace per la morte di Cap, ritenendosi colpevole. I seguaci di Madame Hydra cercano quindi di seppellire vivi i Vendicatori, Fury e Sharon Carter, ma Capitan America interviene con un’entrata spettacolare, salvando tutti e sconfiggendo l’Hydra! A Rick Jones spiegherà di avere messo il suo costume e una maschera del suo viso su un manichino e di averlo gettato nell’acqua del porto facendo credere a tutti di essere morto. In tal modo anche la sua identità segreta è ancora una volta al sicuro, dato che ormai il mondo crede che Steve Rogers sia un’identità fittizia… Lo status quo della serie è completamente mutato.
E ora lustriamoci un po’ gli occhi con alcune delle tavole di Jim Steranko tratte da questa saga.
L’autore ha catapultato Steve Rogers negli anni ‘60 con una storia appassionante, psichedelica e con la prima (di molte) finte “morti” di Capitan America. Ci ha regalato un nuovo tipo di eroe, un nuovo aiutante, nuovi avversari e un nuovo logo della testata, disegnato da Steranko stesso.
La prima pagina del n. 110 mostra una serie di piccole vignette con l’avanzare di Steve Rogers che entra sotto i riflettori prima di accendersi una pipa (come nei fumetti degli anni ‘40) sotto un gigantesco poster promozionale di Cap. Questa tavola ha più punti in comune con una splash page dello Spirit di Will Eisner che con qualsiasi numero precedente di Capitan America.
Dopo essersi brevemente scontrato con Hulk, inseguito dalle forze militari americane a Manhattan, Capitan America soccorre il giovane Rick Jones (da sempre legato al Golia Verde) e lo porta alla base dei Vendicatori. Cap presta assistenza a Rick, che è svenuto, in una delle scorciatoie visive artistiche da me preferite: una serie di vignette multiple che mostrano la progressione del movimento su uno sfondo e un primo piano statici, mentre Steve cammina, lungo la scena in cui Rick dorme immobile, con la testa china e le spalle curve mentre riflette sui suoi problemi.
Alle pagine 12 e 13 esplode l’azione! Cap e Rick (che indossa il costume di Bucky) si gettano in uno dei covi dell’Hydra contro 28 (contateli…) nemici. Anche James Bond, all’epoca, di solito incontrava solo uno o due agenti della Spectre quando entrava in uno dei loro covi!
La prima pagina del numero 111 presenta una delle splash-pages più peculiari e intriganti: una serie di piccole vignette ambientate nella sala giochi di un luna park mostrate dal punto di vista di Steve Rogers, i cui diversi colori rispecchiano le luci lampeggianti di una fiera. A quel tempo era insolito che un disegnatore colorasse il proprio lavoro: la maggior parte dei fumetti Marvel era opera del responsabile del reparto colorazione Stan Goldberg. Qui invece è Steranko stesso a farlo, e le sue ombreggiature e i suoi colori diventano uno strumento narrativo importante tanto quanto l’anatomia e il movimento dinamico.
In queste due vignette tratte dalla pagine 7 e 8, Cap mostra a Rick alcuni movimenti da adottare in combattimento. Nella prima, Steranko utilizza la tecnica dell’azione continua attraverso i riquadri per esprimere al massimo il movimento fisico. Nella seconda, la plasticità del movimento è accentuata dal grande volto di Rick Jones sullo sfondo, che guarda il tutto con stupore.
E naturalmente, abbiamo anche il surrealismo caratteristico di Steranko, che qui copia alcune note visive da Salvador Dalì. In questa sequenza di due pagine, Rick ha delle allucinazioni dopo aver inalato una sostanza ipnotica. Una sequenza davvero indimenticabile!
Il numero 111 presenta un’altra doppia pagina (12 e 13) in cui l’azione di Cap sembra letteralmente esplodere, accompagnato da una didascalia anziché da dialoghi.
Dopo l’intermezzo di Jack Kirby, come si è detto, con il n. 113 Steranko dà il via al capitolo finale della sua saga di Cap.
La splash page che apre il numero è il riassunto degli avvenimenti precedenti fatto da un giornalista in un notiziario televisivo in bianco e nero, ordinato dall’alto verso il basso.
Il numero presenta altre tre splash pages di grande azione. La prima (alle pagine 12 e 13) presenta il sorprendente e improvviso ritorno di Capitan America, che si lancia con la sua moto nel cimitero dove l’Hydra è pronta a seppellire Nick Fury e i Vendicatori. È la prima apparizione di Cap in questo albo, ma la sua potenza e la sua drammaticità compensano ampiamente la sua assenza nella prima parte della storia.
La mano prolissa e iperbolica di Stan Lee è piuttosto evidente nel testo in cima al seguente riquadro a pagina intera (15), ma è in perfetta combinazione con l’immagine spettacolare: Cap e Rick che combattono una vera e propria montagna di agenti dell’Hydra.
La terza splash page mostra tutta la gloria e la grandiosità dei fumetti Marvel, nonché un’energia e una potenza equivalenti alle imprese sovrumane dei suoi eroi.
Il 1969 fu un anno spartiacque nella cultura americana. La rivoluzione del grande schermo era iniziata l’anno precedente con 2001: Odissea nello spazio. I Beatles si stavano sciogliendo. Nixon divenne presidente. Andammo sulla luna. Tutto stava cambiando e il supereroe di punta della Marvel non faceva eccezione. In questi tre numeri brevi ma scintillanti, Steranko portò finalmente Capitan America nella nostra epoca contemporanea.
L’intera opera Marvel di Steranko potrebbe essere raccolta in un unico volume. Ha disegnato (e in séguito scritto) Nick Fury, Agent of S.H.I.E.L.D. per quasi due anni. Ha realizzato due numeri di X-Men e una copertina per un terzo, per non parlare della progettazione dell’iconico logo tridimensionale degli X-Men. Tre numeri di Captain America, più alcune occasionali storie romantiche e horror. Una carriera Marvel relativamente breve, quindi, soprattutto accanto a star di lunga data come Kirby e Ditko e ad artisti le cui carriere hanno attraversato le cosiddette Silver Age e Bronze Age come Gene Colan e Herb Trimpe. Tutti grandi artisti, in effetti, ma ciò che Steranko ha portato – a Captain America e ad altri personaggi – è di una tale luminosità, energia e immediatezza, che non è sbagliato dichiarare che il suo lavoro Marvel è un vero classico assoluto, il lavoro di un maestro illusionista che ci fa, diciamo… meravigliare con la sua abilità.
(continua)
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