Innanzitutto una doverosa premessa, questo articolo si basa sulla lettura dei primi 7 volumi di Kakegurui e deve inevitabilmente fare riferimento a quanto successo finora, per cui:
- se non siete interessati minimamente a Kakegurui ma il titolo dell’articolo ha attirato la vostra attenzione, potete proseguire;
- se avete letto tutti e sette i volumi di Kakegurui e non c’è sorpresa che possa esservi rovinata, potete proseguire;
- se non sapete cosa è Kakegurui, prima di proseguire, una lettura all’articolo sopra linkato vi potrebbe aiutare a chiarirvi il dubbio su se proseguire o meno;
- se invece state ancora leggendo Kakegurui… beh, continuate a farlo, sicuramente sarà più appagante di questo articolo.
Ora possiamo cominciare.
Per i pochissimi che non sappiano l’esatto significato di “saltare lo squalo”, una veloce ricerca su Wikipedia vi permetterà di conoscerne le origini ed il significato:
l’espressione “saltare lo squalo” è utilizzata per indicare il momento in cui una saga cinematografica o una serie televisiva, dopo aver raggiunto il suo picco, inizia inesorabilmente ad abbassare il suo livello qualitativo, facendo venir meno la verosimiglianza della storia e l’interesse dei fan.

Il “salto dello squalo” è quindi il momento preciso in cui una serie collide contro il muro chiamato “crisi di idee” ed è quasi sempre annunciato a gran fanfara da una soluzione altamente spettacolare ma vuota nei contenuti. Quando questo avvenga è normalmente determinato da fattori quali la capacità dell’autore e la complessità della formula su cui si regge lo show: più povero di idee è lo show fin dall’inizio e, logicamente, prima si troverà a compiere il temuto salto.
E’ quindi abbastanza prevedibile che un manga come Kakegurui, che appariva essere semplicemente una continua e sempre più arrogante ripetizione del momento finale della sfida tra Jotaro Kujo e D’Arby The Gambler nella terza serie de Le Bizzarre Avventure di JoJo, si presentasse al trampolino abbastanza in fretta.
Jotaro Kujo (lettura occidentale) e Yumeko Jabami (lettura giapponese): la sottile arte di mettere un avversario con le spalle al muro usando solo un mazzo di carte
Pur essendo arrivato a contare sei volumi ben gonfi di pagine, alla fine gli “archi narrativi” erano stati chiusi al ritmo di uno a volume e l’apice sembrava essere stato raggiunto nella sfida al cardiopalma tra la “Innocente Tentatrice” Yumeko Jabami ed il freddo ed inattaccabile tesoriere dell’Associazione Studentesca Kaede Manyuda. La posta in gioco, le tattiche adottate, le reazioni scomposte dei partecipanti avevano segnato un culmine al punto da far sembrare la sfida successiva, nel sesto numero, una passeggiata di piacere… nonostante la normalmente calma e sottomessa Sayaka Igarashi, fedele ombra della super-presidentessa dell’Associazione, avesse addirittura scommesso la sua “ragione di vita” contro quella di Yumeko.
E proprio alla fine del numero, ecco il trampolino…
Qui apro una parentesi: i lettori di questo fumetto hanno ormai chiaro che, dietro l’apparenza scintillante di un manga di belle ragazze che si eccitano sessualmente (beh, in realtà solo la protagonista ed un altra psicopatica) per l’azzardo, simulando una sessione sadomaso in cui i ruoli si scambiano secondo una cadenza fissa, Kakegurui alla fine non è nient’altro che un onesto “shonen scolastico” con il gioco d’azzardo al posto dello sport o delle arti marziali e una prosperosa sventata al posto del protagonista tutto riflessi e talento.
E quale è uno degli stereotipi più tipici dello shonen?
Ovviamente quando dopo aver sconfitto quasi tutti gli esponenti del “gruppo rivale” che teneva saldamente le redini dell’Istituto Scolastico, esattamente in prossimità dello scontro finale (spesso dopo ma in rari casi come questo, prima) al protagonista si rivela un NUOVO gruppo di antagonisti ancora più peculiari e potenti di quelli che riteneva essere i suoi unici avversari. Si riaprono i giochi, si ristabiliscono gli equilibri di potere, e riprende la scalata alle 12 case (riconoscere la citazione rivelerà la vostra età… io vi ho avvertito).
Al numero 6 di Kakegurui accade ESATTAMENTE questo. Ecco il trampolino, il più banale, scontato, liso e logoro trampolino da squali della storia del manga.

Non contenti di questo, gli autori si prendono anche il disturbo di svelare una occulta relazione di sangue tra protagonista, antagonista principale e nuovo gruppo di avversari. Rivelazione che era nell’aria fin dal primo volume ma così evidente che ad un certo punto il lettore l’aveva accantonata come falsa pista inserita a bella posta dagli autori… e invece…
Trampolino liso e pure ingrassato in economia, il concorrente però si avvia inconsuetamente sicuro, come se non avesse manco notato lo scarto abissale tra le possibilità di successo e quelle di una figuraccia.
Presentazione, rincorsa, stacco, triplo avvitamento, inchino alle fauci, atterraggio su un solo sci. Pubblico in delirio e valutazione unanime dei giurati sopra il 9.
Perché l’aspetto più trascurato del salto dello squalo è che se nella maggior parte dei casi segna il declino e l’inevitabile collasso dell’opera, non sempre è così.
La serie Happy Days da cui tutto ebbe inizio continuò per altre sei stagioni, per altri 160 e passa episodi rispetto ai 90 precedenti al salto. Non posso certo dire di aver frequentato Happy Days così tanto da poter valutare la qualità lungo le 11 stagioni, dubito fortemente che le ultime valessero ancora il tempo della visione, ma è anche difficile credere che gli spettatori si trascinarono per tutto quel tempo solo per abitudine.
Il punto non è se la serie salta lo squalo, il punto è COME lo fa.
Il salto dello squalo è normalmente il momento in cui si ricorre a dei mezzucci spettacolari per rinvigorire l’interesse del pubblico, si abbandona la vergogna in favore dell’intrattenimento. Allora che problema ci potrà mai essere per una serie che è stata priva di vergogna fin dall’inizio?

Il volume del salto dello squalo rilancia su ogni aspetto eccessivo di Kakegurui: le motivazioni dei personaggi sono da camicia di forza, le scelte meno realistiche vengono premiate da un successo senza pari che immediatamente viene rimesso in gioco per una scommessa ancora più assurda. I nuovi personaggi, tutti in età da liceo, lasciano intuire o proprio dichiarano con candore esperienze di vita che dovrebbero condurre immediatamente all’ergastolo.

La mimica esagerata, marchio di fabbrica di questo fumetto, arriva a nuovi livelli di abuso: un’osservazione sarcastica viene accolta dal primo piano di una maschera omicida; sudore, lacrime e moccio vengono sparsi a litri sia per il terrore scatenato dall’ennesima posta in gioco abnorme spesa in un gioco barocco, sia per masochistica eccitazione. In un solo volume Yumeko ripassa tutto il suo campionario espressivo, rinforzandolo, mentre la machiavellica presidentessa continua a celare le sue abnormi passioni dietro un mezzo sorriso mefistofelico. E per buon peso viene pure giocata una variante della carta “Maschera di Ferro”.

Uno spasso!
L’avevamo già visto con il più volte citato Negima: una volta che inizi ad esagerare, non ha nessun senso fermarsi, ma anzi devi rilanciare ogni volta più in alto. Senza vergogna, senza seconde considerazioni.
E quindi, quale filosofia può essere più adatta a Kakegurui e alla sua “mostruosa” protagonista?