Comprato anni or sono, infine letto pochi giorni fa, Lo scultore è una di quelle – rare, rarissime – opere che rendono giustizia all’abusatissimo termine “graphic novel”. Abusatissimo e cialtrone, perché sfruttato con snobismo per nobilitare un’arte che non ne ha bisogno – della cialtroneria e dello snobismo. Lo scultore, però, del (buono, ottimo) romanzo, letterariamente inteso, ha davvero molte caratteristiche: la profondità dell’ispirazione; la compattezza stilistica; la costruzione di personaggi dalla psicologia complessa, umanissima, realistica e credibile; una materia narrativa altrettanto complessa e multiforme.
Soprattutto, il respiro di quei (grandi) romanzi che colgono, spiegano, dispiegano, squadernano al lettore il senso e i protagonisti del loro tempo, lo spirito dei loro luoghi. In più, e in qualche modo è il minimo da attendersi da parte di chi seppe mirabilmente dissezionare il linguaggio del fumetto, McCloud trasfonde nel racconto una sapienza narrativa specifica – specifica del medium, cioè – che rende apparentemente facile una lettura che invece, per la densità dei temi, necessita di attenzione e capacità di analisi. Di tempi di lettura lenti e cadenzati, del tempo per riflettere la lettura.
Il discorso che McCloud svolge è sull’arte e sul suo senso; sulla funzione dell’artista nella società, e a prescindere dalla società; sui bassi compromessi e sulla purezza del lavoro artistico; sul dissidio forse inconciliabile tra queste due polarità; sul narcisismo e sull’ambizione dell’artista, e sulla fragilità che gli impongono quanto più egli non sia disposto a derogare a una furiosa, quasi fanatica purezza. Su una città, New York, di cui disseziona l’anima e l’antropologia; e su un mondo – commerciale – dell’arte che descrive con una sorta di distacco apparente che in realtà ribolle di coinvolgimento emotivo.
Ci son volte che leggere ripaga: Stanislaw Lem, che ben poco apprezzava gli autori americani di fantascienza, definì tuttavia Philip Dick “visionario tra i ciarlatani”; tra innumerevoli, sicuramente troppi fumetti da quattro soldi definiti “graphic novel” con pomposa furbizia, Lo scultore è davvero, a proposito, un superbo romanzo grafico.