L’amore è come un faro.
Fumetti e visioni che cambiano il senso delle cose – Atto I

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Da piccolo mi capitava spesso di viaggiare lungo le coste, in macchina, con la mia famiglia. Molto spesso ritrovavo questi giganti di cemento – strutture così alte che sputavano fuori una luce forte e accecante – in zone così scoscese che per un bambino tirare su lo sguardo non bastava mai a vederli per interi. A ripensarci oggi, a quegli oggetti, pensavo fossero cose strane. Ma non l’ho mai detto a nessuno. Solo dopo parecchio tempo mi decisi a farlo e a scoprire cosa fossero. Seppi così che il loro nome era FARO.

Il faro rappresenta un elemento estetico poetico distaccato dal contesto architettonico che lo rappresenta. Esso possiede una forte carica spirituale, data ovviamente dalla sua natura (spesso) solitaria e nostalgica. Situati in zone costiere e legati al mare, questi monoliti fungono da segnalatori per le imbarcazioni che navigano nelle zone vicino alla terra.
Questo articolo, o meglio definirlo atto primo, è parte di una serie di scritti che andranno a parlare di quei fumetti che hanno come elemento narratologico proprio il faro, oggetto non solo di sfondo ma che diviene parte integrante e strutturale della storia (come già accaduto in Ar-Men, di cui ho parlato qui).
Si inizia con due albi Bonelli che, come una coincidenza strana della vita, sono entrambi numerati con il n. 251 (ma usciti a distanza di anni l’uno dall’altro).
Ho deciso quindi di iniziare con questi due proprio per la coincidenza astrale appena descritta.
Successivamente mi occuperò di altri fumetti e non solo del mondo Bonelli e/o bonellide perché il faro, come oggetto a sé stante, non è poi così solitario come sembra mostrarsi…
Tengo a precisare che questi articoli non saranno delle recensioni, ma delle riflessioni e degli approfondimenti sul tema dell’amore in senso lato e su come esso venga attratto (dal mio punto di vista) attraverso l’oggettualità del faro.
Ogni atto prenderà in disamina due fumetti, creando quello che a me piace definire come il numero del romanticismo: il dittico.

Il guardiano del faro – Dylan Dog n.251 (2007)

In questa storia di Dylan Dog, l’oggetto faro risulta “fisicamente” molto presente, quasi un co-protagonista della storia stessa, inalando suggestioni per farsi carico di misteri e fenomeni paranormali. Questo concatenarsi di visioni porterà l’Indagatore dell’Incubo a investigare sulle consuete apparizioni che si verificano intorno al faro, che diventa così un simbolo della solitudine e del mistero. Il faro di questa storia è narratologico: si apre come una voce narrante sa fare nelle diverse culture iconografiche, non solo accompagnando il lettore verso strade maestre ma (inconsapevole del tutto) riesce a rafforzarsi edificando da sé orrore, inquietudine e riflessioni esistenziali.

Il faro qui si fa anche contenitore, non solo per la sua essenza di accogliere persone e/o oggetti… abbiamo infatti uno spazio dove la storia entra dentro e si plasma attraverso le suggestioni, si arrampica sui muri, sviscera amori e dissapori. Mangia i pensieri degli uomini e si lava con le onde del mare che gli si scagliano addosso. Questo è un faro che non emana solamente una luce, ma respira, vive di consuetudini usando il tempo come oggetto tangibile e malleabile.
Ecco, potremmo benissimo affermare che nella suddetta storia di Dylan Dog il faro è un elemento architettonico che non copre solo una porzione di superficie sulla terra, ma è anche un’entità che si sviluppa nel tempo, aumentando così la sua aura mitologica.

Il faro di Alessandria – Nathan Never n.251 (2012)

Questo albo di Nathan Never è parte di una run “ricostituente” che nell’anno 2012 uscì per dare nuova linfa vitale ad una narrazione forse più stantia. Ma non ci soffermeremo sul recensire quelle avventure del “musone” (per questo vi rimando alle belle parole scritte da alcuni redattori del Magazine uBC qui e qui, nel caso foste interessati ad approfondire), bensì andremo a parlare dell’amore che aleggia nella storia.
L’amore, appunto, che diventa una costituente importante per questo numero da diversi punti di vista.

Nathan, Sigmund, Legs: personaggi che ritroviamo sotto lo stesso tetto, a cui fare riferimento per una cosmologia di sensazioni che abbracciano più linee del pensiero e dell’animo umano.
Il faro di Alessandria è una storia che ho apprezzato molto e che mi ha lasciato dentro emozioni forti, importanti, tanto da aprire la mente e partorire questa idea sul concetto dell’amore in dialogo con un faro. L’amore è come un faro – titolo poetico ma non profetico – che rappresenta la sintesi del mio pensiero romantico, dove la dicotomia tra reale e immaginario trova un accostamento pratico, o forse meglio definirlo metaforico, per capirci. 
Un amore che vive sotto la pioggia, tra le pareti di un appartamento o su di un pontile, proprio leggiadro, come il vento, invisibile e spesso inascoltato, ci porta a capire come il faro – in questa storia – sia fondamentale come “presenza”, come “entità” e non come oggetto a sé stante, né architettonico.

Ed è forse questa assenza che lo rende così emblematico, che ci porta all’intimità più bella che io abbia visto in Nathan (un personaggio, comunque, che non leggo spesso). 

La relazione tra Nathan e Hadija, tra Legs e May, è solo un amore apparente, figlio dei tempi e delle storie. Ma se dovessimo pensare a referenze più pragmatiche, penso alla condensazione del tempo che si rende materia tangibile attraverso l’aura del contesto in cui la storia vive e respira. 
Inconsciamente la mente mi porta alla storia e alle memorie della città di Alessandria (o New Alexandria), dove non solo il faro rappresenta un simbolo ma propriamente una visione sul mondo – come una Torre di Babele – dove naviganti, cittadini, persone di ogni aspetto e grado sociale, vengono “sottomessi” ad esso nel grande concetto di universalità. Il faro è oggetto di condivisione, di nutrimento culturale.
L’amore che aleggia in questa narrazione quindi, è corale, non semplicemente di uno o dell’altro personaggio. È per tutti. 

Questi concetti che ho espresso sono sinonimi delle mie percezioni avute dalla lettura degli albi in questione, che per necessità verbale ho dovuto mettere nero su bianco, senza lasciarmi sopraffare dalle malefatte edulcorazioni del romantico e seducente oggetto “faro”.
Del resto, se sono arrivato a scrivere fin qui, evidentemente non sono ancora assuefatto dai nauseabondi odori della melma che si appiccica sui muri del faro sott’acqua. 

Al prossimo appuntamento…

Dylan Dog n.251
Il guardiano del faro
di Bruno Enna e Giovanni Freghieri
Sergio Bonelli Editore
Luglio 2007
94 pg. – b/n

Nathan Never n.251
Il faro di Alessandria
di Antonio Serra, Davide Rigamonti e Ivan Calcaterra
Sergio Bonelli Editore
Aprile 2012
94 pg. – b/n

Michele Tarzia

Vivo nell'ombra dei miei pensieri, ai margini della mia memoria

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