Akane Banashi è puro carisma

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Cover primo volume

Una volta, parlando con amici dell’incredibile virulenza del manga, della sua apparentemente inarrestabile onnipresenza che sembra condannare ogni altra scuola ad una marginalità di nicchie coltivate da poche assidue vestali (enfasi su “sembra”: nessun prodotto culturale nella storia dell’umanità ha mai raggiunto l’unanimità di consenso), siamo arrivati rapidamente alla più banale delle conclusioni: il manga mette in racconto QUALSIASI cosa perché se lo può permettere.

Con un mercato potenziale che si calcola non nelle decine di migliaia, come negli USA, non nelle centinaia di migliaia, come nei paesi più istruiti (tra cui, incredibilmente, noi), ma nelle DECINE DI MILIONI, il manga può davvero permettersi qualsiasi cosa: vuoi fare un manga romantico su una coppia di studenti? Pff, banale, facciamolo su un impiegato che telelavora causa COVID e inizia a chiacchierare con la sua vicina!
Piace il manga sportivo? Certo! Ma lasciamo perdere calcio, basket, baseball, pallavolo, ciclismo che hanno un po’ stufato, parliamo di LACROSSE!
Ancora meglio: prendiamo il modello spokon (commedia o dramma sportivo) ed applichiamolo ad un liceo assurdo in cui ogni cosa è decisa dal gioco d’azzardo (ricorda qualcosa?).

Oppure questo stesso canovaccio che prevede che un talento naturale alla ricerca di una rivalsa si faccia strada a colpi di pura determinazione in un mondo rigidamente gerarchizzato applichiamolo ad una forma di spettacolo popolare nata nella seconda metà del diciassettesimo secolo e sopravvissuta nel Giappone della Realtà Virtuale, delle Idol e delle Intelligenze Artificiali!

Dedichiamo un manga a quello che pare essere la versione giapponese delle giullarate e dei monologhi da saltimbanco nobilitati in Europa dal genio di Dario Fo.
Come può non diventare un successo da centinaia di migliaia di copie raccomandato tanto dal campione indiscusso di vendite Eichiro “One Piece” Oda quanto dal regista Hideaki Anno?

Materiale da manga!

Ed infatti, Akane Banashi (lett.: Le chiacchiere di Akane), un successo da centinaia di migliaia di copie lo è diventato ed ora è pubblicato in Italia da J-Pop.

Il momento della caduta

La storia è semplice, persino banale: la giovane Akane Osaki è cresciuta guardando suo padre Tohru praticare per diventare un Rakugoka di primo livello e lo ha seguito fino al momento dell’esame di abilitazione che, da momento di passaggio, si è trasformato in vicolo cieco quando il mefistofelico caposcuola Issho Arakawa ha in un solo colpo espulso tutti i diplomandi di quell’anno.
Da quel giorno il padre ha abbandonato la carriera su cui aveva investito tanto, sostenuto dalla moglie professionista di successo, diventando senza troppe tragedie un normale salaryman mentre Akane ha deciso che a tutti i costi sarebbe arrivata laddove il padre non era riuscito: da dilettante sarebbe diventata zenza (apprendista), futatsume (praticante) ed infine shin’uchi (professionista e maestro) della stessa scuola Arakawa.
E l’investitura l’avrebbe avuta dalle mani stesse di Issho Arakawa.

Semplice, come dicevo, persino banale: la classica storia di rivalsa in cui i figli vendicano i torti che i padri hanno sofferto dai nonni ma, anche, li superano e surclassano.
Il Giappone tradizionalista è, paradossalmente, straripante di queste narrazioni: le generazioni che precedono sanno da secoli di essere continuamente sottoposte al giudizio dei successori e continuamente devono imporre la loro autorevolezza o la loro autorità.
Quando non ci riescono non è raro che la cosa finisca in maniera cruenta (un esempio abbastanza eclatante lo si ebbe, ad esempio, quando agli albori del nazionalismo che avrebbe portato il Giappone nell’Asse, giovani cadetti assassinarono alcuni generali, ritenendoli colpevoli di immobilismo).

Un bel peperino

Ovviamente il percorso di Akane è incruento, ma la sua bellicosità è tutt’altro che celata. Dicendola tutta, Akane è un bel peperino: permalosa, sarcastica, sicura di sè fino all’immodestia, certamente ha lo spirito giusto per sfondare e, letteralmente, trasuda carisma.

A renderla tale sono l’ottima scrittura di Yuki Suenaga ed i disegni di Takamasa Moue. Il primo crea situazioni e dialoghi che permettono al suo carattere di emergere e confrontarsi con un mondo complesso, il secondo le dona un volto dai tratti vagamente volpini (non a caso dalla sua folta capigliatura bruna emerge un ciuffetto screziato) che muta al mutare dei personaggi che interpreta: una vera Kitsune-gao (faccia da volpe) che richiama le leggendarie mutaforme dedite ad interpretare un ruolo per chissà quale fine recondito, laddove i maschi Tanuki (procioni) lo facevano solo per celia.

L’altro punto forte di questo racconto – che lo accomuna ad un altro dei miei manga favoriti del momento: Oshi no Ko e la sua narrazione dello showbiz nipponico – è la chiarezza con cui viene narrato il mondo del Rakugo.
Non sono stati infatti infrequenti i manga pubblicati in Italia dedicati all’intrattenimento giapponese, ma l’impressione spesso era che ne dessero alcuni aspetti (ad esempio i diversi accenti regionali o alcune influenze tradizionali) come scontati per il pubblico di riferimento, con il risultato che per il pubblico italiano era impossibile capire come mai la tale o talaltra azione destasse tanto effetto.

Akane Banashi, forse per il fatto che il Rakugo pur avendo centinaia di migliaia di spettatori potenziali resta uno spettacolo di nicchia nel grande quadro di riferimento di una nazione di 112 miliardi di abitanti, non dà per scontata alcuna conoscenza ma anzi la rende fulcro dei vari archi narrativi.

Akane scalda il pubblico

Mentre seguiamo le trasformazioni e l’ascesa della protagonista, apprendiamo di più su quest’arte popolare fatta su misura per gli spazi angusti di sale da the e teatrini (Yose) frequentati da salariati e pensionati. Anonime stanze dalle decorazioni essenziali che un singolo interprete seduto compostamente in posizione seiza (la tradizionale postura inginocchiata dei giapponesi), con il solo aiuto di un ventaglio trasformato all’occorrenza in bastone, pipa, mestolo, liuto o pennello e delle variazioni della sua voce, mutava in un palcoscenico animato da due, tre, cinque, sei ed anche più personaggi di diverso sesso ed età.
Ci godiamo le tecniche per catturare l’attenzione degli spettatori all’apertura e poi tenerla inchiodata con puro mestiere fino all’inchino finale che ottiene un plauso a volte contenuto, a volte sbracato.
Il paragone con lo spokon ritorna, in quanto ci troviamo in una situazione analoga a quando in un manga dedicato al baseball studentesco seguiamo il nostro protagonista alla scoperta della tecnica ideale per lanciare una palla curva e con lui comprendiamo le insidie di questa tecnica e, magari, la sua storia e quella dello sport.

Questa doppia anima di manga rakugo e manga sportivo fa sì che la costruzione di tavola passi da inquadrature sobrie e quasi dimesse, come gli yose dove si recita, a tavole frammentate e su più livelli. Da inquadrature medie, quasi televisive in un attimo si passa a campi estremi e asimmetrici mirati a farci immedesimare con l’immaginazione degli astanti ed il loro punto di vista di spettatori posizionati magari obliquamente rispetto al palco.

Esplosiva

Tirando con molta difficoltà le somme: c’è carisma in Akane Banashi, c’è passione, dedizione ed un ottimo senso sia del dramma che dell’umorismo.
Consigliato senza secondi pensieri.

Luca Cerutti

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