Dietro le quinte di un Pesce d’aprile

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Ahimè, dobbiamo deludervi… la nostra nuova rubrica Poppe a fumetti era soltanto un Pesce d’aprile, anzi una vera e propria zingarata.

Diversamente, però, da quanto teorizzato in più occasioni nell’indimenticabile saga cinematografica Amici miei, NON sempre il colpo di genio è costituito – oltre che da fantasia, intuizione, decisione, colpo d’occhio – anche da velocità d’esecuzione. Certo, non vogliamo paragonarci a veri e propri maestri del cinema italiano, ma lo spassoso spunto alla base del Pesce d’aprile apparso sul nostro sito sabato scorso è stato sì messo a fuoco in pochi, veloci messaggi concatenati tra loro… ma ciò è successo il 12 gennaio scorso: dopodiché abbiamo programmato un sacco di particolari e seminato indizi per due mesi e mezzo, altro che “velocità d’esecuzione”! Ecco cosa è accaduto dietro le quinte, per cercare di trasmettervi non solo il divertimento che ci ha spinti ad architettare questa zingarata, ma anche qualche considerazione più seria.

Dicevamo, 12 gennaio scorso: partendo dalla copertina “censurata” del Lanciostory n° 1 del 1998, viene elaborata una scherzosa cover per una fantomatica rubrica. Poteva finire tutto lì, con una gran risata condivisa con gli altri redattori: e invece, dopo alcuni scambi salaci – e impubblicabili – nella nostra lista interna, ci è venuta l’idea di imbastirci sopra un Pesce d’aprile, chiedendo a Moreno Burattini se accettasse di reggerci il gioco… cosa che Moreno ha fatto immediatamente, dal toscanaccio che è.
A questo punto, il dado era tratto: e nei due mesi e mezzo successivi, abbiamo “preparato il terreno” anticipando o spostando l’uscita di altre rubriche, decidendo di non preparare altri pesci d’aprile, segnalando l’uscita di questa nuova rubrica in alcuni articoli… e soprattutto decidendo il taglio da dare al pezzo da pubblicare, con un tono serio(so) che non facesse subodorare subito che si trattasse di una burla – anche se, naturalmente, pensavamo che un articolo un po’ “strano” pubblicato il 1° aprile qualche sospetto lo generasse comunque…

E invece, non solo NESSUNO (fino a stamani) ci ha scritto “Maddai, non può essere vero, è un Pesce d’aprile…” ma abbiamo ricevuto proposte di collaborazione (!) per eventuali articoli della rubrica e, soprattutto, il pezzo pubblicato sabato a mezzogiorno è stato letto da quasi 1300 persone nelle prime 36 ore (!!!) – numeri ENORMI per un sito come il nostro.
Un risultato del genere ci ha fatto anche ipotizzare di creare davvero la rubrica: però, lo confessiamo, non ce la sentiamo di imbarcarci in un’avventura del genere, rischiando di tirarci addosso gli strali della censura e/o le crociate di qualche benpensante da tastiera. Un Pesce era e Pesce resterà, quindi… anche se NON chiudiamo la porta a eventuali articoli una tantum che riescano ad analizzare in modo rigoroso certe tematiche “piccanti”, come ad esempio questo che Moreno Burattini aveva dedicato all’indimenticabile Biancaneve di Leone Frollo. A Moreno, inoltre, lasciamo (di nuovo) l’ultima parola, ringraziandolo nuovamente per averci retto il gioco e apportato credibilità alle nostre “Poppe a fumetti”.

QUALCOSA È ANDATO STORTO
di Moreno Burattini

Nel breve testo a mia firma che avete letto per lanciare l’amo nel Pesce d’aprile di uBC, ho accennato a un episodio che mi è capitato dopo aver pubblicato sulla mia pagina Facebook non il resoconto di una mia avventura erotica, non la foto di una pornodiva al lavoro, non una bellezza in topless su una spiaggia, ma la semplice copertina di un romanzo di Georges Simenon (Lettera al mio giudice, tutt’altro che scollacciato) di cui avevo scritto la recensione, come riassumevo in questo mio articolo.

L’andazzo è tale che tra breve non solo non ci meraviglieremo più se, ricevendo in visita a Roma un politico di un paese integralista, dovremo velare le sculture con soggetti nudi esposti nei musei – come è già accaduto – ma se le veleremo tout court anche per i nostri occhi. Le fobie verso il nudo, artistico e no, sono sempre più diffuse (è recente la notizia della censura, in non so quale scuola della Florida, contro il David di Michelangelo) e sono sorrette da un malinteso, ma ormai imperante, senso della political correctness che porta a far sì che – in un sempre crescente numero di occasioni – ci si debba tappare la bocca da soli per non correre il rischio di offendere la sensibilità di qualcuno, per cui le idiosincrasie di alcuni sono ritenute motivo sufficiente per tarpare le ali a molti altri. Secondo me, si esagera, ma essendo un bravo ometto mi adeguo all’andazzo: non sia mai che senza volere mi capiti di ferire il prossimo. Come autore satirico (collaboro con Il vernacoliere di Livorno da molti anni) ero convinto fino a ieri che si potesse scherzare su tutto (accettando di buon grado di venire contraccambiato da chi volesse ridere di me), mentre oggi mi rendo conto che non è più così. Persino Rowan Atkinson ha smesso di fare Mister Bean per questo motivo, dichiarando “Sembra di essere nel Medioevo” come ricordavo in questo altro mio articolo intitolato Dio benedica i clown.

Nel mio breve pezzo introduttivo del primo aprile, che fungeva da esca appesa alla lenza, ho esordito citando i versi di due poeti di lingua spagnola. Chiuderò citando versi miei, anzi, Versacci: è un epigramma intitolato “Qualcosa è andato storto”.

Pensare che c’è stato il Sessantotto
e nei Settanta ci si è ribellati
al perbenismo ottuso più bigotto
fino a sentirci tutti liberati,
per ritrovarci oggi a censurare
praticamente tutto, a ben guardare.

La Redazione

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