Preannunciato da Stan Lee in persona alla prima Mighty Marvel Convention, tenutasi all’Hotel Commodore di New York nel marzo 1975, Jack Kirby fece il suo ritorno alla Marvel.
Aveva lasciato la Casa delle Idee nel 1970, ma dopo cinque anni passati alla DC Comics (complice, forse, l’insoddisfazione per i compensi) aveva sentito il bisogno di “tornare a casa”, in quella casa dove era riconosciuto come uno dei padri fondatori della Silver Age.
La notizia era davvero esplosiva ed esplosive anche le “condizioni” del ritorno: Kirby avrebbe avuto completa libertà artistica, occupandosi sia dei soggetti che dei disegni, e sarebbe pure stato l’editor di se stesso. La serie del suo “debutto” sarebbe stata proprio Captain America, a far tempo dal numero 193 datato gennaio 1976 (ma avrebbe lavorato anche su altre testate: Black Panther, Devil Dinosaur, Eternals, Machine Man).
Nell’arco di due anni, Kirby scrisse e disegnò 22 numeri della collana regolare di Cap (dal 193 al 214, datato ottobre 1977), due Annuals e un Marvel Treasury Special.
Questo nuovo Capitan America, tuttavia, si rivelò ben diverso da quello classico e conosciuto dai lettori. Senza più Stan Lee a completare o supervisionare la sceneggiatura e ad aggiungere i suoi famosi dialoghi brillanti che sorreggevano la trama, lo stile di Kirby risultò essere molto più enfatico ed esagerato, nonché totalmente slegato dal resto della continuity Marvel dell’epoca (nessun altro eroe al fianco di Cap, solo Falcon e, saltuariamente, Sharon Carter e Leila Taylor). Anche i disegni erano diversi: esagerati, visionari, potenti sì, con tutte quelle splash pages o anche tavole a doppia pagina, ma in qualche modo quasi grotteschi e irrealistici…
Non tutti hanno particolarmente amato questo suo nuovo lavoro sul Capitano (il terzo dopo quelli degli anni ‘40 e ‘60), me compreso… anche se ricordo ancora la mia esultanza di ragazzino nel leggere l’annuncio del suo ritorno sugli albi dell’Editoriale Corno dopo il periodo di Frank Robbins, salvo poi rimanere deluso dalla lettura delle storie. Al netto di tutto ciò, si tratta comunque di un periodo irrinunciabile della saga dello scudiero a stelle e strisce.
Come ho scritto, era un Capitan America diverso. Ma, a modo suo, anche Kirby esordì proponendo (come Steve Englehart prima di lui) una saga politica, che raccontava il tentativo di un colpo di stato con manipolazione delle menti e delle volontà.
Senza la critica sociale di cui Englehart si era fatto portabandiera, senza la messa in dubbio del Sogno Americano, con dialoghi retorici e propagandistici, ma con lo stesso timore che qualcuno (in questo caso, un’élite aristocratica e restauratrice che voleva sovvertire la democrazia degli Stati Uniti e cancellare la Dichiarazione d’Indipendenza del 1776) potesse corrompere e governare le persone.
Su queste premesse vide la luce la prima saga del “King”, coadiuvato alle chine da Frank Giacoia e D. Bruce Berry, intitolata collettivamente La bomba della follia, che si dipanò senza soluzione di continuità sugli albi da 193 a 200, da gennaio ad agosto 1976.
Non a caso, la trama dell’ultimo albo, in cui i buoni trionfano, si svolge in occasione del 200° anniversario della nascita degli Stati Uniti d’America.
I due archi narrativi successivi furono più brevi. Cap e Falcon affrontarono – nei numeri 201/203 – il Popolo della Notte (o i Nottambuli, come li avevano chiamati nelle edizioni Corno), una specie di Corte dei Miracoli che viveva in un’altra dimensione, e poi – nei numeri 204/205 – Agron, un “nativo della Terra futura”.
Ancor più che nella saga della Bomba della Follia, in queste due storie Kirby sembra quasi disinteressato a far agire Cap nel mondo attuale, ma trasforma le sue avventure in una specie di saga fantascientifica, con viaggi in altre dimensioni, popoli sotterranei, mostri extraterrestri e armamenti avveniristici.
Il problema dei personaggi creati da Kirby in quegli anni è che si sono rivelati talmente “particolari” che quasi nessun autore se l’è sentita di recuperarli (infatti, le loro apparizioni successive si possono contare sulle dita di una mano).
Molto più articolata la quarta saga, che si svolge sui numeri da 206 a 212 (febbraio-agosto 1977), che vede come avversari un dittatore sudamericano soprannominato il Suino (il Maiale, negli albi Corno), Arnim-Zola il bio-fanatico, uno scienziato nazista svizzero che ha trapiantato il proprio cervello in un robot con un grosso schermo sul torace nel quale compare l’immagine del suo volto (questo, sì, un personaggio davvero interessante, per quanto grottesco, che tornerà in futuro nelle avventure di Capitan America e persino nei film del Marvel Cinematic Universe, anche se in una versione molto differente), le creature di Zola Primus e Fantaccino, e infine (non poteva certo mancare!) il Teschio Rosso!
L’ultimo arco narrativo di Jack Kirby sulla collana regolare è di due soli albi (i numeri 213 e 214), dove Capitan America e Falcon devono impedire che un killer mercenario chiamato Volatore Notturno elimini un disertore della Corporazione, un’organizzazione criminale con scopi politici (la incontreremo di nuovo nei numeri successivi), ricoverato in una struttura dello S.H.I.E.L.D.
Come già accennato più sopra, nel corso della gestione Kirby Capitan America fu protagonista anche di alcuni albi fuori serie. Innanzitutto, due speciali annuali (il n. 3, La cosa dalla stella del buco nero, pubblicato nell’aprile 1976, e il n. 4, Il grande massacro mutante, pubblicato nel maggio 1977), nei quali la Sentinella della Libertà si ritrova ad affrontare un alieno apparentemente perseguitato ma che si rivela, in realtà, una grande minaccia, e addirittura Magneto e la sua nuova “Confraternita dei Mutanti Malvagi” (una storia, tuttavia, completamente avulsa dal percorso narrativo che il personaggio stava vivendo nella collana degli X-Men).
Qui è forse il caso di precisare che in precedenza non ho mai parlato degli Annuals 1 e 2 del Capitano, apparsi rispettivamente nel 1971 e nel 1972, semplicemente perché contenevano la ristampa di storie già pubblicate sulla serie regolare.
Altro albo fuori serie, che personalmente ritengo essere il lavoro migliore di Kirby in questa sua gestione di Capitan America, è lo speciale Marvel Treasury pubblicato nel giugno 1976 (per festeggiare ufficialmente i duecento anni della Dichiarazione d’Indipendenza americana) dal titolo Le battaglie del bicentenario. Una storia di 77 pagine di grande formato, inchiostrata da Barry Windsor Smith e Herb Trimpe, nella quale Capitan America ha la possibilità di viaggiare nel tempo e incontrare Hitler e Bucky, Benjamin Franklin, un giovane Jack Kirby (!), Geronimo, alcuni minatori del Kentucky, un aviatore tedesco della Prima Guerra Mondiale, il campione di boxe John L. Sullivan, il figlio di John Brown, i militari che eseguirono il primo esperimento con la bomba atomica ad Alamogordo, i pompieri dell’incendio di Chicago del 1871, alcuni ricercatori delle profondità oceaniche, due superpotenze impegnate in un futuristico scontro sulla Luna, le maestranze della Hollywood dei primi anni ’40 e un gruppo di bambini che saranno il futuro del Sogno Americano. Il tutto in un tripudio di azione e tavole davvero spettacolari.
Terminiamo qui la nostra disamina del ritorno di Jack Kirby su Capitan America. Dopo l’iniziale grande entusiasmo manifestato dal pubblico, l’interesse venne progressivamente meno. I lettori dell’epoca finirono per non apprezzare più le prospettive esagerate dei disegni e le storie completamente scollegate dal resto della continuity Marvel e il “King” lasciò nuovamente la Casa delle Idee (stavolta in modo definitivo) per entrare nel campo dell’animazione. Ma le avventure di Capitan America proseguirono anche senza di lui…
(continua)
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