Ultime cover col botto, sulla serie regolare, per il maestro Ferri, e botte da orbi, letteralmente, tra umani e disumani negli albi 664 e 665 secondo la numerazione Zenith.
Una posse di mostri provenienti dallo spazio, guidata da una ‘vecchia conoscenza criminale’, vuole rifarsi una vita sulla Terra ricca di umani di cui nutrirsi, e al contempo eliminare il nostro avventuroso eroe aquilato che tanti dispiaceri diede alla ‘vecchia conoscenza’ in passato.
Ma c’è un anziano cieco in un capanno nel bosco, che attende il ritorno del figliolo dalla caccia, il cui amore smisurato per l’erede si interpone in modo insolito tra gli abominii piovuti dal cielo e le loro vittime designate.
Una storia i cui due albi di cui è composta appaiono un primo ‘furbo’ e veloce, ed un secondo più robusto e piacevole, sia nei testi che nei disegni.
Zagor è una serie molto ‘classica’, con tempi, ritmi, stili di narrazione e linea grafica molto codificati, una testata storicamente avventurosa e che si fonda stabilmente sull’uso di tratti e tratteggi che inseguano, pur con amabile semplificazione, il poderoso stile delle stampe sette-ottocentesche.
Per tale motivo le tavole di Emanuele Barison appaiono alternare numerose vignette sovente troppo nere, coprenti, che lasciano presagire una realizzazione molto rapida e poco curata, un chiaro-scuro che non suggerisce, ma semplicemente copre, ad altre piacevolmente centrate su personaggi, ambienti e narrazione ove, grazie ad un attento tratteggio, mostri, boschi ed umani prendono forma, sostanza e quindi vita.
Emanuele Barison lo seguiamo e lo apprezziamo sin dai tempi di Lazarus Ledd, e di recente su Diabolik, ove per stile e composizione della tavola ci appare riesca a dare il meglio di sé.
La storia, assai semplice nel suo svolgimento, ha il suo fulcro nel triangolo d’affetti tra il vecchio cieco, l’alieno mutaforma ed empatico, e lo sfortunatissimo figlio del non vedente.
Il resto dei personaggi appaiono semplici comparsate utili a non lasciare da solo un Cico insolito, la cui consueta simpatica ouverture è sostituita da un sinistro e ovviamente goffo tentativo di aggredire con un abbondante gavettone il dormiente Zagor.
L’effetto della scenetta, però, tra testi un po’ asciutti e lo stile noir di Barison, viene ad assumere connotati relativamente grotteschi che non appartengono né alla testata né a Cico, del quale non si ricordano tentativi di aggredire Zagor, né per scherzo né seriamente.
Un fill-in nel suo insieme sufficiente in attesa di Piccatto, dei colori e di Piccinelli.