Un canadese alla corte di Kim Jong-il

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  1. “Perché seguendo la tradizione dei giullari medioevali,
    dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi.”
    (Motivazione del Premio Nobel per la letteratura 1997 a Dario Fo)

Ho incontrato per la prima volta il canadese Guy Delisle a Lucca Comics & Games nel novembre del 2013 a cui partecipai come inviato di uBCfumetti insieme ai miei amici/colleghi del sito. Assistetti alla sua conferenza in cui, come tutti gli altri autori, era tenuto durante l’intervista a fare un disegno in tempo reale che poi sarebbe stato donato alla Convention per essere esposto in una mostra insieme alle tavole di tutti gli altri autori che parteciparono a questa edizione del 2013.
Notai subito che disegnava veramente molto bene, da mancino, ma ad un certo punto dell’intervista lui dichiara di essere ambidestro, ma di aver quel giorno disegnato con la sinistra perché con la destra aveva fatto moltissime firme e quindi era molto stanca.

Cover del volume con Guy Delisle che ha sullo sfondo il monumento dedicato al Partito dei Lavoratori.

Pyongyang è uno straordinario reportage di viaggio in un paese, la Corea del Nord, in cui è veramente difficile per degli occidentali poter accedere. Delisle ha avuto la fortuna di poterci entrare per supervisionare il lavoro di animatori che sempre più spesso vengono scelti dalle aziende produttrici di cartoni animati per il basso costo della manodopera. Mi dicono poi che dopo la pubblicazione del suo volume, a Guy Delisle è stato comunicato che da ora in poi è ospite non gradito della Corea del Nord. Probabilmente anche questo è stato fra i motivi del successo del volume che non era comunque il primo di questo tipo realizzato dall’autore e non è stato l’ultimo.
Come reportage di viaggio in Corea del Nord è indubbiamente da acquistare e leggere, ma sono combattuto nel valutarlo totalmente positivo dal punto di vista dell’incontro fra culture. Non c’è dubbio che se il paese gli ha vietato un futuro accesso sul loro territorio il motivo è che non hanno gradito il suo sguardo canzonatorio che emerge in tutto il volume. E’ pur vero che questo tipo di reazioni arrivano proprio solitamente da quei regimi che sono di tipo totalitario. I giullari non sono mai piaciuti ai regnanti, soprattutto se tali giullari si permettono di fare umorismo su di loro piuttosto che sui loro avversari. C’è da dire che per fortuna Delisle non si è trovato a scontrarsi con il risentimento di Joffrey Baratheon delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco: non se la sarebbe cavata con un divieto di accesso al paese … chiedetelo a Ned Stark.
Indubbiamente fa rabbrividire la sequenza in cui Delisle interroga dei nordcoreani con cui viene in contatto, a riguardo della propria sorpresa nel non vedere nessuna persona invalida palesare la propria esistenza sulle strade della città dato che solitamente in tutti gli altri paesi del mondo in cui non ci sono conflitti bellici, la presenza degli invalidi è comunque intorno al 10 %; e la risposta che ottiene a questa legittima domanda è che i nordcoreani nascono tutti sani e forti “e quindi” nessuno diventa invalido. Quindi le possibilità sono due: o dobbiamo andare tutti a vivere in Corea del Nord perché è evidentemente lì il Santo Graal cercato dai Cavalieri della Tavola Rotonda e che dona salute e longevità o, effettivamente, comincio a sentire un brivido nella schiena e odo terrorizzato la musichetta di “Profondo Rosso” … e mi riferisco al film di Dario Argento e non alla corrente politica al potere in questo paese senza invalidi.

D’altro canto, ricordo che dopo la sua conferenza del 2013, avvicinai Guy Delisle al bancone delle firme e mentre mi facevo porre una disegnino e firma su uno dei suoi volumi, gli domandai se lui fosse credente. Mi rispose di no. Gli dissi che mio padre era venuto a mancare quello stesso anno, pochi mesi prima e gli domandai dove fosse andato ora secondo lui. Delisle mi fissò un po’ in imbarazzo e mi disse che non ne aveva idea. Perché gli feci quella domanda? Gli feci quella domanda (anche) perché se noi leggiamo tutto questo diario di viaggio a Pyongyang notiamo che Guy Delisle, ritenendosi non credente, non afferra che tutti gli esseri umani hanno bisogno di credere in qualcosa e di essere certi che le proprie radici culturali sono degne di rispetto e che non vi è paese al mondo più bello in cui vivere se non il proprio.

pagina 88 – Guy Delisle insieme ad un collega occidentale canzona un nordcoreano con una sigla dei cartoni animati.

Se Delisle avesse guardato quel paese con gli occhi di un credente si sarebbe accorto che il volontariato praticato dalle donne che dipingevano i sassi ai piedi degli alberi, dall’uomo che tagliava chilometri di erba lungo l’autostrada con un falcetto, dagli operai che dipingevano di blu le impalcature di un ponte, e dai bambini che giocavano prendendo secchielli d’acqua dalla fontana per annaffiare il prato; tutti questi atti di volontariato erano i segni di una forma di liturgia personale correlata all’universo che li circonda. E anche questa è una forma di religione in cui vale la pena di credere. La domanda che mi pongo è: perché Delisle si sorprende che la forma di ginnastica più diffusa nel paese sia il reverse (la camminata all’indietro)? E questo moto di sorpresa proviene proprio da un autore che alla conferenza di Lucca ostenta la sua capacità di saper disegnare da ambidestro?!? Come mai piuttosto che andare in giro a fare un po’ di volontariato tagliando l’erba col falcetto e facendo sport camminando all’indietro, si limita a godere del fatto che gli sia stato permesso di fare il suo lavoro di animatore per due mesi? Lui può imparare a memoria le canzoncine dei cartoni animati e con quelle sfottere il proprio interprete, dileggiando così non solo il potere ma anche l’oppresso, ma non si incuriosisce ad imparare a memoria almeno uno degli innumerevoli canti dedicati al Presidente Eterno di cui l’interprete conosce molte versioni in molte lingue?

pagina 108 – Il solo momento di atmosfera distesa per Guy Delisle

Nell’incontro fra due culture è sempre fondamentale fare ognuno un passo nella direzione dell’altro. Farlo fino in fondo e non semplicemente inchinarsi davanti alla statua del Presidente Eterno Kim IL-Sung e poi disegnare nel suo volume, quel momento con se stesso che si inchina, ma si trattiene dal ridere. Non si inchina forse tutti i giorni sulla scrivania per disegnare le sue vignette? E perché si inchina? Perché le sue vignette gli danno da mangiare! I nordcoreani si inchinano davanti alla statua del Presidente Eterno, perché fino ad oggi non hanno conosciuto altra fonte di sostentamento e sopravvivenza per la propria esistenza e quella dei propri cari, se non appunto il loro amato Presidente Eterno Kim IL-Sung. Speriamo che il volume di Delisle sia fonte di riflessione non solo per i nordcoreani, ma anche per tutti noi, sul capire quali siano i passi che dobbiamo fare per confrontarci col diverso senza ridere di lui, ma ridendo insieme. Da questo punto di vista il lavoro di Guy Delisle resta un’opera eccezionale e un documento anche storico, prezioso, ma sta alla sensibilità di ognuno dei singoli lettori il non lasciarsi incasellare dal personale giudizio quasi totalmente negativo imposto dal diktat satirico, denigratorio, dell’autore.

Guy Delisle (a destra) con uBC a Lucca Comics & Games 2013
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