Come già sottolineato in altri articoli il collettivo Mammaiuto è una delle realtà indipendenti più interessanti del panorama italiano e in questo frangente collabora alla realizzazione di un albetto particolarmente intraprendente, presentato a Lucca Comics and Games 2015.
Gli autori sono rispettivamente: per i disegni Francesco Guarnaccia, dal tratto personale e riconoscibile mentre, per la sceneggiatura, Lorenzo Ghetti la cui presenza è stata essenziale per il mio interesse verso questo lavoro.



Altrove per sempre/Per sempre altrove (d’ora in avanti abbreviato con la sola prima parte) è costituito da due storie. Una profondamente fantascientifica in cui sono distintamente riconoscibili le influenze di George Orwell, Aldous Huxley e di molta letteratura distopica novecentesca. Una società alienante in cui l’individuo è sacrificato per un bene collettivo superiore; interessanti in questo ambito i riferimenti alla termodinamica che tanto ricordano il visionario Pollution di Battiato. L’altra storia, di genere opposto, ha invece una connotazione tipicamente fantasy, non manca nessun elemento canonico: cavalieri, armi, maghi e magie. Ed è in questo contesto, in cui, una persona dai poteri unici è chiamata ad un’importante missione.
I disegni di Guarnaccia risultano sempre molto riconoscibili, tondeggianti, se vogliamo essenziali. Non ho subito apprezzato questo stile, alla prima lettura mi è parso tutto un po’ troppo confuso, in qualche misura ansiogeno, effetto questo causato probabilmente da disegni poco dettagliati e dalla composizione delle tavole vicine allo stile americano. La seconda lettura (praticamente obbligata per motivi sui quali mi soffermerò più avanti), complice un occhio più abituato, ha reso maggior giustizia allo stile personale del disegnatore. La colorazione composta da pochi semplici colori luminosi, piattissimi e quasi tutti primari si è rivelata una scelta fortunata soprattutto nella parte futuristica.
Non posso esimermi dal segnalare l’intervista ai due autori in merito al progetto (leggibile qui), utile per capirne le condizioni di lavoro e alcune scelte stilistiche dettate anche dai tempi ristretti di lavorazione.
L’elemento più accattivante di questo fumetto è il comparto cartotecnico; gli autori hanno optato per l’inusuale formato a leporello occupando entrambi i lati del foglio. L’idea sottostante questa



scelta non è meramente pubblicitaria o promozionale bensì soddisfa la necessità di adottare un meccanismo di lettura ciclica, senza soluzione di continuità (di fatto è possibile sfogliare infinitamente il volume). Il tutto può apparire complesso ma garantisco che, all’atto pratico, risulta molto intuitivo e naturale. Il merito è quello di non aver limitato la scelta alla sola stravaganza cartacea, la quale avrebbe avuto un’incisività ridotta, ma quello di aver coniugato concettualmente l’impostazione tecnica con quella artistica affinchè l’una esalti l’altra.
Questo leporello a doppia facciata, e qui chiedo uno sforzo di astrazione, ha numerosi punti di contatto con il nastro di Möbius, caro agli artisti tutti e ancor più caro ai fumettisti in particolare. Il noto nastro è simbolicamente associato al moto perpetuo e più in generale all’infinito. Tutto, Altrove per sempre, gioca proprio su questo forte simbolismo, una storia finisce dove l’altra inizia e inizia dove l’altra finisce, sia materialmente sia artisticamente, innescando di fatto un corto circuito meta narrativo. Come nel nastro di Möbius le due storie corrono parallele ma in senso inverso. Il duplice protagonista Bimous (l’anagramma non risulta certo complesso) in una vicenda deve sostenere tutto il peso della battaglia su di sé, la sua unicità lo innalza sopra agli altri, sopra alla massa; dal lato opposto della storia, in una sorta di contrappasso, sarà invece un insignificante ingranaggio all’interno di una società collettivista. In entrambi i casi assistiamo all’insofferenza del protagonista, impossibilitato o forse incapace di trovare un punto di equilibrio accettabile. Nell’unicità cerca la soporifera omologazione, nell’omologazione cerca l’esaltazione dell’unicità, in una sorta di infinita riflessione dal sapore zen. Non spingerei comunque oltre questa interpretazione evitando così il rischio di incorrere, in una sovrainterpretazione del testo.



A scanso di equivoci, è bene specificare che questo lavoro non rientra certo nell’empireo della nona arte, né vi è in esso nessuna pretesa in tal senso. Si tratta piuttosto di un buonissimo prodotto d’artigianato in grado di mettere in luce la vitalità creativa di alcuni artisti della scena indipendente italiana. Un fumetto affatto sciocco o banale ma in grado di trasmettere anche una certa giocosità, un senso ludico alla lettura, il quale, sono certo, ha pervaso anche Ghetti e Guarnaccia in fase di produzione. Va quindi un plauso a questi due autori i quali sono riusciti a confezionare un prodotto “home made” estremamente interessante.
Concludo segnalando il lavoro tutto, svolto in questi anni da Lorenzo Ghetti, a mio parere, uno degli sceneggiatori italiani più interessanti in circolazione, in grado di guardare al fumetto, sia esso digitale o più classicamente cartaceo, in maniera del tutto anticonvenzionale.