L’attesa e le aspettative per questa storia doppia erano alte, un po’ per la passione che Claudio Falco è solito mettere nelle sue storie ma, soprattutto, per la presenza di Michele Cropera ai pennelli.
Se Cropera è infatti, da quasi vent’anni, una delle matite più apprezzate sulle pagine di Dampyr, Claudio Falco è riuscito – con pazienza e passione, albo dopo albo – a ritagliarsi una sua personale cifra stilistica affermandosi come uno degli autori più interessanti di Dampyr.
Purtroppo, ad oggi, raramente le trame imbastite da Falco hanno avuto modo di impattare come avrebbero meritato sulla continuity dampyriana: eppure, nonostante i suoi lavori rimangano quasi esclusivamente confinati ai singoli albi, il pathos e l’attenzione ai personaggi che l’autore profonde nei suoi lavori ha permesso ai lettori di godere sempre di buone storie.
Avviso ai lettori: proseguendo la lettura troverete alcuni spoiler… vi consigliamo quindi di continuare la lettura di questa recensione dopo aver letto gli albi.
Cacciatori e prede
In questa doppia avventura, Falco decide di cimentarsi con il multiverso dampyriano. Argomento ostico e complesso, croce e delizia di Harlan e Co. sin dal Dampyr n.86 “La casa sull’orlo del Mondo”.
Per farlo, l’autore decide di riprendere gli eventi narrati nel buon Dampyr n.187 “Dartmoor”, di chiamare in aiuto il caro Simon Fane e di rispolverare la consueta casa fluttuante di usheriana memoria. Prima di avventurarsi fra i più disparati mondi, però, l’autore porta Harlan e Kurjak a indagare sulle fredde coste del Dorset imbastendo un primo albo caratterizzato da una narrazione tanto suggestiva quanto affascinante.
Infatti, in questa prima parte (nonostante alcune sbavature sui dialoghi che talvolta peccano quasi di ingenuità), lo scorrere della vicenda è fortemente immersivo e coinvolgente.
Tra la bruma del Dorset, omicidi efferati, vendetta e paesini isolati con atavici segreti generazionali, l’impressione è che l’autore punti più a smuovere l’emotività del lettore giocando con i topoi classici delle detective story che per ricercare una costruzione giallistica vera e propria.
Così, nonostante l’estrema prevedibilità del plot, ne viene fuori un’avventura altamente godibile, narrata con tempi perfetti e disegnata in maniera impeccabile che omaggia e rielabora (ma poco) i classici gialli investigativi con ambientazione sovrannaturale a metà tra Robert E. Howard e Nic Pizzolatto, senza ignorare il classico Stephen King.
Come da prassi per Falco, la gestione dei personaggi è ottima, la competenza in materia anche e, di conseguenza, lo svelamento del mistero – con l’ingresso in scena dei cacciatori Lllsrryieh, Sssfwwwyieh e Fwwwyieh – funziona bene. Archiviata l’indagine, quindi, l’avventura nel multiverso può finalmente iniziare.
Gli estranei
Dopo il “colpo di scena” del precedente albo, ecco che i nostri eroi finiscono per smarrirsi, ancora una volta, nel multiverso.
Nonostante la particolare costruzione del primo albo, l’autore sceglie una netta e decisa inversione di rotta: le due storie sembrano infatti completamente slegate tra loro, quasi la prima avventura fosse un semplice pretesto (ben fatto) per lanciare i nostri eroi nella “Città”, la casuale meta in cui Harlan e Kurjak si smarriscono.
Cambiano le atmosfere, cambia il ritmo e cambiano soprattuto i riferimenti e le tematiche.
L’avventura ripercorre quanto già visto e accaduto innumerevoli volte sulle pagine di Dampyr, dalla Dimensione Nera in poi, configurando un’avventura in stile Edgar Rice Burroughs che nulla aggiunge alla testata, pur funzionando bene in termini di pathos e leggibilità.
Tutto scorre alla perfezione, tutto è già visto, letto e vissuto, ma tutto è comunque sempre scritto bene e, soprattutto, è rassicurante nella sua prevedibilità da fantascienza degli anni Settanta. Un’avventura semplice, godibile e interessante, che cattura il lettore confortandolo con i manierismi tipici del genere fino all’edificante happy ending.
Tra detective e multiverso
In conclusione, se nella prima parte le atmosfere, i riferimenti letterari e l’indagine avevano fortemente colpito per intensità, la conclusione della vicenda – per il suo riferimento alla sci-fi più classica e per una tendenza a infilarsi in un filone troppo canonico e già visto – strania non poco il lettore, che comunque può godere di una rassicurante avventura d’antan perfettamente messa in piedi dal duo Falco / Cropera.
Se quindi, alla fine della storia, non si storce il naso delusi è sia per la passione dell’autore che riesce, nonostante alcune facilonerie, a costruire una storia intensa nella prima parte e rassicurante e godibile nella seconda, sia per il talento dell’artista che si esalta in ogni tavola, in ogni personaggio e in ogni paesaggio.
Un buon divertissement quindi che, come troppo spesso accade, poco aggiunge al personaggio ma che si lascia leggere con molto piacere.
Nota a margine per l’ottima cover di Enera Riboldi. Se per “Cacciatori e prede” si cimenta nella solita posa dei nostri eroi con scogliera e faro già vista decine di volte, per “Gli estranei” realizza una surreale ed efficace composizione che, finalmente, cattura il lettore con interesse e curiosità.