I Kill Giants: The Movie

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Quando ho visto questo film su Netflix, non sapevo fosse tratto dal fumetto ad opera dello sceneggiatore Joe Kelly (celebre per il suo lavoro di scrittura delle storie di Deadpool pubblicate dal 1997 a 1999, per la Marvel Comics, che da stereotipo violento ed action ne ha ridefinito la personalità con un profilo comico e parodistico) e per la parte disegni, col supporto del disegnatore J. M. Ken Niimura.

Non aspettatevi dal film effetti speciali fantasmagorici alla Harry Potter, anche se la locandina riporta in testa che il produttore del film è lo stesso di Harry Potter (Chris Columbus e Mark Radcliffe fra gli altri … noto ora che ve lo scrivo che uno dei produttori ha lo stesso cognome di Daniel Radcliffe, l’attore che ha interpretato il maghetto Harry – il padre era comunque l’attore Alan George Radcliffe il cui nome è accreditato ad un solo ed unico film: “The Lonely Passion” del 1987 – per l’intera Saga Cinematografica basata sul ciclo di romanzi ideato dalla Rowling…. è proprio vero che la mela non cade mai troppo lontana dall’albero).

Come ho detto niente di particolarmente innovativo per gli effetti speciali, ma sicuramente un film (e quindi fumetto) importante per il messaggio sociologico ed emotivo.
La protagonista è Barbara Thorson (interpretata dall’attrice Madison Wolfe), una ragazzina molto introversa, vittima di bullismo a scuola (ad opera di una certa Taylor – interpretata dall’attrice Rory Jackson – spalleggiata da due sue amiche della stessa risma che le fanno da guardie del corpo) e la cui dinamica famigliare è la seguente: ha un fratello maggiore e mezzano (Dave interpretato dall’attore Art Parkinson) che gioca compulsivamente alla playstation e la sorella maggiore (Karen interpretata dall’attrice Imogen Poots) di entrambi che lavora tutto il giorno e la sera li accudisce in casa preparando loro i pasti.
Barbara nasconde un segreto: la notte, nei boschi, posiziona delle trappole per attirare e poi uccidere i … “giganti”.
Inoltre con una sua arte magica che ha personalmente ideato, inventa ed erige delle barriere protettive con cui argina la propria casa e la scuola per difendere tutti coloro che sono dentro questa barriera invalicabile, dal rischio di essere travolti ed uccisi dai giganti, di cui il più temibile fra tutti e il Titano.

Il Titano tiene fra le sue grinfie la piccola guerriera, Barbara: un nome, un destino

Mi trovo a questo punto costretto a fare un grosso SPOILER sul film e sul fumetto, proseguite quindi ben avvisi di ciò.

Quelle di Barbara sono tutte fantasie (ma il film insinua un sottile … “o forse no?“) prodotte dalla sua mente che nonostante la giovane età (è raro che accada in così giovane età) ha sviluppato una complessissima allucinazione prodotta da un chiaro disturbo psicotico.
Proprio per questo sarà fondamentale per Barbara il sostegno della Signora Mollé, la psicologa scolastica, interpretata dalla nota attrice Zoe Saldana (Gamora nei Guardiani della Galassia e negli Avengers, Nyota Uhura nello Star Trek di J.J. Abrams, Neytiri in Avatar).
Ma c’è un “ma”. Nel corso della vicenda scopriremo che tali allucinazioni non sono del tutto “inutili”. Si può infatti notare dalla dinamica della complessità delle fantasie di Barbara, che lei ha in realtà creato una sua architettura della realtà che la circonda che ha come scopo quello di poter rispondere a quelle domande esistenziali non dissimili da quelle di cui viene data risposta dalle religioni e a cui la scienza non può rispondere.
Quelle di Barbara non si possono quindi inscrivere semplicemente nella categoria di “prodotto di una mente malata”, ma sono la sola risposta razionale, sono un delirio inteso come giudizio incrollabile, che non può essere accettato dalle persone della stessa classe, educazione, razza ed età della persona che, come Barbara fortemente lo sostiene. Il DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – che alla data del 2013 è appunto giunto alla sua quinta edizione) descrive i deliri come un disturbo dell’attenzione (ridotta capacità di dirigere, focalizzare, sostenere e spostare l’attenzione) e della consapevolezza (ridotto orientamento nell’ambiente), che si sviluppa in un breve periodo di tempo (solitamente ore o giorni).

Taylor e le sue guardaspalle bullizzano Barbara che, essendo guerriera, non esita a contrastare non con la forza fisica, ma con la sagacia intellettuale e un’incredibile autoironia

Tale disturbo dell’attenzione porta il soggetto ad avere attraverso i 5 sensi non una percezione di ciò che c’è intorno a lui, ma proietta fuori da se ciò che la sua mente gli fa vedere e percepire, ma perchè questo avvenga, deve anche esserci associato almeno un altro deficit cognitivo. Per esempio disturbo delle memoria (ci sono cose che non vuole ricordare perchè correlate al suo trauma), orientamento (il soggetto gesticola e parla con qualcuno che vede solo lui e non vede e sente ciò che in realtà c’è), linguaggio (può inventare conversazioni su argomenti di cui solo lui ha la padronanza e che non vengono compresi dagli altri), abilità visuo-spaziali (vede cose e persone, che gli altri non vedono, in modo persistente e in stato di veglia, con una gravità che può fluttuare nel corso del giorno e diversificarsi da giorno a giorno), percezione (tutto ciò di reale che percepisce, viene ricollocato all’interno della sua cosmogonia interiore e riletto in chiave personale).
Ora attenzione, la psicanalisi è a conoscenza delle esperienze vissute in ambito religioso da parte dei santi e dei mistici. Non a caso nell’epoca contemporanea, sostenitori della corrente del neodarwinismo nonché del nuovo ateismo, quali il noto biologo, divulgatore scientifico e saggista Clinton Richard Dawkins, ritengono che tali esperienze spirituali, siano in realtà da inscrivere ed essere bollate appunto come il risultato di un processo mentale patologico che per mezzo del sistema di educazione religiosa e della pratica del proselitismo, viene trasmesso e reso contagioso su vasti numeri di individui che quindi ne restano affetti in modo deleterio.
Ma senza arrivare a opinioni così radicali come quelle di Dawkins, è un fatto che lo psicologo sa che “il delirio mistico è quello in cui il soggetto sperimenta un particolare, esclusivo e intimo rapporto con la divinità e in qualche modo ne entra a far parte” (Lorenzini e Coratti 2008).
Al cospetto di questo tipo di eventi esperienziali, potrebbe essere a volte difficile riconoscere il confine tra una allucinazione vera e propria ed invece una manifestazione di profonda fede religiosa. Di fatto, lo stesso DSM 5 (2013) sottolinea la necessità di contestualizzare tali episodi allucinatori col contesto sociale in cui il soggetto che ne fa esperienza, vive, per poter distinguere i sintomi psicotici da normali modalità di risposte sancite dalla cultura di riferimento.
Per esempio, in alcune cerimonie religiose, senza essere dei santi o dei mistici, un individuo perfettamente sano e senza essere stato ferito interiormente da una qualche forma di trauma, può riferire di sentire delle voci, ma queste in genere non persistono e non sono neppure percepite come anormali dalla maggior parte dei membri della comunità di appartenenza.

In qualche modo Joe Kelly ha rappresentato la psicologia di Barbara tenendo conto di questo contesto. Lei non ha subìto altro trauma se non avere la madre in pericolo di vita a causa di quella che potremmo definire una tragica ma normale vicissitudine umana correlata alla malattia terminale.
La scienza medica non può fare nulla per interrompere questo processo ma la mente di Barbara si rifiuta di rispondere a questo evento con una pura e semplice accettazione di un fatto ineluttabile. Si rifiuta di accettare che la battaglia venga combattuta in un area fuori dalla propria portata d’azione e in mano solo a medici, terapie e farmaci.
Quindi la mente di Barbara, una sorta di genio nel suo piccolo, comincia ad elaborare una complessa mitologia in cui il male che compromette l’esistenza della madre si identifica in una razza di Giganti che si muove fra di noi, e quindi lei ha modo di preparare esche per attirarli ed escogitare trappole per colpirli ed ucciderli.
Lei i Giganti li vede veramente quindi: li vede mimetizzati fra gli alberi, nella spazzatura, nel volo degli uccelli, nell’incresparsi delle onde del mare, nelle zone d’ombra fuori dal proprio campo visivo. Se si alza il vento, lei lo associa alla loro presenza. Se trova un cervo morto (presumibilmente investito da un’auto, cosa molto frequente in certe aree dell’America in cui gli insediamenti urbani sono adiecenti alle zone boschive ricche della loro fauna), per lei è la spiegazione con cui giustifica che le sue esche non hanno funzionato per attirare il Gigante perchè il Gigante è stato distratto da una preda più succulenta e di questo lei ne è certa perché riconosce nelle ferite del cervo i segni di un pasto parziale consumato dal Gigante.
Non è più quindi impotente, ma ha un lavoro da fare: “uccidere i Giganti“. Barbara si è investita pertanto della missione di “uccidere la Morte“.  Questo suo “ministero“, quello di uccisore di Giganti per la salvezza di tutti (Barbara crea, come dicevamo, barriere protettive non solo intorno alla sua casa, ma anche intorno alla scuola per proteggere tutti gli studenti che la frequentano) diventa però il suo pretesto “mistico” per distanziarsi dalle stesse relazioni amicali che vuole proteggere, anche se ad un certo punto in questo vuoto di relazioni entra a far parte una ragazzina inglese di nome Sophia (nome che dal greco vuol dire “conoscenza“) che si è da poco trasferita in quella cittadina ed è disposta, desiderando l’amicizia di Barbara, ad ascoltare ed essere resa partecipe dell’architettura visionaria della sua nuova amica, riuscendo a scoprire cosa ha generato tali visioni e quindi indirizzare la psicologa Signora Mollé, verso la soluzione del mistero.

Sophia ha accesso al santuario di Barbara che ripone fiducia in lei e così le viene rivelato da Barbara, il lavoro che la impegna per la salvezza di tutti, Sophia compresa

Il delirio di Barbara, col suo ultimo saluto al Titano che ha sconfitto nel corso di un “reale” uragano che si è abbattuto sulla cittadina e che in quel luogo non si verificava da decenni, si rivelerà essere stata la migliore soluzione che la sua mente è riuscita a trovare per dare un senso al tema doloroso che la affliggeva in relazione al destino della madre.
Un modo tutto suo, ma non per questo meno normale del modo escogitato dal fratello che sotterrava il proprio dolore giocando ossessivamente alla playstation con gli amici (uno di quei giochi sparatutto dove si impugnano dei fucili e si eliminano dei target dentro un dungeon).
Di fatto, anche la psicanalisi, per comprendere il funzionamento del paziente delirante deve porsi la classica domanda che per i cognitivisti rappresenta la guida della terapia: “a cosa le serve?”.
Il contenuto stesso dei deliri di Barbara non erano casuali, ma sempre coerenti con lo scopo di alleviare quel dolore che la lacerava interiormente e che opprimeva tutta la sua famiglia che lei voleva proteggere attirando con le trappole nei boschi, ed uccidendo, i Giganti, con la sua arma invincibile: il Sacro Maglio di Coveleski.

Barbara colpisce vittoriosamente il Titano col suo Sacro Maglio di Coveleski

Joe Kelly ha vinto il Premio Gran Guinigi per la migliore sceneggiatura nell’edizione del 2011 di Lucca Comics & Games per il suo “I Kill Giants“. Il fumetto è stato inserito dalla rivista New York, nella lista dei 10 migliori fumetti prodotti nel 2009.

Il film prodotto da Stati Uniti d’America, Regno Unito, Cina, Belgio, ho ottenuto come riconoscimenti la candidatura a miglior film fantastico europeo al festival di Neuchâtel e la nomina a miglior attrice non protagonista a Zoe Saldana al Film Club’s The Lost Weekend.

Postfazione: Dedico questa recensione all’amica Vilma, che dopo una lunga malattia ci ha lasciato nel febbraio del 2018, e ai suoi due fantastici figli che hanno lottato fino alla fine, ognuno a modo proprio, con i Giganti.

Per chi lo desidera può leggere la recensione di Luca Cerutti scritta 10 anni fa dopo la sua lettura del fumetto “I Kill Giants”. Recensione di cui ammetto non ricordavo e che fu pubblicata sullo storico form del nostro sito, precedente all’attuale Magazine.

Barbara e Sophia in una trasposizione fumettistica realizzata da Barbara stessa che non solo ha una fervida fantasia, ma ne sa anche trasferire le proprie visioni mettendo il tutto inchiostro su carta
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