
Mmmmm… fatemi controllare la lista.
Un “normale Liceo giapponese con regole tutte sue”. Ok, abbiamo l’Istituto Coeducativo Privato Aichi che, da quando da prestigiosa scuola privata solo femminile è diventato un istituto misto, ha permesso alle ragazze di girare per scuola armate per difendersi da attenzioni eccessive dei maschi (ma… ma…).
Un “normale studente giapponese con capacità inusuali”. eeee… ok, abbiamo, Fudo Nomura (accento sulla prima sillaba, come tiene a ricordare) che oltre ad essere di bell’aspetto e lingua svelta è anche capace di tenere testa a mani nude a nugoli di avversari armati.
Una manciata di normali studentesse giapponesi che… no, vabbeh, dai… siamo alle solite! “Che nonostante abbiano diverse opinioni (negative) sui maschi e la generale propensione a farne cuscinetti punta-spada, per vari motivi si scontreranno con il normalissssssimo protagonista uscendone inspiegabilmente attratte.”.
Sì,
sì…
SI’!!
Abbiamo anche queste!!
Iniziamo, va.
Non che ci sia, in realtà, molto altro da dire. Spirito libero e sarcastico, giusta attrazione verso il gentil sesso, pessima fama da rissaiolo irredimibile, primo giorno di scuola in istituto famoso per i suoi “metodi correttivi” del tutto inusuali. Scontro, dimostrazione di valore, fraintendimento, misteriose rivelazioni. Da una parte il già menzionato Fudo Nomura (accento sulla prima sillaba), dall’altra la “demonessa” Rin Onigawara, la schermitrice Marie Kikakujo, la buddista con la spada di legno Satori Tamaba, la monella edonista Warabi Hanasaka, colei che ascolta più che vedere Tsukuyo Inaba e, infine, “L’Imperatrice” KiruKiru Amou, colei che al suo primo giorno ha sconfitto a mani nude le prime due spade ed ora è di fatto il fulcro del “sistema educativo” dell’istituto.
A contorno un gruppo di caratteristi tra cui spicca il grosso Kusuo Masukodera, incipriato e truccato come richiesto dal sistema di bullismo legalizzato messo in piedi dalle “guardie armate” dell’ex-istituto femminile.

Non c’è molto altro da dire, eppure non nego di essermi divertito a leggere questo susseguirsi di eventi che definire prevedibile è poco: pretesti per menare le mani telefonati, segreti già svelati al primo numero e motivi per fanservice presi direttamente dalla lista della spesa di cui sopra. Mi sono persino un po’ appassionato.
Dipenderà dal fatto che viene rispettata una minima “plausibilità” da manga da combattimento per cui, senza eccedere nella violenza, il protagonista non si cela dietro un irrealistico “non posso colpire una donna” o, ancora meno credibile, “una donna non dovrebbe combattere”, nel momento in cui le ostilità sono evidentemente inevitabili.
Se c’è da menare le mani le si mena e questo porta al secondo motivo di divertimento: si mena con una certa cognizione di causa. Non avrà la pulizia di un Kenichi o la carica esplosiva di Sun Ken Rock ma c’è cura nel dare ritmo agli scontri e le “coreografie” si basano su una buona conoscenza delle arti marziali esistenti (pure troppo, data la quantità di spiegazioni che protagonisti e persino appendici profondono nella descrizione).

Questo tentativo di essere “plausibili” fino a spingersi ai confini con la (gasp!) “verisimiglianza” si estende anche ai comportamenti prima o dopo i combattimenti. Il personaggio principale non è né un’anima candida a cui la sola vista di una nudità totale o parziale causa shock anafilattici né un pervertito attivo e deplorevole. E’ un normale ragazzo con più di una buona intenzione di accompagnarsi ad una bella ragazza ed un minimo di sicurezza nel proporsi. Che gli deriva, guarda un po’, dall’aver affrontato cose ben peggiori di un rifiuto o un dileggio. Se ci si pensa, questo stereotipo “melò” non solo giapponese che rappresenta persone addestrate ad affrontare la minaccia di ferite fisiche letali ma COMPLETAMENTE indifese rispetto alla seppur minima “ferita sentimentale” è, diciamocelo, onestamente ridicolo. Ce lo portiamo dietro dai tempi degli scadenti epigoni di Torquato Tasso, forse sarebbe anche ora di dire basta.

E se pensiamo all’amor epico e pudico, possiamo tranquillamente notare come le donzelle, pur avendo buonissimi motivi per tenere maschi troppo esuberanti a distanza di spada, sembrano almeno in grado di apprezzare i complimenti di quello che al momento è un valido avversario.
A ben pensarci, dal momento che l’escapismo fondato su una buona coerenza non mi è certo mai dispiaciuto, il motivo per cui la mia valutazione di Armed Girl’s Machiavellism è così prudente è probabilmente dovuto al tratto grafico. Il maggiore punto di forza di Haruna Kanzaki risiede in una buona capacità di rendere immediatamente, anche con espliciti momenti caricaturali, i sentimenti dei protagonisti, ma poi sconta difetti un po’ in tutti gli altri comparti. Le anatomie sono essenziali al punto di essere approssimative, chine e retini non sempre rendono perfettamente le luci ed i contrasti di una scena, a volte sfumando in un inspiegabile “bianco su bianco”, le scene d’azione hanno quasi sempre almeno un errore che le rende confuse e ne diminuisce l’impatto e l’alternarsi delle sequenze e delle inquadrature è molto prevedibile.
E’ abbastanza probabile che se la sceneggiatura di questo fosse stata benedetta dal tratto di un Syun “Kenichi” Matsuena, da Oh! Great! (Inferno e Paradiso / Air Gear) o anche un Yuji “Ikkitousen” Shiozaki, mi avreste sentito gridare al miracolo.
Ma è inutile indulgere negli scenari ipotetici. Il primo volume di Armed Girl’s Machiavellism, pubblicato da J-Pop, grazie alla sceneggiatura di Yuya Kurokami mi ha divertito e fatto venire voglia di vedere come (il “se” non è manco in discussione, controllate la checklist di cui sopra) il protagonista uscirà vincitore dai prossimi scontri con le avvenenti spadaccine.
Non è molto, ma neanche poco.
Ah… ovviamente Machiavelli, fatta salva qualche citazione a casaccio de Il Principe, non c’entra davvero nulla. Cosa vi aspettavate?