Il Cosmoteandrismo di Superman

////
13 mins read

Man of Steel è una miniserie a fumetti di sei albi che fu pubblicata nel 1986 con cadenza quindicinale dalla DC Comics e scritta da John Byrne su disegni di Dick Giordano e che parte dal presupposto di riscrivere le origini dell’Uomo d’Acciaio. Chi è alle origini l’Uomo d’Acciaio? È Superman, il cui nome kryptoniano è Kal El, mentre il suo nome terrestre è Clark Kent: un personaggio dei fumetti creato da Jerry Siegel e Joe Shuster nel 1933. Fin dagli albori la figura di Superman era, in un qualche modo esplicito, ricollegata alla figura di Gesù Cristo Salvatore. Nel film di Zak Sneyder del 2013, ispirato a quella saga in sei albi, tale figura simbolica di tipo religioso, è stata in qualche modo agglutinata ad una questione moderna in vetta alle classifiche fra gli argomenti più portati alla ribalta negli ultimi anni nelle telecronache mondiali: quella del profugo di un’altra “popolazione o razza” in cui la guerra e la distruzione nel suo paese di origine mette a repentaglio la propria vita e quella dei suoi cari e quindi il protagonista di tali tristi vicende, diventa suo malgrado un immigrato alla ricerca del proprio posto e il proprio ruolo, nel paese di adozione in cui trova rifugio. Nell’articolo in questione approfondiremo però il vecchio tema della metafora religiosa, col proposito di approfondire il nuovo tema di tipo immigratorio in un articolo successivo.

Kal-el emette il suo primo vagito

In un pianeta molto lontano dal nostro e di nome Kripton, la popolazione è vicina alla propria autodistruzione. Come sempre, a partire da “La Sentinella” di Arthur C. Clarke del 1948, tale tematica è evidentemente il prodotto di un ribaltamento: siamo noi terrestri la popolazione che rischia l’autodistruzione a causa dell’eccessivo sviluppo tecnologico e militare, senza un pari sviluppo spirituale che crei una condizione di equilibrio fra la sfera fisica e quella metafisica. Gli autori di questo incipit ci comunicano questa prima chiave di lettura che è il prodotto della paura dell’umanità di autodistruggersi con la corsa agli armamenti. Ma immergiamoci ulteriormente nella finzione narrativa di questo plot fumettistico: Kripton è talmente imprigionato dentro il meccanismo dell’esistenza asservita dalla tecnologia che ha pure sottomesso le nascite dei propri figli ad un sistema di regolamentazione demografica e socio-culturale dentro cui i bambini nascono solo ed unicamente in vitro e con le caratteristiche genetiche preposte al preciso scopo di svolgere una specifica carriera professionale. Se sono stati predisposti per essere degli scienziati saranno scienziati e non altro, i militari saranno militari e gli operai saranno solo operai, ovviamente coloro che nascono per governare, faranno i governanti e non gli spazzini. Le coppie non si formano allo scopo di creare una famiglia con figli nati da parto naturale, ma si formano al solo scopo di soddisfare un bisogno fisiologico di sessualità considerata anch’esso un retaggio arcaico e per un bisogno di affettività che non ha un oggetto verso cui direzionare quell’affetto, se non il proprio partner.

Jor-El regge suo figlio tra le braccia

All’interno di questa umanità costituita da coppie tutte pariteticamente infertili e infeconde, Jor El, (interpretato dall’attore e regista neozelandese Russel Ira Crowe), uno scienziato illuminato, scopre, unico fra i suoi colleghi scienziati, che il pianeta Kripton sta per implodere a causa dell’aver voluto cercare ossessivamente energia per il proprio fabbisogno, nel nucleo di Kripton stesso piuttosto che fuori nello spazio profondo, come facevano i loro antenati. La consapevolezza di trovarsi al cospetto della morte per tutta la propria gente, porta Jor El a prendere coscienza del Novissimo della Morte e delle sue implicazioni sia in ottica secolare che in un’ottica escatologica. Si verifica che quindi Jor El, unico fra il suo popolo, fuoriuscendo da quelle che erano le limitazioni imposte dal suo genoma di scienziato, sviluppa una sua personale visione spirituale che lo porta a comprendere che la sua razza è giunta sull’orlo dell’estinzione a causa dei propri errori passati, primo fra tutti quello delle nascite in vitro. Consapevole del crimine che stava commettendo per la legislazione del proprio pianeta, lui e la moglie scelgono di rompere il tabù secondo cui non era consentito loro di generare un figlio e di partorirlo in modo naturale. Come Jor El, unico su tutto il suo pianeta sia riuscito a fare questo miracolo di ritorno alla “vecchia tradizione” non ci è dato di saperlo, dato che si dovrebbe presupporre che per imporre a tutti di generare bambini in vitro la sola soluzione sarebbe appunto sterilizzare tutti i nuovi nati fin dalla nascita, quindi Jor El e futura consorte, compresi. Ma quel che è certo è che Jor El, sia come sia, genera un figlio che sarà partorito da sua moglie e tale figlio sarà Kal El, il bambino che Jor El chiama anche “Speranza” (Hope nell’originale inglese) e sarà quello il significato dell’icona S che porterà sul petto (scoprimo infatti che la S per i kriptoniani non è una lettera ma una forma di scrittura simile agli ideogrammi che identifica il concetto di “speranza”), ma Lois Lane giornalista del Planet, ideerà per quel simbolo un suo significato personale: per lei è infatti l’iniziale del nome Superman.

Jor El che assiste la moglie durante il parto – al loro fianco sono assistiti non da un bue e da un asinello ma da due droni

Jor El però non si accontenta di garantire una possibilità di salvezza solo per il proprio figlio. Lui vuole in qualche modo salvare per mezzo del proprio figlio tutta la propria razza, quindi con la propria tecnologia, trasmette nel corpo del figlio ciò che è l’eredità del proprio popolo così da garantire al bambino delle radici su cui fondare il proprio futuro. Per farlo, fonde l’esistenza del figlio Kal El con il Codex: la banca dati di tutti i genomi specifici da cui avevano origine i nuovi nati di Kripton.

Kal El nel car-seat interstellare che viene interpenetrato col Codex di tutta la popolazione di Kripton

Subito dopo questa operazione di interpenetrazione fra l’uno e il molteplice il bimbo verrà, per poter fuggire dalla distruzione, fisicamente introdotto in quello che potremmo chiamare un “car-seat interstellare“. Caso abbastanza unico e non rilevabile in quelle che erano le prime origini di Kal El, tale veicolo interstellare appare come una sorta di fiore di loto rovesciato con petali di metallo che si chiudono o schiudono a proteggere ed occultare o a rivelare, il bambino. Vi è quindi per la prima volta un larvato riferimento fra Superman e la figura del Buddha Shakyamuni piuttosto che solamente interconnesso alla figura di Gesù Cristo, questo perchè solitamente nelle iconografie buddhiste il Buddha neonato viene rappresentato al centro dei petali di un fiore di loto. Il passaggio a questo differente  paradigma, potrebbe essere stato dovuto solo a motivazioni di bellezza visionaria: infatti un’astronave che assume le sembianze di un bocciolo di fiore non può che essere valutata come ben congegnata oltre che gradevole alla vista. Ma potrebbe esserci in aggiunta, da parte degli ideatori, una personale visione filosofica che emerge anche dall’insolita mentalità di Jonathan Kent, padre adottivo di Kal El: quest’uomo infatti arriva ad affermare che il figlio avrebbe fatto meglio a non salvare da morte certa i compagni di classe che stavano per affogare quando il loro pullman è precipitano nel fiume e si stava inabissando. Questa insolita posizione ideologica del padre adottivo non era presente nelle origini del 1933. Sembrerebbe, questa nuova posizione, essere similiare alla visione filosofica dell’Wu Wei, la concezione della Non-Azione, importante precetto insito anche al taoismo che spiega quando agire e quando non agire, in quanto la Non-Azione è comunque una forma di scelta che fa andare le cose nella stessa identica maniera in cui andrebbero anche se si agisse. Attenzione: il buddhismo ovviamente non afferma che è meglio non agire, ma l’idea dell’Wu Wei è comunque connessa all’idea che tutte le persone abbiano un destino, o karma, secondo il quale il cambiamento, il poter realmente sfuggire al proprio karma, non può derivare dall’azione di una forza che viene dal di fuori, ma deve essere il risultato di un processo di crescita interiore. Questo concetto può essere spiegato col seguente paradigma: il guscio dell’uovo che viene rotto da una forza che proviene dall’interno, genera una vita, mentre lo stesso guscio dell’uovo che viene rotto da una forza che proviene dall’esterno, sopprime la vita presente nell’uovo. Nel film infatti, Pete, uno dei ragazzi che furono salvati da un Clark adolescente da quell’autobus colato a picco nel fiume, vive il resto della sua vita in modo piatto e apatico, come se in realtà quella salvezza inaspettata ottenuta da bambino non lo avesse in nessun modo scosso interiormente, ma avesse sgretolato qualcosa dentro di lui e lo ha lasciato incapace di dare un senso ad una vita, per quanto tale vita gli era stata nuovamente donata. Da fautore di atti di bullismo, Pete diventa e rimane uno spettatore silenzioso e anonimo degli anni che gli restano da vivere. Jonathan Kent arriva talmente a incarnare col proprio vissuto l’ideale filosofico che voleva trasmettere al figlio, che agisce per salvare la vita al proprio cane, ma frena con una mano e un gesto di diniego con la testa, il figlio Clark che sta per usare i suoi superpoteri, per lanciarsi a salvarlo. Clark si lascia fermare dal quel gesto del padre e Jonathan verrà strappato via alla propria vita dall’impeto di un tornado. Cosa ha voluto insegnare Jonathan al figlio Clark? Se ne potrebbe parlare a lungo, ma di base probabilmente Jonathan voleva che il figlio potesse portare all’umanità qualcosa di più che una salvezza secolare che proviene gratuita dall’Alto, ma che si facesse discreto educatore di una forma di salvezza che parte dal di dentro così che ognuno impari a salvare se stesso sia che esista o che non esista qualcuno al di sopra di noi che può farlo. Quindi il divino che si fa uomo ma che allo stesso tempo si muova e cammini fra gli uomini mantenendo celata la propria identità divina per non far sentire l’uomo comune fragile e apatico come era accaduto a Pete: il vecchio compagno di classe di Clark. Ed è in questo modo nuovo che viene quindi giustificata la decisione di Kal El, compiuti i suoi 33 anni (anche questa una età non casuale), di assumere una doppia identita di “vero uomo” (nell’identità di Clark Kent) e di “vero essere divino e onnipotente” nell’identità disgiunta di Superman. Doppia identità che lo vede muoversi all’interno di un cosmo ben specifico che in qualche modo riflette la sua duplice natura.

Veicolo interstellare a forma di fiore di loto rovesciato, usato da Kal El per fuggire dal pianeta Kripton

Abbiamo quindi introdotto tre concetti: quello di “uomo” e “divino” incarnati da uno stesso individuo e quello di “cosmo”, cioè la realtà in cui tale essere duale si trova a muoversi. Ma per spiegare ora questi concetti, penso sia meglio affidarmi alle parole ben più autorevoli che sono quelle di Raimon Panikkar.

Immergersi nella biografia di Raimon Panikkar (1918 – 2010) è “come aprire una finestra su quelle che saranno le vite degli uomini di domani” (si veda a proposito di questo il testo “Panikkar – Un uomo e il suo pensiero” di Maciej Bielawski, pubblicato da Fazi Editore nella collana “Campo dei Fiori” diretta da Vito Mancuso ed Elido Fazi). Nato a Barcellona da madre catalana e padre hindu, Panikkar è stato chimico, filosofo, teologo, sacerdote cattolico, docente universitario, fu erudito poliglotta traduttore dei Veda per conto della Chiesa Cattolica e divenne durante il suo cammino di ricerca spirituale, sia sacerdote induista a Varanasi che monaco buddista. Panikkar formulò durante la sua lunga esistenza (92 anni) moltissimi neologismi, primo fra tutti il termine “cosmoteandrismo“. Tale termine parte dalla sua idea di “trinità radicale“, secondo cui nel nostro universo c’è una condizione perenne di presenza inscindibile di cosmo, divino e umano, che si rivelano emergere da tutte le culture mondiali anche dove non vi potrebbero essere stati incroci e contaminazioni reciproche. Il singolo essere umano non può essere mai separato dalla componente divina e quella cosmica e lo stesso vale per gli altri due elementi di questa triade. In tale struttura della realtà nessuna delle tre componenti (cosmo, Dio, uomo) primeggia sulle altre: tutte coesistono in una “perichoresis trinitaria“. Così tale trinità radicale emerge ovviamente nel mistero della Trinità presente nel Cattolicesimo e nel trimurti indù (Brahmā, Visnu, Śiva); nel saccidānanda (sat-essere, cit-conoscenza, ananda-gioia) della vedanta; nella Grande Triade del taoismo (terra-cielo-uomo) analizzata da René Guénon; nelle triadi di classificazione di Kant; nelle strutture triadiche del pantheon delle religioni indicate per esempio da George Dumézil; nella dinamica triadica di Hegel (tesi, antitesi, sintesi); nelle molteplici triadi buddhiste (Buddha-dharma-sangha), ecc. Sulla base di tutte queste considerazioni e ricerche incrociate, Raimon Panikkar arriva ad affermare che la realtà in cui viviamo è Cosmoteandrica, quindi è allo stesso tempo, una e trina e le tre componenti sono l’universo in cui viviamo (cosmos-) la dimensione divina (-teos-) e quella umana (-andros).

La culla interstellare che precipita nei pressi del granaio dei coniugi Kent

Non dobbiamo quindi sorprenderci se tale trinità radicale sia filtrata anche all’interno della dimensione fumettistica di un personaggio come Superman. Ecco quindi che la culla interstellare che lo ha portato in salvo solcando l’oceano dello Spazio Siderale non può che richiamare alla nostra mente la vicenda di Mosè che abbandonato dalla sua famiglia dentro una cesta, viene lasciato fluttuare sulle acque del Nilo allo scopo di potersi salvare, e il destino lo porta ad essere adottato dalla sorella del faraone, la principessa Bithia, che non riusciva ad avere figli. Nella finzione fumettistica Jor El e sua moglie lanciano Kal El verso il pianeta Terra dentro questa capsula di salvataggio e Kal El precipiterà in Kansas, negli Stati Uniti, nella città di Smallville, accanto al granaio dei coniugi Kent, una coppia di agricoltori, senza figli che lo adotteranno e cresceranno come fosse loro figlio. La scena del veicolo che precipita al di sopra del granaio non può che ricordarci l’iconografia dell’Umile Stalla sovrastata dalla Stella Cometa, in cui la Sacra Famiglia della tradizione cristiana farà venire alla luce il Bambin Gesù, figlio del Padre che sta in Cielo. Da notare che El, il cognome di Jor El, potrebbe essere la contrazione di Elohim che in ebraico è uno dei nomi del D-o di Israele.

Cypher tocca morbosamente una sorta di crocifisso dietro cui dorme Thomas Anderson detto Neo.

Da notare ovviamente che Man of Steel non è il solo film tratto da un fumetto che richiama questa concezione del Salvator Mundi. I fratelli Wachowski creatori della trilogia di Matrix presentarono il loro progetto con delle sequenze a fumetti e tutte le inquadrature furono scelte con grande cura. Per esempio la scena in cui Trinity porta a Neo del cibo nella sua camera dentro la Nabucodonosor, è subito seguita da una scena in cui Cypher (colui che tradirà il gruppo e che nel film è interpretato dall’attore statunitense di origini italiane Joe Pantoliano, all’anagrafe Joseph Peter Pantoliano) segretamente innamorato di Trinity, la rimprovera geloso delle sue preferenze per Neo e mentre lo fa, tocca in modo quasi morboso la porta dietro cui sta dormendo Neo e sulla porta di questa sorta di sommergibile futuristico, due assi di metallo incrociato richiamano l’iconografia del crocifisso. Neo è il salvatore del popolo della città di Zion. Neo è anche (oltre che Nuovo dal greco Neos) letteralmente l’anagramma di One, il Prescelto, che unito da un sentimento d’amore con Trinity, diventano così una coppia che incarna in sè l’identità fra il divino che è sia Uno che Trino.

Sempre dei fratelli Wachowski (anzi: delle sorelle Wachowski, come appare anche nei credits, che sono sempre i fratelli Wachowski, dopo il contemporaneo e concorde cambio di gender) nel serial televisivo Sense 8 di loro ideazione (2015-2018), si vede come l’essere umano (andros) che è un uomo d’affari di Mumbai in India, nel momento di maggior fragilità e vicino alla morte, sia in uno stato di interpenetrazione con la divinità del suo popolo: il dio Ganesha (theos) dalla testa di elefante. Specifico che in questo caso il parallelismo è essenzialmente grafico: infatti i tubi della maschera respiratoria che gli è stata fatta indossare una volta ricoverato in ospedale, richiamano idealmente la conformazione della proboscite di un elefante. Essendo l’uomo (crivellato di coltellate) un non credente che aveva abbandonato la fede dei suoi avi e che solo per ragioni contingenti, e non di fede, si era trovato a passeggiare fra le stanze del tempio di Ganesha, subisce un’aggressione a colpi di gladio ad opera di assassini che erano fedeli del dio Ganesha perchè convinti che il suo ateismo e le sue attività economiche offendessero e mettessero a rischio di esistenza la loro fede religiosa. Questa sequenza di due fotogrammi messi a confronto, vuole in qualche modo farci intendere che coloro che per fanatismo religioso, arrivano ad uccidere un uomo, di fatto stanno offendendo (e quindi uccidendo) proprio gli ideali del proprio dio che pensano erroneamente di difendere con questa loro drastica azione fomentata dal sentimento dell’odio.

Ma torniamo a Man of Steel. Nel film di Zak Snyder ci sono due momenti culmine in cui il suo Superman interpretato dall’attore Henry Cavill, riveste un legame di interpenetrazione con la figura del Cristo: uno è il colloquio con un sacerdote poco prima di prendere la decisione di consegnarsi al Generale Zod, folle militare kriptoniano. In questo momento di intimità confessionale, alle spalle di Clark si vede una vetrata raffigurane la figura di Gesù Cristo nell’orto del Getsemani e in cui Gesù prega chiedendo che quel calice venga allontanato da lui ma che sia fatta la volontà del Padre Celeste e quindi si lascerà mettere in catene dai centurioni che lo verranno a catturare per condannarlo. Da notare che il mantello indossato dal Cristo è rosso come quello di Superman. Infatti nell’iconografia religiosa il colore rosso del mantello di Gesù rappresenta il colore del sangue, quindi del sacrificio a cui Lui stava andando incontro dopo l’Ultima Cena. Lo stesso Superman, dopo questo colloquio con un giovane sacerdote, deciderà parimenti, di lasciarsi mettere in catene dalle forze militari americane.

Clark Kent che decide di andare incontro al proprio destino

Un secondo fotogramma che vede Superman interconnesso alla figura del Salvator Mundi è la scena in cui cui scende fluttuando dal cielo con alle spalle la stella sole (la potete vedere all’inizio di quest’articolo) che nella tradizione cristiana è frequentemente connessa con la figura del Cristo Salvatore e delatore di vita. Il sole giallo del Sistema Solare è infatti la fonte energetica, così diversa dalla Stella di Kripton, che ha consentito quindi all’organismo di Kal El di acquisire delle facoltà fisiche superiori che lo rendono invulnerabile a qualsiasi tentativo di sottometterlo o ferirlo a morte messo in atto dagli esseri umani ed in ultima analisi anche dal Generale Zod stesso.

E questa duale dimensione di passiva accettazione della volontà del Padre da una parte e di forza ultraterrena da un’altra parte, non può che richiamare anche in questa ottica, la figura di Cristo nella dimensione della resurrezione: per quanto abbiano cercato di ucciderlo, Lui ha sconfitto la morte e infatti il conflitto con il Generale Zod a cui poi Superman non potrà sfuggire, si concluderà con la vittoria di Kal El il Pantokrator: ma di questo aspetto ne parleremo in un prossimo articolo.

Articolo precedente

Dallo scaffale: Binbogami!

Prossimo Articolo

Alla ricerca del Camus perduto: Le Premier Homme

Ultimi Articoli Blog