Negli anni ’70 Capitan America si trasforma.
Nella loro nuova gestione del personaggio, senza naturalmente abbandonare le tematiche più prettamente supereroistiche, Stan Lee e Gene Colan cominceranno ad ambientare le sue storie tra rivolte studentesche, missioni in Vietnam, racket di quartiere newyorkesi, sommosse contro il razzismo, bande di motociclisti. Il Capitano comincerà a porsi domande sempre più complesse e profonde sull’America e sul significato reale della democrazia.
Con gli autori successivi, poi, da simbolo della bandiera e dell’America Cap diventerà una sorta di coscienza critica della sua Nazione, una patria che ama ma della quale non sarà più disposto ad accettare gli aspetti negativi. Un eroe realistico, dunque, che nel corso degli anni sarà sempre più insistentemente tormentato dai dubbi, al punto da arrivare a rinunciare temporaneamente al suo costume quando scoprirà un tentativo di alto tradimento da parte delle istituzioni. Stiamo per entrare negli anni ‘70 della cultura alternativa, dello scandalo Watergate, dell’impegno politico (ma anche del grande ritorno alla Marvel di Kirby). Capitan America è uno dei grandi protagonisti di questa nuova era.
Che comincia qui.
All’inizio del 1970, Lee e Colan ci presentano uno Steve Rogers ancora inquieto, alla ricerca di un ruolo in una società alla quale “sente” di non appartenere. Oltre ad essere alla ricerca di una propria identità (ora che ne ha di nuovo una segreta), sta ancora provando a realizzare il suo sogno di una vita privata condivisa con Sharon Carter, l’Agente 13 dello S.H.I.E.L.D., un impiego che Capitan America continua a ritenere troppo rischioso. Il rapporto tormentato tra i due innamorati e le interazioni con l’agenzia di spionaggio guidata da Nick Fury, la cui base è nascosta sotto un apparentemente normalissimo negozio da barbiere, sono le sottotrame che caratterizzano le storie di questo periodo, all’interno delle quali si avvicendano vecchi e nuovi nemici per una serie di “toccate e fuga”.
E così assistiamo, sul n. 121 del gennaio 1970, al debutto del tormentato colosso chiamato Bruto, “creato” dall’ennesimo scienziato pazzo, protagonista di un piccolo apologo che si conclude con uno scontro in un orfanotrofio e che dà modo di riflettere sulla forza dei legami famigliari; sul n. 122 Cap affronta un nemico classico dell’Uomo Ragno, lo Scorpione, in una storia di spionaggio in cui viene coinvolta anche l’Agente 13; il n. 123 presenta un altro debutto con Suprema, una supercriminale che cerca di prendere il controllo dello S.H.I.E.L.D. e che avrà un futuro col nome di Madre Notte alla fine degli anni ’80; un altro nuovo avversario, che non tornerà più, è il Cyborg che arriva sulle pagine del n. 124, un’arma letale costruita da M.O.D.O.K. per sconfiggere Cap e lo S.H.I.E.L.D.
In Captain America 125, lo scudiero a stelle e strisce entra eccezionalmente in azione in Vietnam – nel conflitto che all’epoca stava dividendo la società statunitense – e si ritrova sotto il fuoco incrociato delle due fazioni in guerra: si scontra direttamente con il supercriminale Mandarino (storico nemico di Iron Man), che ha catturato il dottor Robert Hoskins – un medico che ha aiutato i feriti di entrambe le parti del conflitto – per aumentare le ostilità in corso e poter prendere il controllo della regione più facilmente.
Dal Vietnam torniamo ad Harlem, dalla guerra armata passiamo a quella per l’uguaglianza razziale: sul n. 126 Cap dà una mano a Falcon, incastrato da un gruppo di fanatici “anti-bianchi” (una specie di versione nera del Ku Klux Klan) guidati dal diabolico Testa di Diamante, che alla fine si rivelerà essere un bianco, agente del Maggia (la mafia della Marvel), che voleva provocare il caos ad Harlem.
In Cap 127 Steve Rogers viene sospettato dallo S.H.I.E.L.D. di Nick Fury di essere un traditore; dopo aver dimostrato la sua innocenza, la storia si chiude con una della frasi di Cap che più mi impressionarono quando la lessi la prima volta: “Sono sempre stato capace di difendermi dai nemici… ma come può un uomo proteggersi… dai suoi amici?”
L’amara conclusione dell’avventura precedente e i discorsi di alcuni giovani che, guardando un poster che lo ritrae, lo definiscono un “matusa” spingono Steve Rogers ad allontanarsi da New York a bordo di una moto. Stan Lee e Gene Colan conducono, quindi, Capitan America in un viaggio – reale e metaforico – nell’America dei primi anni ’70. Quasi un vagabondaggio alla Easy Rider – un film uscito nelle sale l’anno precedente – nel quale il motociclista interpretato da Peter Fonda era soprannominato proprio “Capitan America”…
Nella prima tappa del suo itinerario, sul n. 128, Cap giunge a Coits Neck (New Jersey) e si ritrova ad affrontare una banda di motociclisti in una storia che ricorda i reali fatti di cronaca avvenuti ad Altamont nel dicembre ’69, in cui un giovane afroamericano venne ucciso da un membro degli Hell’s Angels che fungevano da squadra di sicurezza ad un concerto.
Sul n. 129, Steve Rogers transita dalla cittadina di Clifton e si scontra col redivivo Teschio Rosso, che cerca vendetta nei confronti dell’eroe e nel contempo desidera far precipitare il mondo intero in guerra sequestrando Hassab, il re della nazione immaginaria di Irabia. Al termine della storia, il Teschio scompare a bordo di un razzo lanciato verso lo spazio.
Giunto a Berkeley (California) in Captain America 130, dopo aver salvato un preside dai disordini studenteschi (immancabilmente presenti ovunque nella produzione Marvel dei primi anni ‘70), a Cap viene richiesto da fare un’apparizione televisiva per condannare la rivolta studentesca. Sebbene egli accenni al fatto che la violenza non è mai la risposta adeguata, trova però giusto condannare anche l’atteggiamento isolazionista del preside. Nella storia ci sono, naturalmente, anche i supercriminali: Batroc il Saltatore e la sua Brigata (formata questa volta dal Porcospino e da Turbine), inviati dal misterioso Hood. L’identità di quest’ultimo (il barone nazista Strucker) viene svelata nel numero successivo, dove sembra ricomparire il defunto Bucky Barnes! In realtà, come viene mostrato in Cap 132, si tratta di un androide costruito dal Dott. Destino per conto dell’A.I.M. al fine di ingannare al contempo sia Strucker che Capitan America.
Come abbiamo visto, la trama portante dell’ultima avventura si è dipanata su tre albi. Infatti, dopo un periodo – che aveva visto coinvolte un po’ tutte le testate Marvel – di storie autoconclusive, riprendono le saghe in più parti che danno decisamente più respiro alle storie (senza però esagerare troppo: 2/3 albi al massimo).
Nel n. 133 (datato gennaio 1971), Capitan America ha ormai fatto ritorno a New York e ha raggiunto il nuovo assistente sociale di Harlem: Sam Wilson, meglio noto con il suo nome di battaglia di Falcon, al quale Steve Rogers svela la sua vera identità fidandosi completamente di lui. Insieme devono fronteggiare un gigantesco androide dell’A.I.M. e il loro grottesco capo M.O.D.O.K. anche per impedire lo scatenarsi di una rivolta dai probabili contenuti razziali nei bassifondi newyorkesi.
Il team-up tra i due eroi prelude al grande cambiamento editoriale che avviene il mese seguente, quando sulla copertina del n. 134 appare il logo di Falcon sotto quello di Cap: d’ora in avanti la serie si chiamerà Captain America & The Falcon (fino al n. 222, del giugno 1978). La collaborazione ufficiale tra i due eroi inizia con una storia molto realistica ambientata ad Harlem con protagonista il nipote di Sam Wilson, Jody Casper, qui alla sua prima apparizione così come il villain di turno, chiamato Faccia di Pietra, che gestisce un giro di allibratori
Falcon è divenuto ormai a tutti gli effetti il compagno ufficiale di Capitan America nella lotta al crimine. È quindi pronto, su Captain America 135, per essere presentato a Nick Fury e al suo braccio destro Dum Dum Dugan dello S.H.I.E.L.D. Il disegnatore Gene Colan viene qui inchiostrato da Tom Palmer, con il quale farà coppia per tanti anni a partire dal 1972 sullo storico ciclo di Tomb of Dracula. In questo numero, un gigantesco gorilla con l’intelligenza di un essere umano porta scompiglio fra la popolazione di New York. Cap e Falcon, insieme al gorilla, precipitano in una voragine e si ritrovano al cospetto dell’Uomo Talpa (nemico storico dei Fantastici Quattro, apparso sul n. 1 della loro testata) nel n. 136. Su questo albo troviamo un altro inchiostratore d’eccezione per Colan: Bill Everett, il creatore di Sub-Mariner.
Un’altra saga in due parti inizia su Captain America 137 e 138, allorquando Sam Wilson decide di dimostrare il suo valore catturando il “ricercato” Uomo Ragno (che alla fine si alleerà con Cap e Falcon, impedendo al boss di Harlem Faccia di Pietra di tenere in ostaggio un rappresentante del Governatore di New York). Il n. 137 è l’ultimo della serie disegnato da Gene Colan, al quale subentra nel n. 138 (dopo le storie degli anni ’50 e la toccata e fuga del n. 114) John Romita, che resterà sul titolo sino al n. 145 (sia come autore di matite e chine, sia inchiostrato da altri).
Captain America 139, oltre ad inaugurare una saga lunga ben quattro albi (inusuale per quel periodo), segna una svolta per Steve Rogers, che forse ha – finalmente – la possibilità di ritrovare se stesso, l’uomo sotto la maschera. Su richiesta del commissario Nathan Martin, Steve Rogers si arruola sotto copertura nel corpo di polizia di New York per scoprire cosa sia successo ad una serie di persone misteriosamente scomparse. Nel corso dell’avventura, che si dipana sino al n. 142 (e che vedrà anche il coinvolgimento dello S.H.I.E.L.D.), Cap e Falcon appureranno che il responsabile è Gargoyle (il chimico francese Paul Duval, che ha il potere di trasformare temporaneamente in roccia qualsiasi cosa tocchi con la sua mano destra).
Questa appassionante avventura merita di essere ricordata anche per il fatto che Steve Rogers rimarrà a vestire i panni del poliziotto metropolitano per molto tempo ancora; per l’esordio di Leila Taylor, un’attivista per l’eguaglianza tra neri e bianchi che diventerà sempre più l’interesse romantico di Sam Wilson/Falcon; per Cap e Sharon Carter, che sembrano trovare finalmente un riavvicinamento; e soprattutto per l’abbandono di Stan Lee ai testi. “The Man” viene sostituito da Gary Friedrich, un autore che lavorò su diversi titoli Marvel soprattutto come “scrittore di transizione”, in attesa che poi i personaggi venissero affidati ad altri sceneggiatori in pianta stabile.
Come era stato annunciato in chiusura dell’albo precedente, Captain America 143 presenta una storia con un numero di pagine superiore (34 contro le consuete 19) ad un costo più alto (25 cent contro i 15 precedenti). Questo esperimento dura solo un mese (due, per altre serie della Marvel), dopodiché gli albi si stabiliranno sul costo di 20 cent con una o due tavole di fumetto in più; una mossa, questa, che tuttavia aiuta la Marvel a superare nelle vendite la rivale di sempre, la DC Comics. La lunga avventura qui presentata, già dal suo titolo (Potere al popolo) è ricca di spunti politici e sociali, tensioni razziali e guerriglia urbana, il tutto fomentato dal… Teschio Rosso!
Messo in fuga il Teschio e sedati i disordini razziali al termine della precedente avventura, il successivo Captain America 144 (ultimo albo datato 1971) presenta due storie di dieci pagine ciascuna, entrambe sceneggiate da Friedrich: la prima disegnata da John Romita in cui appaiono la Femme Force (una squadra dello S.H.I.E.L.D. completamente al femminile) e il presidente Nixon, al quale Nick Fury chiede ulteriori finanziamenti per la sua agenzia di controspionaggio; la seconda disegnata da Gray Morrow (che lavorò poco per la Marvel e la cui unica storia di supereroi è questa) nella quale Sam Wilson, sentendosi disprezzato dalla sua comunità per essere l’alleato di un supereroe bianco, compie la scelta di voler continuare a combattere da solo e indossa un nuovo costume da Falcon.
Ma fidatevi: questa non sarà l’ultima volta che vedremo Capitan America e Falcon insieme… anche perché il titolo della testata rimarrà Captain America & The Falcon ancora per quasi sette anni.
(continua)
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