Il Discepolo più forte della storia

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Per quanto sembri improbabile, Kenichi Shirahama era un normale studente giapponese. No, davvero: non aveva superpoteri, non discendeva da una stirpe evoluta, non era un mezzo mostro né un mezzo alieno né una mezza macchina, non aveva geni unici, non era posseduto da entità millenarie, né era l’unico al mondo a poter pilotare un robot antropomorfo gigante, né era un prodigio dello sport o dei giochi competitivi, non aveva trovato a terra uno strano ciondolo che ha cambiato la sua vita.

Normalmente adolescente, mediamente studioso, banalmente atletico e pure sufficientemente codardo da sopportare in silenzio gli atti di bullismo ai suoi danni e distogliere lo sguardo dai prepotenti, Kenichi Shirahama era una vergognosa anomalia nel manga d’azione per ragazzi e bisognava porvi rimedio!

Miu “rimedia”

Ci ha pensato, per nostra fortuna (ma non sua), Miu Furinji: una stupenda coetanea bionda cresciuta a pane ed arti marziali che diventa per Kenichi emblema del coraggio di ribellarsi alla prepotenza ed alla malvagità. Goffamente il giovane si è proposto come amico, scoprendo che avere un amico per una bellissima ragazza vissuta sempre in un mondo di arti marziali fuori dalla portata dei comuni cittadini è quanto di più bello possa accadere. Contemporaneamente, Kenichi si è proposto anche di diventare talmente forte da essere in grado di difendere non solo i deboli come lui ma anche chi, come Miu, sembra talmente forte da non avere nessun bisogno di difendersi.

Grave.

Errore.

Ed ovvie conseguenze

Per diventare forte in maniera anormale, bisogna avere maestri forti in maniera anormale che, per “felice” combinazione vivono tutti a casa di Miu. Al Ryozanpaku, il dojo dove si riuniscono i più forti, e anormali, maestri di arti marziali: il “Karateka 100dan”; Shio Sakaki, il “Filosofo Maestro di Jujitsu”; Akisame Koetsuji, il “Maestro di Tutti gli Stili Cinesi”; Kensetsu Ba, il “Dio della Morte Muai Thai”; Apachai Opachai, la “Ragazza Prodigio delle Armi”; Shigure Kosaka ed il capo di tutti loro, l’ “Invincibile Superuomo” Hayato Furinji (nonno di Miu).
Maestri dalla forza e dalle capacità sovrumane ma anche privi di qualsivoglia senso pratico o del limite, che scagliano Kenichi in un mondo assurdo in cui mettere in gioco la propria vita è normale occorrenza.

Non c’è davvero posto per i normali studenti giapponesi in questo mondo…

Pubblicato già da tempo in Italia, (Il Discepolo più forte della storia) Kenichi è un classico manga shonen di arti marziali con tendenza allo sviluppo “harem” (infatti i progressi di Kenichi ed il suo buon cuore fanno sì che si trovi via via circondato di belle fanciulle).
Fosse solo questo, non saprei neanche perché scriverne, visto quanto il genere è inflazionato fin oltre l’esplosione. Il fatto è che Shun Matsuena, sceneggiatore e disegnatore, è stato capace di creare un contesto “verisimilmente assurdo” in cui, appena si distoglie lo sguardo, al mondo di tutti i giorni si sostituisce il mondo “nascosto” in cui le arti marziali permettono di debellare interi battaglioni armati e scalare con due salti un palazzo. Tramite tra questi due mondi, colpevole di aver distolto lo sguardo con un attimo di ritardo, il codardo Kenichi, che nonostante i suoi progressi continua a patire l’aggressività dei bulletti ed a cercare di sfuggire in tutti i modi agli allenamenti inumani a cui lo sottopongono i suoi assurdi maestri.

Alla costruzione di archi narrativi epici, in cui giovani combattenti difendono le loro acerbe visioni del mondo a suon di pugni, calci e proiezioni, si alternano quindi sketch comici provenienti dritti dritti dalla “commedia delle parti” giapponese, in cui molto spesso i Maestri e la loro esistenza fuori dal mondo fanno la parte del “Boke” (sventato) e tocca a Kenichi, o a volte a Miu (ma non sempre), il compito dello “Tsukkomi” (razionale).

La grande saggezza dell’anziano.
(lettura giapponese)

Altre volte sono invece i molteplici personaggi secondari ad innescare situazioni precipitevolmente comiche, di cui sono sempre (e gioiosamente) responsabili ma quasi mai ne pagano le conseguenze. Primeggia in questo ruolo il perfido Haruo Nijima, “pessimo amico ma pur sempre amico” di Kenichi, infido e menzognero manipolatore che fa di ogni debolezza ed ogni negatività la sua inscalfibile forza, tanto da essere (non senza ragione) chiamato da tutti “l’alieno”.

Ma se soggetto e sceneggiatura riescono a sfruttare, sia sovvertendolo comicamente che interpretandolo integralmente, ogni singolo topos dello shonen di combattimento con belle ragazze a contorno, il secondo punto di forza di Kenichi è sicuramente il tratto grafico.
Quasi come si fosse immedesimato nel suo personaggio, anche il disegnatore Shun Matsuena sembra essersi sottoposto ad un allenamento infernale.
Nel giro di relativamente pochi numeri, quelle che erano anatomie abbastanza banali ed incerte, quasi datate nel tratto grafico, compiono un salto di più di un decennio ed evolvono quanto non ci si sarebbe aspettati.

A sinistra: “prima”
A destra: “dopo”

Le anatomie maschili si fanno imponenti, dettagliate e dinamiche, le anatomie femminili acquistano grazia e malizia e sconfinano quasi nell’erotico spinto grazie alla sfacciataggine con cui l’autore propone una pletora quasi infinita di pretesti per mostrarle parzialmente o completamente nude. Se si fa un confronto con il manga “pilota”, citato in un volume dall’autore, pare quasi di non avere a che fare con la stessa mano.
Solo Haruo Nijima, con il suo fisico ibridato dallo Spock del compianto Leonard Nimoy ed un Kappa della tradizione giapponese, attraversa beffardo ed immutato questa tempesta di cambiamenti quasi a dimostrare la sua unicità. Per il resto il lettore ha la soddisfazione di poter percepire la “crescita” di un autore.

Invece, il primo punto forte di Matsuena resta sostanzialmente immutato dal primo all’ultimo volume: l’azione, ingrediente principale del genere, è dettagliata, dinamica e dirompente. L’autore non lesina mezzi e risorse per far sì che ogni scena di combattimento si scolpisca nella mente del cultore. Non solo nella minuziosa descrizione di tecniche che, base delle rispettive arti, sono riportate alla loro purezza distruttiva, ma anche nell’uso persino spregiudicato di ogni mezzo, dall’inquadratura fino all’iperbole grafica, per rendere anche un semplice pugno una cannonata, un fuoco d’artificio.

Certo, un difetto a questo manga lo si trova facilmente ed è quello comune a praticamente tutti gli shonen di questo tipo: la circolarità.
Ciclicamente il protagonista viene messo di fronte ad una situazione apparentemente irrisolvibile, ma tramite l’allenamento (assurdo) somministrato da un maestro (assurdo) accresce in sé la forza per superare l’ostacolo e, inevitabilmente, lo supera guadagnando nuovi amici e facendosi notare da nuovi, più forti, nemici.
Ma, onestamente, il tutto è finora stato così dannatamente divertente (assurdo) e svergognatamente epico da non aver ancora stufato.

Luca Cerutti

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