Il titolo stesso ci offre una prima e semplice analisi dell’opera: trasporre il libro di Lovecraft in chiave contemporanea, non più quindi NECRO ma NEO (nuovo) NOMICON.
La sintesi perfetta che mette in scena Alan Moore con l’apparato visivo di Jacen Burrows è semplicemente fantastica. Lo stato umano dei protagonisti viene letteralmente messo sotto i piedi, brutalmente strappato da qualsivoglia speranza psicologica, rammentando a noi miseri mortali la insignificante vita che quotidianamente ci incoraggiamo a portare avanti. Un discorso che può apparire ai più deboli molto pessimista, ma così non è.
Il mio pensiero sull’opera in questione si è spento nel momento in cui la protagonista, l’agente Merril Brears, è stata “buttata” nelle mani del mostro e lasciata lì, lasciata per essere volutamente abusata dagli altri mostri, il genere umano e non più i ‘Grandi Antichi’ della mitologia personale creata da Lovecraft.
I disegni di Burrows rappresentano al meglio l’iconografia descritta da Moore, rappresentando, come in tutta la prima parte, una strutturata visione a vignette verticali, due per pagina.