La gioia che scaturisce dal dolore

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Questa recensione che pubblicai il 22 Aprile 2010, dopo la lettura di questo bellissimo volume (Un Cielo Radioso) del maestro giapponese Jiro Taniguchi, che lui realizzò nel 2004, la feci anteporre da una citazione del monaco buddista Shinjo Ito, fondatore di Shinnyo-en.
Non scelsi questa citazione a caso. La scelsi perchè ben 2 anni prima, e precisamente il 9 novembre del 2008, ebbi per una serie di circostanze modo di incontrare e conoscere di persona un monaco di quell’Ordine religioso giapponese.
Il monaco, con mia grande sorpresa aveva acquistato un gran numero di volumi a fumetti tradotti in italiano, realizzati da Jiro Taniguchi, questo pur non sapendo lui in prima persona parlare e leggere l’italiano. Gli domandai il perché e lui mi rispose che con Jiro Taniguchi e la di lui moglie, erano in stretta amicizia, così quando gli capitava di andare all’estero, comprava e portava in patria per collezionismo, sempre molti volumi a fumetti di questo suo amico fumettista, tradotti nelle lingue originali dei paesi in cui si spostava per lavoro.

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“La legge di causa ed effetto insegna che tutti i fenomeni sono il risultato di cause coincidenti con i presupposti. Affinché una cosa esista, essa è sempre soggetta a una serie di interrelazioni. Ciò costituisce la base dell’universo e della vita umana come definito dalla legge del karma, oltre a rappresentare il fondamento degli insegnamenti del Buddha…
E’ soltanto affrontando le prove che la vita ci mette davanti che si riesce a raggiungere la vera illuminazione.”

Da “Insegnamenti e riflessioni” di Shinjo Ito www.shinjoito.com

Un Cielo Radioso

Potrei creare l’attesa e spiegare il senso del titolo di questa recensione solo nel finale, ma non lo farò perché la vera suspense ve la deve infondere nel cuore l’albo di Jiro Taniguchi, pubblicato per l’Italia da Coconino Press.
La bellezza della vicenda umana che più interessa Taniguchi è quella in cui i sentimenti umani toccano la sfera del meraviglioso.
Il fiore di loto nasce sulla superficie delle paludi. Da qualcosa di brutto e sporco fiorisce quindi qualcosa di estremamente bello e puro. Non è solo una metafora azzeccata, ma una vera e propria ispirazione dell’anima. “Sutra del Loto” è per esempio il nome di uno degli ultimi sutra pronunciati da Shakyamuni Buddha. La palude rappresenta il nostro karma negativo e l’insegnamento religioso può permetterci di sublimare la nostra anima mutandola in qualcosa di bello come il fiore di loto.
La vicenda narrata da Taniguchi in questo volume a fumetti è un dramma. Il dramma di una vita spezzata, ma allo stesso tempo è l’opportunità di un’esperienza esistenziale che permette al protagonista adolescente di passare da una gioventù bruciata a una maturità consapevole e costruttiva.

DA UNA VITA SPEZZATA …

Breve riassunto: Kazuhiro Kubota, marito, padre e integerrimo lavoratore, ha un malore alla guida del suo furgone. In quel preciso istante nella corsia opposta sta viaggiando in moto un adolescente di nome Takuya Onodera di diciassette anni. Lo scontro frontale risulta inevitabile.

L’incidente
metafora dell’incontro karmico
(c) 2009 Coconino Press

Takuya ne uscirà vivo mentre Kazuhiro muore in ospedale. Ma ecco che capita l’inverosimile. L’anima di Kazuhiro ha delle situazioni in sospeso così la sua forza vitale gli consente di fare ritorno. Il suo corpo, però, debilitato da una malattia incurabile che si trascina da tempo, ha terminato il suo ciclo vitale, così accade che l’anima prende posto nel giovane corpo di Takuya. Dal canto suo Takuya, pur essendo giovane, ha l’anima confusa e travagliata di un adolescente accentrato su se stesso. Un’anima fragile in un corpo forte che quindi viene sfrattata dall’anima energica e amante della vita quale è quella di Kazuhiro.
E così ha inizio la vicenda di un uomo che si trova nel corpo di un adolescente. Non è un caso unico nel panorama delle narrazioni di Jiro Taniguchi. Per esempio nella sua opera In una lontana città il 48enne Hiroshi Nakahara, dopo aver pregato di fronte alla tomba della madre, perde i sensi e con una sorta di viaggio nel tempo innescato dalla preghiera, si risveglia nel proprio passato, nella propria città natale, ma soprattutto ritrovandosi nel proprio corpo all’età di 14 anni. Il passato in cui si trova calato è come se lo ricordava, ma ben presto si accorge di avere anche la possibilità di modificare alcuni aspetti di quella realtà apparentemente congelata, perché ormai già accaduta.
Se però in quel racconto la chiave di lettura era riconducibile ad un protagonista che con questa esperienza aveva la possibilità di mettere in atto un’analisi introspettiva che lo portava a prendere coscienza di come con l’età e lo scorrere del tempo ciò che era diventato era molto dissimile da ciò che da fanciullo si era aspettato di diventare, al punto che gli anni lo avevano pure spinto a commettere azioni particolarmente deplorevoli (fra cui l’essere divenuto un semi alcolizzato di dubbia moralità nella sfera degli affetti), in questo racconto magistrale Taniguchi ci mostra invece che la vera riflessione che ci fa elevare spiritualmente non è solo quella intimista, cioè il mettere a confronto quello che siamo oggi rispetto a quali fossero state le nostre aspettative di adolescenti, ma è piuttosto quella altro-centrica, cioè il mettere a confronto la nostra vita con gli eventi e le persone che le circostanze, apparentemente casuali, ci portano a dover incontrare nella vita di tutti i giorni. Tali riflessioni si rendono particolarmente urgenti se le circostanze ci hanno portato vicino alla soglia della morte.
Non è infatti un caso che sulla strada di Kazuhiro ci fosse il giovane Takuya. Il loro incidente automobilistico è stato un appuntamento karmico. Il miracolo successivo di un corpo che si trova improvvisamente abitato da due anime è l’artificio narrativo che l’autore ha usato per spiegarci come lui veda sia il senso della vita, sia il senso degli eventi che ci capitano. In situazioni simili chi sopravvive all’incidente, saputo che l’altro è morto, ha la tendenza a voler riprendere la propria vita dal punto in cui l’aveva interrotta, senza cioè permettere che l’esistenza dell’altro e i suoi affetti possa interferire ulteriormente con i propri progetti e i propri affetti. Quasi come se l’incidente fosse qualcosa di accidentale e non preordinato ad uno scopo. Taniguchi riesce invece a ribaltare questa logica del chiudersi in se stessi portando Takuya ad aprirsi al mondo dell’ “altro” e ad entrare così nelle vite di Michiko e Tomomi, che sono rispettivamente la vedova e la figlia orfana dell’uomo con cui si è tragicamente scontrato. Ad aiutarlo in questa esperienza di apertura dell’anima sarà basilare la presenza di Kaori Okita, fidanzata di Takuya.

Kazuhiro lascia il posto a Takuya
per un abbraccio alla fidanzata Kaori
(c) 2009 Coconino Press

… AD UNA MATURITA’ COSTRUTTIVA

Il Takuya pre-incidente è un ragazzo irritato col mondo perché ha perso la madre da bambino e la donna che è da anni accanto al padre, pur amandolo come fosse la sua vera madre, continua ad essere per lui un’intrusa. Così vive in un mondo tutto suo in cui corre in moto per gustare l’ebbrezza del pericolo che solo un’adolescente scavezzacollo può avere.
Ma questa sua dinamica autodistruttiva comincia a procurare dolore in famiglia oltre il lecito e così ecco capitare l’incidente stradale, come se fosse l’ultima opportunità per Takuya di imboccare una strada di redenzione prima che sia troppo tardi. L’anima di Kazuhiro, fondendosi con quella di Takuya, permette ad entrambi di fare un passo in avanti. Erik Erikson afferma che la maturità in un uomo si manifesta quando entra nella fase delle generatività. Questa fase psichica non necessariamente è simultanea alla capacità procreativa del soggetto. Può infatti accadere che un adulto, già padre, non sia però ancora entrato nella fase delle gereratività, mentre un giovane che non ha ancora avuto figli potrebbe benissimo esserci già entrato in questa fase. In sintesi, la maturità, per Erikson, si manifesta quando il soggetto diventa in grado di assumersi la responsabilità di prendersi cura di qualcun altro che non sia se stesso. Questo prendersi cura può avvenire a più livelli. In senso materiale: sostenendo economicamente l’altro; ma anche in senso più spirituale: dando consigli, diventando un esempio comportamentale, prestando ascolto alle sofferenze dell’altro e facendosene carico.
Takuya entra nella fase della generatività, diventa insomma un uomo adulto, assumendosi la responsabilità di portare conforto alla vedova e la figlia orfana dell’uomo che ha perso la vita nell’incidente che lo ha visto coinvolto. Per farlo diventa spiritualmente loro marito e padre anche se per un breve periodo.
Da questa vicenda ne esce cambiato nell’anima. Comprende di aver ricevuto da Kazuhiro un grande dono che lo ha arricchito. Così decide di dare a Kazuhiro un ultimo regalo prima che abbandoni definitivamente il suo corpo e se ne vada per sempre oltre la Soglia: gli mostra il cielo in un modo che Kazuhiro non aveva mai veduto. È il suo ultimo regalo.
Kazuhiro ha salutato la moglie, ha abbracciato un’ultima volta la figlia. Ha potuto chiudere i conti col suo passato sapendo di aver provveduto al loro futuro con una rendita economica che consentirà loro di essere sostentate per il loro avvenire. Se ne va felice e grato.

Takuya lascia il posto a Kazuhiro
per l’ultimo abbraccio alla moglie Michiko
(c) 2009 Coconino Press

IL CIELO RADIOSO

Nel momento del trapasso definitivo un evento celeste si staglia all’orizzonte: un cielo insolitamente radioso.
Nel buddismo si crede che quando una cerimonia religiosa ha avuto buon esito portando conforto ai defunti, nel cielo compaiano eventi inconsueti, non rarissimi, ma poco frequenti: un anello luminoso che circonda il sole, delle nuvole pentacolori, dei doppi arcobaleni e altro ancora. Taniguchi, chiude la vicenda con questo evento celestiale per farci capire che l’esperienza di Takuya e Kazuhiro non è stata una semplice esperienza di sdoppiamento delle personalità del primo dei due innescata dal senso di colpa provato da chi sopravvive a discapito di chi muore. L’esperienza di Takuya non è quindi stata solo una sua esperienza mentale raffinata e ricca di dettagli. L’evento celeste è qualcosa accaduto “fuori” dalla propria mente e quindi è esso la prova che anche l’esperienza vissuta “dentro” era reale e non semplicemente fantasticata.
Si potrebbe parlare anche di come con questa storia Taniguchi abbia toccato altre tematiche, fra cui quella tragica delle morti bianche a cui è correlata quello dello sfruttamento negli ambienti di lavoro. Ma è solo un tasto che Taniguchi tocca con discrezione e maestria senza farci perdere la bellezza della vicenda umana che più lo interessa: quella in cui i sentimenti umani toccano la sfera del meraviglioso. Un grazie all’autore per questa sua storia che ha saputo suonare le corde più nascoste dei nostri cuori esortandoci con vigore a volgere lo sguardo sempre più spesso al cielo per sconfiggere la routine della quotidianità che, se privi di basilari strumenti di discernimento, al contrario di Taniguchi, ci obbliga a guardare solo per terra.

Un cielo radioso testi e disegni di Jiro Taniguchi Volume Unico brossurato – 304 pag. b/n – Coconino Press – 18.00 €

 

POSTFAZIONE: Quanto dettomi da quel monaco giapponese nel 2008, mi aveva quindi suggerito l’ispirazione di stabilire, con questo articolo che scrissi nel 2010 e che avete appena letto, un legame virtuale fra Jiro Taniguchi e Shinjo Ito, fondatore di Shinnyo-en, legame non riscontrabile in nessuna biografia del maestro rintracciabile in rete o nelle quarte di copertina dei suoi volumi.
Di fatto con quel mio pezzo del 2010 avevo quindi anticipato di ben 4 anni quel legame con l’Ordine di Shinnyo-en che poi fu di dominio pubblico a livello mondiale appunto nel 2014 col lavoro che Jiro Taniguchi fece con la realizzazione del suo volume “Si Chiamava Tomoji” che è di fatto la biografia a fumetti dell’infanzia e adolescenza di Tomoji Uchida Ito, moglie di Shinjo Ito e cofondatrice di Shinnyo-en.
Biografia che Jiro Taniguchi ha scritto e disegnato non solo con l’avvallo di Her Holiness Shinso Ito, figlia dei due fondatori e attuale Capo dell’Ordine, ma anche grazie ad informazioni ottenute di prima mano con dei colloqui avuti con lei di persona (Vedi a proposito di questo la mia recensione “Tomoji e Fumiaki” anch’essa nel vecchio sito).
Non nascondo di aver sperato, dopo l’incontro nel 2008 a Milano con quel suo amico, di poter incontrare prima o poi di persona lo stesso maestro e mangaka giapponese, ma purtroppo non è mai avvenuto e la sua scomparsa prematura nel 2017 ha vanificato del tutto questa possibilità. Una perdita immane per il mondo del fumetto a cui con questo articolo mi auguro di aver potuto offrire una personale ed inusitata chiave di lettura del suo lavoro.

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