“Goodbye, Eri” di Tatsuki Fujimoto

La percezione della realtà, il lutto e il cinema

/
1 min read
7.5/10

Dopo Look Back Tatsuki Fujimoto, forte del successo di Chainsaw Man, torna al web comic con questo manga one-shot fortemente caratterizzato dallo stile e dalla veste “cinematografica”. Il tema filmico è la base su cui si apre e si costruisce l’intera vicenda.

Eppure la scelta narrativa e la costruzione del racconto – disegnata con un layout a quattro vignette per pagina che simula l’inquadratura di una videocamera, immergendo il lettore nella prospettiva del protagonista – è solo l’involucro dentro al quale il mangaka sceglie di inserire una serie di elementi cari alla sua narrazione.

Yuta riceve da sua madre uno smartphone. Ma non è un semplice regalo fine a sé stesso: la madre, malata terminale, chiede al figlio di riprenderla tutti i giorni fino al momento della sua morte. Un incipit forte e spiazzante che si rivela, come anticipato, fondamentale per la scelta stilistica dell’opera. Eppure, nonostante tutto ciò permanga e caratterizzi tutta l’opera, la narrazione, pian piano, si evolve e mostra altri topoi classici dell’autore. 

Il primo, più lampante e forte, è la percezione della realtà. Tatsuki Fujimoto, con fredda brutalità, ci fa capire quanto – per istinto di preservazione – siamo portati ad edulcorare le situazioni che più ci sconvolgono e quanto tendiamo a mostrare / accettare solo quello che in fin dei conti vogliamo ricordare. Un cortocircuito affascinante quello messo in atto da Fujimoto, un espediente intelligente che gioca sapientemente con emozioni, necessità e dolore, enfatizzando abilmente la fusione tra realtà e finzione.

Il dolore appunto, il dolore delle relazioni, del lutto (Sasaki ha fermato il proiettile e La rapsodia delle sirene) e del rapporto con i genitori (Shikaku e, di nuovo, La rapsodia delle sirene).
Elementi e trame che arrivano con la consueta intelligenza e furbizia dell’autore che sa giocare bene con il climax e i colpi di scena.

Vi è la consueta alternanza tra malinconia e speranza per un’opera che conferma la capacità di Fujimoto di mutare sia nello stile che nella narrazione, offrendo al contempo una profonda riflessione su temi tanto intimi quanto universali.

VOTO
0

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

Articolo precedente

La parte meravigliosa

Prossimo Articolo

Short Review
Settimana #11 2025

Ultimi Articoli Blog