Nel precedente articolo abbiamo esplorato le avventure fuoriserie di Mister No che, nel 1998, hanno riproposto il microcosmo newyorkese abbandonato da Jerry pochi mesi prima sulla serie regolare.
Questa appendice narrativa del “nuovo corso” si esaurisce nel 1999: un anno determinante, poiché in autunno Mister No e suo padre, finalmente, si ritrovano faccia a faccia dopo decenni di reciproco silenzio. In vista dello “storico” evento, il terreno viene preparato da due storie fuoriserie che hanno per protagonista il più giovane Jerry mai visto sin lì. Il “nuovo corso” metropolitano termina poi definitivamente con un ultimo fuoriserie, dai contenuti meno ambiziosi.
Il primo addio a New York
Nell’aprile 1999 esce “Un giovane americano” (Speciale n.13, di Masiero e Valdambrini), che in senso stretto non è un racconto del “nuovo corso”, essendo la narrazione calata direttamente nel momento in cui si sono svolti gli eventi, come avevano abituato gli speciali che in quegli anni stavano colmando i “buchi” nella biografia di Mister No.
Ci sono tuttavia alcuni passaggi collegati ad uno dei temi portanti del “nuovo corso”, la riscoperta delle origini famigliari di Mister No.
Siamo infatti all’indomani del processo che ha condannato Drake Senior a vent’anni di carcere: è un qualche giorno del giugno 1938, Jerry ha sedici anni ed è in procinto di partire da New York per lasciarsi alle spalle quella storia, di cui i lettori non sanno ancora nulla.
“Qui attorno mi conoscono tutti e già mi guardano come ‘quello che ha il padre in galera’… non lo sopporto!”
“Oh, Jerry… non devi prenderla in questo modo… tu non hai nessuna colpa!”
“Lo so benissimo… ma non è così semplice… anche perché sono il primo a provare rabbia per quello che ha fatto mio padre… e poi sono sicuro che cambiare aria per un po’ mi farà bene… e mi aiuterà a dimenticare!”
“Credi… credi che andrai a parlarne con tuo padre?”
Il “giovane americano” dimostra di avere già la caratteristica che, in futuro, gli farà guadagnare sul campo di battaglia il suo soprannome.
“No! Non voglio più avere niente a che fare con lui… tanto non gli è mai importato delle decisioni che volevo prendere per la mia vita… è sempre stato troppo impegnato a pensare a se stesso… […] Quando io avevo più bisogno di lui, che cosa ha fatto? … se ne è andato in Spagna, a combattere contro chissà chi!”
Come sarà meglio approfondito in seguito, Jerome Drake Senior si era infatti unito alle brigate internazionali che avevano combattuto nella guerra civile spagnola (1936-1939).
La persona con cui Jerry sta parlando è molto importante per lui: Martha Drake, la sorella del padre. “Ci aveva lasciato da un bel po’…” è invece tutto quello che sapremo di sua madre.
“Siete uguali, voi due, sai?… Tuo padre è sempre stato testardo come un mulo e pronto a lanciarsi in mille imprese per difendere le sue ragioni… e tu stai percorrendo la sua stessa strada… ma in fondo è giusto così, è giusto che tu segua il tuo istinto e, se necessario, che faccia i tuoi sbagli…”
“Grazie, zia… tu sei l’unica che ha sempre capito cosa mi frullava per la testa… ti voglio bene e non dimenticherò mai quello che hai fatto per me…”
Successivamente, il giovane Jerry vive la prima delle sue avventure on the road, i cui dettagli ci porterebbero “fuori tema”. Basterà sapere che, nell’episodio, Jerry svilupperà un talento che sarà determinante per trasformare tutta la sua vita in un lungo viaggio in giro per il mondo: la dimestichezza con i motori.
In allegato allo speciale c’è il secondo albo spillato di “Jerry Drake Detective”: “Storie nere” (di Mignacco e Bignamini), questa volta introdotto da Phil Mulligan, che trasforma la redazione della rivista per cui scrive nei protagonisti del nuovo racconto dell’ironico eroe hard-boiled. È l’ultimo allegato degli speciali di Mister No, che dal numero successivo rinunceranno all’extra, con un analogo aumento di foliazione.
Le avventure giovanili
Nel luglio 1999 esce il secondo ed ultimo Maxi, che ospita un unico episodio di 286 tavole, “C’era una volta a New York” (Maxi n.2, di Colombo e Bruzzo): una storia appassionante, densa come un romanzo, che rappresenta il capolavoro di Maurizio Colombo per il personaggio. Dalle drammatiche esperienze vissute, il giovane Jerry messo in scena avrebbe iniziato a maturare la ferrea morale personale del Mister No che conosciamo, intollerante nei confronti delle autorità e basata sulla propria esperienza, che lo porta a battersi contro chi si approfitta dei più deboli, anche al di fuori delle leggi scritte quando “va fatto quello che deve essere fatto”.
In questa sede ne rievocheremo alcuni passaggi legati alla famiglia di Mister No ed alla sua “formazione”, senza addentrarci nei dettagli di una trama ricca di eventi.
La storia è narrata in flashback come ai vecchi tempi: questo particolare, insieme alla lunghezza (equivalente a tre albi) ed ai conseguenti tempi di lavorazione, fa pensare che il racconto fosse stato originariamente pensato per la serie regolare, prima dello “stop” al ciclo newyorkese. Il destinatario della rievocazione di Mister No è infatti uno dei nuovi amici della Grande Mela, Harvey Fenner, con cui Jerry sta festeggiando la sera del suo compleanno (una data che anche i lettori gradirebbero conoscere 😉 ). Insieme al barista, Jerry è tornato nel quartiere dove è cresciuto, l’Upper West Side, per la prima volta dopo tanto tempo e qui i due hanno l’occasione di salvare un emarginato dall’aggressione di alcuni teppisti. Ed è proprio la persona che hanno soccorso, Raphe, a spalancare la porta dei ricordi di Mister No.
“Che tipo, quel Raphe! Picchiava come un disperato! Dev’essere stato un vero carognone da giovane… uno cattivo!”
“Dei peggiori! Quello che ha detto prima è tutto vero. Nessuna ‘pulce’ avrebbe mai osato toccare Raphe il pazzo, ai suoi tempi… tranne una.”
“Ma allora tu lo conosci!… E’ proprio la notte del destino, questa! E perché non glielo hai detto?”
“Non mi aspettavo di incontrarlo questa sera… me lo sono trovato di fronte e non ho saputo cosa fare!”
“Avresti dovuto ‘fare’ qualcosa?”
“Ho fatto un giuramento, l’ultima volta che l’ho visto… ho giurato di ucciderlo, se mi fosse ricapitato davanti… senza pensarci due volte! […] Tra me e lui c’è un conto in sospeso, Harvey… in sospeso da un sacco di anni… da quando un ragazzino si era illuso di avere il mondo ai suoi piedi!”
Per spiegare le ragioni del drammatico giuramento, Mister No inizia un lungo racconto, ambientato nel 1936, quando lui era un quattordicenne.
Scopriamo così che, mentre il padre era a combattere dall’altra parte del mondo, il giovane Jerry ha vissuto nella casa di sua zia Martha. E l’esperienza per lui è stata un incubo.
“La colpa non era della sorella di mio padre… anzi!… povera Martha Drake…. Costretta a subire e a stare zitta! Ci trovavamo sulla stessa barca… ed entrambi non sopportavamo il suo ‘capitano’!…”
Il “capitano” è Joe Wallace, sergente di polizia, che dietro la maschera di intransigente tutore della legalità è in realtà un corrotto, vigliacco ed ipocrita che fa il duro soltanto con i più deboli.
“Stare con lui era come vivere con il codice penale fatto uomo! Non aveva figli, ma credeva di sapere come se ne tira su uno. Pensava che mio padre mi avesse lasciato la briglia troppo sciolta! Ma ci avrebbe pensato lui ad accorciarmela!”
Jerry è più che mai arrabbiato nei confronti di suo padre, di cui non riesce a comprendere le scelte. E nel leggere una cartolina che ha ricevuto dalla Spagna, si sfoga.
“‘Cerca di resistere, piccolo, io farò altrettanto! A presto, papà!’… Le uniche righe che mi ha scritto in tutto questo tempo!… Il mio caro paparino!… Puah!”
“Mio fratello è sempre stato un tipo di poche parole… dovresti saperlo meglio di me, ormai!”
“Perché se ne è andato? Perché mi ha lasciato solo ed è andato a combattere per un altro paese?… Perché suo cognato potesse frustarmi a sangue?!”
Non deve pertanto sorprendere che Jerry preferisca stare il meno possibile in casa e vivere le sue esperienze in strada, trovando altre figure maschili di riferimento.
Tra queste ci sono il maturo pugile “Treno” Kowalsky e il suo manager Strother, che lo hanno “assunto” come portafortuna vivente del combattente. Al grido di Jerry “Muoviti Treno, investilo!”, il pugile riesce infatti a dare il meglio di sé.
“Beccarsi un pugno da lui era come mettersi davanti a una locomotiva in corsa! Ecco perché lo chiamavano Treno!… […] Era il più grande pugile da strada dell’epoca! Una leggenda fra tutti i combattenti vagabondi! Il migliore. Punto e basta!”
“Treno” sarà particolarmente importante per lo sviluppo di Jerry, e rischierà del proprio per farlo “rigare dritto” e sottrarlo all’illegalità in cui stava per essere trascinato da un altro adulto con cui il ragazzino, in totale venerazione, passava molto tempo.
“Non sai il prezzo che c’è da pagare per essere come lui! Ascoltami, Jerry… in questa vita niente è gratis… e il prezzo che ha dovuto pagare Frankie si misura in vite… vite umane!”
Frankie è Frankie Nigro, un boss della mafia che per Jerry diventerà quasi un padre, sanguinario con i suoi nemici ma anche dotato di un cuore tenero, nonché di un curioso soprannome.
“E perché ‘Messacantata’?”
“Perché ogni volta che ammazzava qualcuno, faceva dire una messa in sua memoria nella chiesa del quartiere del povero disgraziato di turno!”
Il fatto che Jerry, da giovane, fosse così affascinato da Frankie stupisce Harvey.
“È strano sentirti parlare così di un assassino professionista. Si direbbe che lo ammirassi!”
“A quel tempo sì, lo ammiravo! Si era ritirato dalla professione ed era diventato il padrone del quartiere! Fulminacci, era rispettato e temuto come un principe!”
“Treno” aveva cercato di metterlo in guardia, ma il suo monito resterà a lungo inascoltato: nell’ingenuità della gioventù, Jerry non si rendeva conto di cosa comportasse la vita di Frankie, di cui vedeva soltanto i risvolti piacevoli, come il lusso e le belle donne.
“Frankie mi considerava un allievo promettente e si era messo in testa di mostrarmi come gira veramente il mondo! […] Stavo per abboccare all’amo di quel poco di buono… la mia fantasia correva al galoppo… mi sentivo a un passo dal successo, dalla ricchezza e dalla bella vita! … Ero giovane… e sciocco quel tanto che basta per non capire come potevo finire…”
Stando insieme a Frankie, Jerry vedrà i primi morti ammazzati della sua vita, dato che il suo padrino ha molti nemici, ed alcune esperienze dolorose lo avvicineranno sempre di più a intraprendere la strada sbagliata.
Frankie è prodigo di consigli nei confronti del suo giovane amico.
“Voglio spiegarti che cosa significa, secondo il sottoscritto, essere un vero ‘bravo ragazzo’… è tutta una questione di limiti!… […] Gente come noi impara presto che la vita altrui non ha nessun valore… io lo scoprii a sedici anni… […] ti basta solo premere il grilletto… il resto viene facile! E poi finisci per pensare di poter uccidere chiunque, quando ti va, in ogni momento… come Dio! E questo non è bene, perché noi non siamo Dio, ti pare? Così bisogna crearsi un limite, tanto per ricordarsi che si è umani… il mio sono i bambini… io non li tocco e odio chi fa loro del male!”
Quando sarà il momento di superare il decisivo “esame finale” a cui Frankie lo sottopone, Jerry dirà tuttavia uno dei più importanti “No!” della sua vita, facendo la sua scelta definitiva. Jerry resterà comunque al fianco di Frankie anche in seguito e quest’ultimo, quando sarà ferito mortalmente da un vigliacco, farà promettere al giovane Drake di non seguire le sue orme.
Altri aspetti di interesse del Maxi sono le “prime volte” di alcune grandi passioni di Mister No con cui Guido Nolitta, nel caratterizzarlo, gli aveva dato realismo ed umanità: il successo con le donne (conosciamo la prima storica “fiamma” di Mister No, Lizzy, sorella di Raphe), il desiderio di diventare pilota (maturato da Jerry andando al cinema) e soprattutto la musica jazz.
La scintilla con quest’ultima avviene grazie al talentuoso Ray Dubois, giovane astro del pianoforte scoperto e lanciato da “Treno” e Strother in un luogo insolito, un mattatoio.
“Ray ci mise un sacco di tempo, prima di appoggiare le dita alla tastiera…ma non appena lo fece… bang, fui conquistato! La sua musica mi prese il cuore e non lo lasciò più! […] Ray era davvero un mago! Quel giorno avevo scoperto il jazz e lui aveva scoperto me… non ci saremmo più lasciati! Pensavo che in un posto simile non ci fosse spazio per nient’altro che sofferenza e sangue… ma, grazie a Ray, quel mattatoio era diventato una filiale del paradiso in terra! Ero preda di un incantesimo…dal quale non sarei riuscito, o meglio, non avrei voluto mai svegliarmi…”
Ray vincerà un suggestivo concorso per pianisti jazz, “La notte del diavolo monco”, che gli avrebbe assicurato un avvenire di successo e gloria nella musica, ma l’epilogo per lui, “Treno” e Strother sarà purtroppo tragico a causa di un trio di delinquenti, i fratelli Jenkins (tra cui Raphe, appunto), che avevano dei conti in sospeso con Jerry e i suoi amici.
Nel presente, Mister No decide pertanto di affrontare il suo antico avversario: quest’ultimo, dopo l’aggressione all’inizio dell’episodio, aveva infatti riconosciuto a sua volta Jerry e con uno sguardo di sfida gli aveva comunicato il suo indirizzo.
Quando Mister No se lo trova di fronte, tuttavia, gli bastano pochi istanti per comprendere che Raphe è già stato punito a sufficienza dalla vita. Finge pertanto di non riconoscerlo, dicendo di essersi presentato soltanto per restituirgli il portafogli, che era rimasto per terra. Raphe non ci sta: vorrebbe essere ucciso da Jerry, perché non ha il coraggio di farla finita da solo.
“Aspetta, fermati! Non puoi andartene così… Io sono Jenkins… Raphe Jenkins… Coff… Coofff!”
“Conoscevo un Raphe Jenkins… era un poco di buono… l’ho perso di vista, ma non credo che abbia fatto una bella vita… sarà morto come è sempre vissuto…”
“Io sono ancora vivo, non mi vedi?… sono ancora vivo!”
“Bah, io vedo solo un uomo malato a cui è rimasto poco da vivere… e non è un bello spettacolo!… Addio!”
Un finale che omaggia e rielabora quello di “C’era una volta in America” (1984), il kolossal di Sergio Leone già citato anche nello Speciale “Un giovane americano” quando Mister No, alla stazione Grand Central Terminal di New York, aveva acquistato un biglietto per Buffalo, la destinazione del primo treno in partenza. Con una nota di amarezza ulteriore: al fianco di Raphe c’è sua sorella Lizzy, il primo amore di Jerry, anche lei ridotta molto male. Non sappiamo se Mister No l’abbia riconosciuta. Lei lo osserva dalla finestra, mentre si allontana.
“Anch’io ti ho aspettato, Jerry… Ho aspettato te e il tuo aereo per così tanto tempo… non dovevi tornare ora… non dovevi…”
L’episodio termina con Mister No e Harvey che, per rimediare alla tristezza che li ha colti, cantano l’inno personale del pilota. Nel corso della storia abbiamo conosciuto dove il nostro l’aveva sentito per la prima volta e come un suo giovane amico gliene avesse svelato il “segreto”, che Jerry avrebbe fatto proprio.
“Quella canzone… ‘Oh When the Saints’… noto che la cantate spesso… deve essere una canzone importante…”
“[…] È come una formula magica… […] Mettiamo che vivi una vita da schifo, non hai un lavoro e neanche un futuro… […] Beh, anche se la vita è una tragedia, non importa… non c’è niente di meglio che farsi una passeggiata canticchiando questa canzone… Non risolve i tuoi guai, ma ti aiuta a sopportarli, questo sì!”
L’ultimo fuoriserie del “nuovo corso”
Nel settembre 1999 esce “Dreamland” (Almanacco dell’Avventura 2000, di Mignacco e Bignamini). È l’ultimo Almanacco dell’Avventura ad ospitare storie inedite di Mister No: la testata, “battezzata” dal pilota nel 1993, avrebbe proseguito le sue pubblicazioni con il solo Zagor, con cui da qualche anno aveva iniziato ad alternarsi.
L’episodio è il tipico “giallo” in cui va identificato il colpevole tra un numero circoscritto di sospettati ed ha la particolarità di permettere a Mister No di pilotare un aereo per la prima volta dal n.241 (un Piper, inevitabilmente).
Donovan Dream, brillante imprenditore e produttore cinematografico, nonché amico di Max Culver, ha infatti bisogno di un pilota per spostarsi tra il suo ufficio di New York ed Atlantic City, dove sta costruendo il parco di divertimenti nominato nel titolo: un luogo da sogno, tutto dedicato il mondo di “Matty il marziano”, il cartone animato di Dream diventato popolarissimo in televisione.
I lavori al parco sono tuttavia scossi da alcuni attentati, e Mister No si ritrova così ad indagare, suscitando il disappunto della bella figlia di Dream, una degli indiziati, che non capisce perché lui debba fare il detective. La risposta di Mister No rivela la sua natura: non è capace di stare lontano dai guai.
“Purtroppo io mi lascio sempre coinvolgere in faccende che non dovrebbero riguardarmi…”
La soluzione della vicenda si legherà al passato ed al presente del mondo di Dream, molto meno luccicante delle apparenze: ricatti e frodi assicurative.
L’episodio presenta alcune curiosità. La prima è che Mister No, dopo il “vampiro” Vlada Von Krolok (n.251), conosce di persona un altro eroe della sua infanzia. L’attore, tale Roy Milton, come accaduto anche a Vlada, non arriverà vivo alla fine dell’episodio.
“Sangue di Giuda! Questa voce… non è possibile!… voi… voi siete veramente il ‘giustiziere della notte?! […] Per l’animaccia mia! Quando ero bambino, non perdevo una puntata delle vostre avventure alla radio!”
La seconda curiosità è che tra gli indiziati degli attentati c’è il disegnatore di fumetti che aveva creato Matty, che odia Dream per avergli “rubato” la sua creatura: Mignacco, in tal modo, sembra riprendere un personaggio analogo che aveva ideato per un albo del primissimo Dylan Dog divenuto un classico, “I conigli rosa uccidono” (n.24, 1988).
Infine, nelle pagine conclusive c’è un aggancio con la contemporaneità dei lettori. Questi ultimi, quando leggono per la prima volta la storia, sono infatti a pochi mesi dal 2000 e nel corso della vicenda a Mister No capita di sfogliare un fumetto di “Matty” che si svolgeva in quell’anno. Mentre al “Village Vanguard” un cantante esegue “Body and Soul”, una delle sue canzoni preferite, Jerry descrive a Max Culver il futuro che ne era stato rappresentato.
“[…] Un mondo da incubo, con il pianeta inquinato, il razzismo che dilaga ovunque e la gente rimbecillita dalla tivù!”
“Capisco. Il futuro non sarà molto diverso dal presente, allora… semplicemente peggiore!”
Termina così “Dreamland”, pubblicato mentre sulla serie regolare è appena iniziato lo “storico” incontro tra Mister No e suo padre. E termina anche l’appendice delle storie metropolitane del “nuovo corso”.
Un “prolungamento” che ha sostanzialmente fatto “terra bruciata” dei fuoriserie che l’hanno ospitato. “Cancellati” i Maxi e gli Almanacchi, anche gli Speciali non sarebbero sopravvissuti a lungo: appena due numeri, prima di un temporaneo ritorno dopo la fine della serie regolare nel 2006. Tutti elementi che lasciano pensare che, dopo la chiusura anticipata del “nuovo corso”, buona parte dell’entusiasmo, delle motivazioni e delle idee che avevano accompagnato il rilancio di Mister No alla metà degli anni ‘90 fossero ormai venute meno, portando la serie a vivacchiare sino alla (inevitabile) conclusione.
Se non altro l’atto finale di quella fase creativa – l’incontro tra Mister No e suo padre – avrebbe ripagato pienamente la lunga attesa.
(Continua)
Tutte le immagini sono (c) Sergio Bonelli Editore