Parlare dell’opera integrale di Rork (2 volumi editi da Magic Press) significa esaminare un personaggio le cui vicende hanno richiesto 20 anni, al suo autore, per poter essere raccontate. Leggere in un’unica soluzione tutto questo lavoro, oltre ad essere impegnativo, risulta anche particolarmente stimolante. Questo tipo di lettura concentrata permette di apprezzare evoluzioni in corso d’opera altrimenti impercettibili attraverso le diluite uscite periodiche.
Andreas Mertens è un fumettista di origine tedesca, paese dalla modesta tradizione fumettistica, il quale sarà, fin dai suoi esordi, adottato artisticamente dal mercato Franco/Belga, ed è proprio a questa scuola che va ricondotto.
Rork viene scritto tra il 1978 e il 1993, periodo assolutamente d’oro per il fumetto tutto e quello francese in particolare. Sono gli anni de “Les Humanoïdes Associés” e della loro storica rivista Metal Hurlant, parliamo di artisti del calibro di Druillet o Moebius solo per citarne i più noti.
Il protagonista è una sorta di investigatore del soprannaturale dotato di alcune capacità non sempre ben definite. Nel corso delle sue avventure (sospese sempre tra la fantascienza e il fantastico) gli si affiancheranno numerosi comprimari che lo aiuteranno nella sua sfida più grande, ritrovare sé stesso.
L’opera è composta da sette capitoli: Frammenti, Passaggi, Il cimitero delle cattedrali, Luce di stella, Capricorno, La Discesa, Ritorno. Vista la travagliata vita editoriale l’opera può essere suddivisa in due distinte fasi: la prima composta dai primi due capitoli e la seconda composta dagli ultimi successivi cinque.
Questa edizione integrale comprende anche Fantasmi, capitolo scritto circa dieci anni dopo l’ultimo; una sorta di prologo a mio parere trascurabile e che mi trova in disaccordo sulla sua collazione, almeno da un punto di vista filologico. Non verrà quindi preso in alcuna considerazione in questo articolo.
Il primo capitolo Frammenti è formato da sei storie, all’interno delle quali è possibile rintracciare un primo percorso evolutivo che l’autore opera sul personaggio. La lettura dei primi episodi ci mostra un universo narrativo ancora in divenire. Ogni storia aggiunge o elimina elementi stilistici e narrativi alla ricerca di una propria quadratura, un senso più compiuto. Le prime quattro storie sono proposte in forma autonoma, scollegate tra loro. Solo successivamente e per esplicita richiesta dell’editore verrà introdotta nel fumetto una trama verticale.
Il vero snodo narrativo avviene nel racconto Frammenti il quale, non a caso, darà il nome all’intero volume e i cui accadimenti risuoneranno per tutta la saga. Per la prima volta la vicenda narrata sarà in relazione con la precedente e in stretta continuità con la successiva, la quale chiuderà poi il capitolo. Frammenti e il successivo Il ritorno della macchia aumentano sensibilmente la complessità del racconto. Rork per la prima volta si troverà ad affrontare dei nemici e per la prima volta la sua vita sarà in reale pericolo, l’elemento drammatico andrà ad assumere quindi un carattere predominante fino allo splendido colpo di scena delle ultime pagine. Andreas cerca qui di delineare meglio l’universo Rork, evita l’introduzione di ulteriori personaggi sforzandosi verso una migliore caratterizzazione di quelli già presenti.
Fin da questo primo capitolo sono evidenti alcuni elementi del fumetto i quali riflettono, in qualche maniera, il vissuto di Andreas. Questa componente biografica sarà una sorta di cifra stilistica presente in tutto Rork.
Le storie, Frammenti e Il ritorno della macchia, oltre ad una complessità narrativa nuova, mostrano anche una complessità grafica nuova. Andreas inizia ora ad adottare soluzioni grafiche meno usuali, più complesse. Un utilizzo, se vogliamo, “più cosciente” del linguaggio del fumetto che sarà poi presente anche in tutti i capitoli successivi.
Passaggi, secondo capitolo della serie, costituisce la vera maturazione del personaggio. Troviamo un Andreas con le idee particolarmente chiare. È questo probabilmente il capitolo più solido dell’intera raccolta, solidità questa in grado di consentire una lettura più scorrevole e lineare ma che cede il passo ad una certa banalità di fondo. Rork viene rappresentato più classicamente come un eroe e in quanto tale la narrazione indugia su qualche cliché. Abbiamo la genesi dell’eroe (siamo dalle parti di Smallville in qualche misura), abbiamo il maestro, l’acquisizione dei poteri, la presa di coscienza e l’immancabile super cattivo Pharass, qui ancora piatto e macchiettistico. Con uno sforzo non indifferente e qualche salto mortale, Andreas consolida il suo universo narrativo collegando agli eventi anche, i primissimi racconti, rimasti fino a questo punto avulsi dal quadro generale. Due i concetti nuovi che si riveleranno poi centrali: l’introduzione di quello che viene chiamato multiverso (più o meno) e la possibilità di attraversarlo, di effettuare passaggi, appunto, dimensionali. La storia soffre un po’ ma sceneggiatura e disegni regalano una vera e propria meraviglia per gli occhi. I colori si fanno pieni, le prospettive più ardite e non mancano soluzioni grafiche spettacolari.
Rork è, e sarà, un personaggio piuttosto algido per tutta la saga, questo non limita di certo Andreas nelle mimiche facciali, in particolar modo quelle del protagonista che, qui come non mai, viene mostrato sofferente e agonizzante.
Passaggi, un po’ come il primo capitolo, si conclude con un colpo di scena sospeso. È chiaro come Andreas avesse già ideato e probabilmente già progettato un seguito per le avventure del nostro eroe crinuto.
È proprio dopo Passaggi però che editorialmente Rork subisce una battuta d’arresto, le vendite non sono soddisfacenti e Andreas è costretto a dedicarsi ad altri progetti.
Il terzo capitolo vede la luce cinque anni dopo lo stop del personaggio, finalmente ad Andreas viene offerta l’occasione (grazie al ritrovato interesse del pubblico verso il suo personaggio) di concludere la saga del suo eroe. Inizia la seconda vita di Rork e molto cambia.
Questa seconda reincarnazione gode di un respiro maggiore, l’autore tedesco stabilisce a priori il numero dei capitoli necessari per la conclusione della saga e architetta una trama complessa, mai banale, ricca di colpi di scena e più profonda di quanto non fosse stato in precedenza. Si nota un’uniformità di disegno, di impostazione, di intenzioni, soprattutto rispetto a quanto visto nel primo periodo in cui era tutto un po’ più schizofrenico. Il Cimitero delle cattedrali si apre con un Rork vecchio e stanco, confuso sulla sua natura e sulla sua identità; è evidente, anche in questo caso, l’immancabile componente biografica. Il personaggio si fa specchio del suo autore, specchio della sua parabola professionale ed editoriale.
Fin dalle prime pagine si avverte come il tono del racconto sia mutato, di come la componente narrativa abbia preso il sopravvento, di come ora la massima priorità sia data al raccontare. Assistiamo ad una stabilizzazione grafica che renderà gli ultimi cinque capitoli molto più omogenei. Anche la sceneggiatura, pur mantenendo un continuo approccio sperimentale, manterrà constante l’attenzione verso la massima leggibilità, relegando gli sperimentalismi ai momenti più fortemente psicologici.
In Luce di stella torna la bella Low Valley (fondamentale fin da Frammenti), anche lei invecchiata, anche lei segnata dal tempo, anche lei come Rork sembra aver somatizzato le vicende editoriali. Si inizia a scorgere la natura di questo nuovo secondo corso; un universo narrativo molto più complesso e allo stesso tempo più coeso e razionale. Andreas presenta, per ogni capitolo, delle storie molto più centrate, non di certo autonome (la trama verticale rimane sempre prioritaria) ma sicuramente solide e ben scritte.
Già da questi due capitoli si evince quanto il personaggio di Rork sia mutato. Se in Passaggi l’interesse di Andreas sembrava rivolto verso la costruzione di un eroe vagamente classicheggiante, in questa seconda fase viene ripudiato questo approccio in favore di un Rork molto più passivo, più spettatore. Non più un generatore di eventi quanto un catalizzatore di eventi. Un mezzo attraverso il quale le storie di altri giungono a compimento.
Dopo, Il Cimitero delle Cattedrali e Luce di Stella, i quali fungono da apripista al nuovo corso, si entra nel vivo dell’opera, gli ultimi tre capitoli rappresentano, ognuno con le sue peculiarità, l’apice artistico della serie.
Il sesto capitolo introduce per la prima volta una componente, se non comica, giocosa, fino a questo momento totalmente sconosciuta, lo fa grazie ai siparietti tra gli assistenti di Capricorno, nuovo
personaggio della serie, dal quale il capitolo prende il nome. Grazie a questa nuova introduzione Andreas riscopre il piacere dell’avventura di stampo classico, quella dei Feuilleton per intenderci (il meta racconto presentato tra le pagine del fumetto ne è un chiaro tributo). La fascinazione per questo nuovo mondo sarà talmente grande da indurre l’autore ad inaugurare una nuova serie omonima su Capricorno (serie in corso di pubblicazione in Francia e inedita in Italia).
In questi ultimi tre capitoli Andreas ripropone narrativamente quanto già sperimentato in Passaggi: il ricongiungimento forzato delle trame di tutti i personaggi incontrati fin dalla primissima storia. Si nota la necessità da parte dell’autore tedesco di “far quadrare i conti”. Sembra quasi Andreas soffra della natura frammentaria di Rork sentendo il dovere, nei confronti del lettore, di razionalità, di continuità.
Quinto e Settimo capitolo condividono una narrazione similare. Rappresentano, l’uno la continuazione naturale dell’altro sia narrativamente che visivamente. Questo andamento lineare è spezzato dal folgorante sesto capitolo: La Discesa, probabilmente uno dei più interessanti dell’intera saga. Rork sarà qui costretto ad affrontare un viaggio, anche, metaforicamente interiore grazie al quale riuscirà a ritrovare sé stesso. Un capitolo così profondamente psicologico permette ad Andreas di svincolarsi da una narrazione lineare per abbracciarne una, sicuramente meno diretta e intuitiva ma, di maggiore complessità. Il fumettista può finalmente dare libero sfogo alla sua creatività mettendo in atto soluzioni grafiche elaborate, su alcune delle quali cercherò di soffermarmi nella seconda parte di questo articolo.
Mi limiterò per il momento a segnalare le prime pagine ambientate tra la neve. Sembra che i fumettisti subiscano tutti il fascino di questa soffice precipitazione; probabilmente il suo colore neutro ricordo loro la magia dello spazio bianco: il nulla fumettistico all’interno del quale tutto accade. Andreas non si lascia sfuggire l’occasione e regala alcune tavole incredibili, giocando con il candore della neve, scontornando le vignette e facendo muovere i suoi personaggi in quel limbo immacolato solitamente molto rispettato dall’autore.
Ritorno ci riporta su binari ben più solidi e consolidati. Si tratta del capitolo conclusivo e la narrazione torna a prendere il sopravvento sulla componente visiva.
Pur trattandosi di un capitolo tutto sommato lineare non mancano spunti interessanti, i quali, in questa occasione si concentrano sul meta fumetto. Andreas per un instante rompe il velo del suo universo letterario facendolo affacciare verso il nostro, non senza ripercussioni devastanti. L’autore sembra voler stimolare una riflessione sul senso stretto del fumetto e forse anche più genericamente su quello del racconto in generale.
La lettura integrale di questa epopea (narrativa, editoriale, artistica) non può non risultare avvincente: lo è per le continue trasformazioni del personaggio, lo è per la crescente complessità delle vicende narrate, lo è per l’evoluzione dell’autore.
Andreas quale ha il merito assoluto di scrivere fumetti pensando ai fumetti.
“Ho sempre manifestato una decisa intenzione di fare fumetti. Non potrei mai dedicarmi al cinema o alla scrittura pura e semplice. E quanto faccio nel fumetto non è trasponibile”
Andreas Mertens
Con questa dichiarazione (in tempi in cui la crossmedialità sembra essere la parola d’ordine, appare quasi sovversiva) vorrei proporre delle brevi riflessioni su alcune delle tavole più interessanti e strettamente “fumettistiche” incontrate durante la lettura degli albi:
Figura 1
Questa tavola si trova nelle pagine iniziali del secondo capitolo Passaggi. Una sorta di riassunto del capitolo precedente, il quale si chiudeva appunto con Rork investito in pieno da un vagone ferroviario. La tavola è una delle poche in bianco e nero e questo consente di apprezzare meglio il mirabile tratteggio di Andreas. La costruzione della tavola è particolarmente interessante e l’autore propone simultaneamente due soggettive che permettono al lettore la massima immedesimazione con il protagonista di cui ne assume la prospettiva. Nella vignetta più piccola la prospettiva è invece completamente capovolta. Il volto di Rork ci viene mostrato come se ci trovassimo sul vagone; da qui possiamo assistere al terrore, allo sgomento del protagonista, reso incredibilmente dalla capacità di mimica facciale di Andreas. Difficilmente, con un altro mezzo comunicativo, l’autore avrebbe avuto a disposizione simultaneamente questa possibilità, senza per altro generare alcun tipo di confusione tra le due prospettive.
Figura 2
Ancora una tavola di Passaggi. Rork sta perlustrando una misteriosa residenza. La tavola ha una sua perfetta simmetria che permette di concentrare l’attenzione del lettore sul corpo centrale, in cui la soluzione più interessate è quella adottata sulla scala a chiocciola. In una prima vignetta, grazie ad una prospettiva dall’alto efficace quanto spettacolare, ci viene mostrato Rork che entra nella stanza. Sulla destra si nota la scala disegnata con continuità, ma all’interno di due vignette distinte, nella seconda delle quali osserviamo il protagonista accingersi alla salita. Questa soluzione particolarmente indovinata permette una visione completa della stanza, allo stesso tempo suggerisce i movimenti di Rork nel tempo il quale, prima entra e successivamente sale la scalinata. Ma ancora di più suggerisce un abbassamento della luce che culmina nella vignetta a destra, la quale rimane in continuità grazie proprio al gioco di colori.
Andreas con poco spazio a disposizione riesce a trasmettere un’alta quantità di informazioni mantenendo la tavola pulita e poco confusionaria.
Figura 3
Questa pagina è presa da Il Cimitero delle Cattedrali, primo capitolo della seconda gestione di Rork. Il protagonista insieme ad altri suoi compagni sta perlustrando i sotterranei di una cattedrale. La tavola ha, nuovamente, una sua forte componente simmetrica tutta orizzontale. La prima metà a sinistra è suddivisa in quattro vignette le quali ci mostrano un percorso all’interno di un tunnel. La discesa non viene semplicemente rappresentata. Il lettore è costretto “fisicamente” a seguire il percorso: come i nostri eroi discendono il tunnel così il lettore discende la pagina. La lettura riprende nella seconda parte della tavola, nell’ultima vignetta. Andreas inverte il naturale senso di lettura occidentale, riprende l’occhio del lettore dal basso in cui l’aveva portato e illumina da qui il resto della grande sala. Il buio nelle vignette precedenti enfatizza l’esposizione di luce finale. Andreas gioca con il colore e con il lettore conferendo alla pagina un particolare ritmo di lettura a piramide invertita.
Figura 4
Questa pagina è presa da Discesa, come già detto uno dei capitoli più interessanti, dal punto di vista grafico, dell’intera saga. La tecnica utilizzata ricorda quella già vista in figura 4, questa volta con un approccio ancor più cosciente, ancor più maturo. L’ambiente rappresentato è unico e questo renderebbe pleonastica la suddivisione in vignette. La presenza di Rork, nella successione, trasforma però l’immagine da statica a dinamica nel tempo e rende la suddivisione assolutamente necessaria. Questo genere di manipolazione spazio/temporale ha il suo punto di riferimento nel Gasoline Alley di Frank King, probabilmente il primo autore ad aver sperimentato soluzioni di questo genere.
Credo che l’opera di Andreas, malgrado la sua natura a volte caotica e frammentaria, abbia comunque il merito di dimostrare quanto il fumetto sia in possesso di strumenti grammaticali e sintattici unici, in grado di conferire alla narrazione (sia essa anche di matrice popolare come del resto lo è Rork) peculiarità non riproducibili attraverso altri tipi di linguaggio. Questo approccio credo debba essere basilare per qualsiasi autore di fumetti e il lavoro decennale di Andreas, sul suo personaggio dai capelli bianchi, non può che esserne un esempio.