Kaiju No. 8: Shonen per (im)maturi

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Tra i codificati generi del manga, uno dei più codificati in assoluto è sicuramente quello che chiameremo “Shonen di rivalsa” (sicuramente i giapponesi gli avranno affibbiato un nomignolo, ma non lo conosco).

Si tratta in realtà del più classico “percorso di formazione della schiappa” come codificato, se vogliamo, da un po’ tutte le narrative.
Conoscete la storia: il giovane di buon cuore e gran lavoratore che viene sottovalutato da tutti, sé stesso compreso, fino a che un incontro fortuito/evento drammatico cambia la sua vita e lo spinge a “osare il possibile” ed arrivare là dove il suo buon cuore e la sua grande determinazione lo avrebbero portato fin da subito se solo ci avesse creduto, guadagnandosi l’ammirazione e/o il rispetto di chi prima non lo considerava null’altro che un granello di sabbia in una spiaggia.
I terreni fertili su cui questo tema attecchisce sono sicuramente il manga sportivo, quello di azione scolastica e quello “militar-fantastico” e, come dicevo, la codifica è tale che ci sono costanti imprescindibili.

Ad esempio il giovane protagonista, non avendo altro talento che una insospettabile determinazione spinta fino all’autolesionismo, si confronterà quasi da subito con “il predestinato”: colui che è nato per essere esattamente ciò che il protagonista desidera (e, ciononostante, sarà portatore della morale che anche coloro benedetti dal talento devono sudare sangue per ottenere i risultati). Sicuramente ci sarà “la squadra” e altrettanto sicuramente nella squadra avremo “la testacalda” e “il perfettino”, immediatamente opposti.
Componente ormai storico della squadra, spesso in funzione di “Bassista Carismatico” ((tm) DocManhattan), è “il Joker”, il personaggio apparentemente distaccato e svagato, caratterizzato da tratti volpini o comunque perturbanti, che invariabilmente risolverà una situazione critica e disperata agli occhi del protagonista con un “vulgar display of power” mentre con nonchalance ammette che c’è qualcuno di ancora più forte.
Ovvero “L’Asso”, colui che è già dove il protagonista, il predestinato e in misura diversa tutta la squadra, aspirano ad arrivare.

I giovani d’oggi non hanno rispetto!

Le varianti alla formula in genere sono poche: “L’Asso” può essere una donna e, quindi, inevitabilmente è l’incontro fortuito con lei a causare la catalisi del nessuno in Protagonista (History Strongest Disciple Kenichi). In uno shonen d’azione oltre alla sua determinazione il protagonista può contare su un potere segreto in cui è “inciampato” proprio nel momento in cui ha dato ascolto alla sua natura profonda, quella in cui neanche lui credeva (Boku no Hero Academia).
Se il Predestinato è una lei, aspettatevi che sia una altezzosa “milady” con tutti gli attributi della “Tsundere” e immediatamente stupita e quasi offesa che un “nessuno” anche solo ipotizzi di intraprendere la sua stessa strada (Asuka Sohryu Langley di Evangelion è un po’ l’archetipo di questi personaggi).
Infine la squadra può avere qualche rimpolpamento, ad esempio introducendo il “freak” o il “pacioso”, o essere ridotta, ma sostanzialmente la triade “Protagonista, Asso e Predestinato” è praticamente costante.

Kaiju No. 8, del fino ad ora sconosciuto in Italia Naoya Matsumoto, racconta di un Giappone contemporaneo in cui la minaccia di attacco da parte di creature mostruose di origine sconosciuta è a tal punto interiorizzata che esistono aziende di pulizia incaricate di sezionare e rimuovere dalle strade cittadine i resti dei mostri uccisi grazie a squadre speciali delle Forze di Autodifesa che vanno in battaglia con corazze reattive (non dissimili da quelle di Spriggan) guidate da Capitani che mostrano abilità di combattimento al di là dell’umano.
Astro nascente e luce di speranza in questa battaglia è la bella quanto severa Mina Ashiro, capitana della terza divisione, ed amica d’infanzia del protagonista Kafka Hibino che con lei aveva promesso di diventare un ufficiale delle truppe anti Kaiju ma poi si è fatto frenare dal primo rifiuto.

Ma l’incontro con un compagno determinato a riuscire dove lui ha fallito, un atto di coraggio estremo e la contaminazione da parte di un incomprensibile essere alieno che gli conferirà i poteri di un Kaiju permetteranno a Kafka di intraprendere il suo cammino di riscatto abbandonando il suo presente di disilluso “ripulitore” trentaduenne …

Non mi togliere le parole di bocca!

Non ho MAI detto che il protagonista dello shonen di rivalsa debba essere per forza un adolescente, giusto?

Al di là dello scherzo, il “tratto anomalo” di Kaiju No. 8 sembra essere più una strizzata d’occhio al vasto pubblico di lettori cresciuti con lo shonen e mai distaccatisi che una reale “rivoluzione”. Nonostante nel “vecchio” Kafka Hibino ci sia chiaramente una componente di esperienza di vita (che gli permette di essere insospettabilmente efficacie in alcune situazioni) ed una tendenza a rimestare nel rimpianto di non aver seguito i propri sogni da giovane, alla fine la sua purezza di spirito e determinazione sono quelle di un (eterno?) ragazzino.

Questo entusiasmo inevitabilmente condiziona la narrazione e ci troviamo quindi in mano un manga molto più luminoso e meno apocalittico di quanto si potesse temere, in cui a scene di azione si alternano siparietti comici quasi “slapstick” che spesso si originano nei disperati tentativi di Kafka (nomen omen) che subito dopo aver attinto ai suoi poteri mostruosi per il bene dei suoi compagni o di persone in pericolo deve scomparire rapidamente dalla scena per evitare di essere scoperto quale “Kaiju No. 8”. Un ricordo e un sentito omaggio a tutti gli “eroi nascosti dietro una faccia da fesso” che da Zorro a Clark Kent sono arrivati in tutti i tempi e tutti i luoghi (per citarne uno Takeshi Yoroi AKA “Hurricane Polymar”).

Dal siparietto comico alla posa eroica

Dal punto di vista del disegno, Naoya Matsumoto, si inserisce in quella “ligne claire” manga di cui ho spesso parlato e che è debitrice, ancora più che di Akira Toriyama, di Masashi Kishimoto (Naruto) e Atsushi Okubo (Soul Eater).
All’estrema pulizia del tratto, infatti, si accompagna una predilezione per le figure geometriche “primitive” persino nelle anatomie, con abbondanza di volti rettangolari, rotondi, ovali e corpi definiti da proporzioni geometriche tirate con squadra e goniometro. Le uniche eccezioni a questa estrema regolarità sono nei Kaiju, che variano dalle forme rettiliane classiche per attingere al vasto spettro messo a disposizione da entomologia e micologia, fino ad arrivare a vere e proprie aberrazioni lovecraftiane.
Efficace la costruzione di scena e gestione di tavola: attento professionista della scena dello shonen d’azione, Matsumoto dà tutta la sua attenzione a descrivere la dinamica di una scena, in alcuni casi dedicando due intere pagine alla preparazione di un colpo di cui il lettore dovrà percepire tutta la pesantezza.
Infine ottima come si diceva la capacità di gestire il ritmo e non avere timore di alleggerire un momento che rischia di scadere nel didascalico con un siparietto comico da commedia delle duplici identità.

Tirando le somme, Kaiju No, 8 potrebbe apparire come un manga furbetto che attinge alle più diverse ispirazioni: Kafka è tanto collega dei ripulitori clandestini di Pacific Rim guidati da Ron Perlman, quanto eroe dall’identità segreta dei Super Sentai e contemporaneamente “mostro umano”. Inoltre, come si diceva, la scelta atipica di una coppia di protagonisti adulti che si confrontano con una nuova generazione da due prospettive diverse (orgoglio e senso di protezione per la ferrea Mina, ammirazione e voglia di competere per l’entusiasta Kafka), può essere una facile strizzata d’occhio ai lettori che rifiutano di crescere (cough!).
Ma anche se fosse frutto di un calcolo fatto a tavolino, al momento quello che troviamo in mano è uno shonen non originale ma fresco e gradevole come una limonata in piena estate.

Luca Cerutti

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