Nel precedente articolo ci eravamo lasciati con Mister No che aveva salvato la pelle per un soffio grazie all’intervento di una sua sgradita conoscenza, l’agente Hiden della Cia in “ruolo” a Cuba.
Hai ragione? In prigione!
Il numero successivo (“Fuga dall’inferno”, n.246, di Mignacco e Bignamini) si apre con uno stacco notevole, anche nei disegni. L’esordiente Alessandro Bignamini, l’illustratore dal tratto più moderno mai apparso sin lì sulla serie, raffigura infatti Mister No mentre viene condotto in manette in un brutale carcere messicano, soprannominato non a caso “Todos los diablos”. È un tuffo al cuore per ciascun appassionato, poiché per Mister No si tratta della seconda avventura di ambientazione carceraria dopo “Relitti umani” (n.56-59, di Castelli e Bignotti), la storia più amata dai quasi quattromila lettori che parteciparono al referendum condotto per posta ordinaria tra il 1981 e il 1982. E qui apriamo e chiudiamo una piccola parentesi per notare che, curiosamente, anche la seconda storia del podio (“Requiem per un soldato”, n.65-67) era stata scritta da Castelli e non aveva nulla a che fare con il “polmone verde” del pianeta: evidentemente, per i lettori che vissero i primi anni della serie “in diretta”, le storie amazzoniche di papà Nolitta non erano l’ “oggetto di culto” che oggi trapela dai commenti nei profili social del personaggio.
Ma torniamo a “Todos los diablos”. A differenza dell’altra esperienza, in cui Mister No era finito in carcere da innocente, la falsa identità e le accuse costruite ad arte fanno capire subito che questa volta il nostro sta svolgendo un incarico sotto copertura, con tutti i rischi che il trovarsi in quel luogo comporta. In un solo giorno di permanenza, infatti, Jerry riesce suo malgrado a farsi dei nemici fra sadici secondini e detenuti che vogliono fargli la pelle, comandati dal boss “El Rey”. Dopo averlo visto abbruttito dall’alcol nei precedenti numeri, tuttavia, il nostro eroe ha ormai recuperato pienamente lucidità e grinta.
“Riferiscigli questo messaggio […] Io non voglio nemici qua dentro. Per questo non ho detto al capitano Tuzco chi aveva preso il coltello… ma se voi continuate a farmi la guerra, non mi tirerò certo indietro… e la prima vittima sarai tu […] Tutto chiaro, amigo? […] Bravo. Non sei completamente idiota come pensavo.”
Mister No trova però anche nuovi amici, come il contadino Raul, finito in carcere per avere protestato contro le condizioni disumane in cui vive la sua gente: una figura che permette di allargare i concetti di giustizia e lotta per la sopravvivenza dal microcosmo della prigione all’intera società.
“Che ne dici, gringo? Non ho commesso una serie di gravi delitti?”
“Certo! I peggiori. Dovresti saperlo: da che mondo è mondo, il delitto più grande è quello del debole che si ribella contro i soprusi dei potenti!”
Un flashback svela il mistero: Mister No sta svolgendo una missione per conto di dell’agente Hiden, dal quale il pilota ha finalmente saputo qualcosa di più sui nemici che lo stanno perseguitando.
“Noi abbiamo un nemico in comune, Mister Drake. […] In questi ultimi anni abbiamo raccolto in varie parti del mondo le prove dell’attività di una organizzazione composta in gran parte da giapponesi. L’organizzazione agisce nel campo economico, assicurandosi il controllo delle materie prime, della produzione industriale e delle novità tecnologiche. Si servono di assassini spietati e votati al sacrificio personale, che tra loro si chiamano in uno strano modo… la legione dei non-vivi! […] Noi possiamo proteggervi da quelli che vi danno la caccia, se siete disposto ad aiutarci.”
Per fare la sua parte, Mister No deve conquistare la fiducia del detenuto Silver (un affiliato occidentale dei “non-vivi”), evadere insieme a lui e consegnarlo alla Cia, perché possa essere torchiato a proposito dell’organizzazione giapponese. Un unico uomo nel carcere sarà al corrente della missione di Mister No e potrà fargli da “angelo custode”: il colonnello Tuzco, capo delle guardie, curiosamente rappresentato con le sembianze del popolare attore Diego Abatantuono. La missione si presenta ugualmente molto pericolosa.
“Sono sicuro che accetterete, Drake.”
“Davvero? E cosa ve lo fa pensare?”
“Ho studiato il vostro profilo, stilato dagli psicologi dell’esercito e completato dai nostri esperti in anni più recenti. Voi siete insofferente verso la disciplina, ma credete ciecamente nell’amicizia… e quei giapponesi hanno ucciso proprio un vostro amico!”
E infatti Jerry ha accettato. La vicenda si sviluppa così con le tipiche situazioni del genere carcerario (scontri, regolamenti di conti, punizioni in isolamento), ma quando arriva il momento di evadere con il piano predisposto dal colonnello Tuzco, quest’ultimo fa una brutta fine. Anzi, nel “nuovo corso” di Mister No si fa una bruttissima fine: bruciato vivo in sala mensa dagli uomini di “El Rey”. L’evasione di Mister No e Silver è così più complicata e avviene nel bel mezzo di una rivolta dei detenuti, in cui Raul ne approfitta per uccidere a sangue freddo El Rey e “riportare un po’ di giustizia in questo carcere”.
Ma le sorprese non sono finite. Gli uomini della Cia che dovevano prendere in consegna Silver sono stati uccisi: il detenuto, con la complicità del Direttore del carcere (il Barone De Almagro, a sua volta un membro dei non-vivi) ha infatti tradito Mister No, ignorando però che l’organizzazione giapponese ha già deciso che può fare benissimo a meno di un “pesce piccolo” come lui. Gli uomini del Barone feriscono a morte Silver mentre Mister No, dopo avere ucciso il Direttore, aiuta comunque il suo compagno di prigionia a completare la fuga insieme a lui a bordo di un motoscafo, dove poco dopo esala l’ultimo respiro.
Dietro le quinte, Hiden penserà di essere stato giocato da Mister No e farà ricercare il pilota dai suoi agenti nei mesi successivi, ritrovandolo nel momento meno opportuno per il nostro eroe.
Un cadavere che nasconde un tesoro
Il 1995, l’anno che ha visto l’inizio del “nuovo corso”, si chiude con “Il segreto della cripta” (n.247, di Marzorati e Di Vitto), la prima avventura indipendente vissuta da Mister No durante il suo viaggio on the road. A partire da questo numero, inoltre, le copertine non riportano più lo strillo “le nuove esplosive avventure” che aveva caratterizzato i primi sei albi del ciclo.
Mister No si trova ancora in un assolato e arido Messico e, per racimolare qualche soldo, trova lavoro come aiutante dell’anziano custode del cimitero di Hermanas, celebre per i cadaveri mummificati conservati in una cripta.
Il bizzarro e solitario Enrique, il suo “principale”, ha un rapporto “particolare” e quasi morboso con le sue mummie (vale a dire i resti delle persone che non possono più rinnovare l’affitto della sepoltura), rese tali dalla porosità del terreno e dal clima secco. Nella sua figura solitaria e decadente si colgono già le caratteristiche della scrittura di Stefano Marzorati, qui al suo esordio, le cui storie privilegiano spesso tonalità struggenti e personaggi malinconici.
“Dopo tanti anni passati qui, la so riconoscere la morte, quando si avvicina… questa volta so che è venuta per me: era negli occhi di quel gringo… e non sarà una buona morte come avevi sperato, vecchio mio… uno mica può scegliere la morte che preferisce, lo so… ma c’è modo e modo di andarsene, no?! E quel gringo… quel gringo porta con sé la morte orribile.”
Il gringo a cui si riferisce Enrique non è naturalmente Mister No, ma un suo connazionale: Charlie Pickens, rapinatore con abilità “chirurgiche” che ha nascosto un bottino di preziosi nella pancia di un suo complice defunto, sepolto proprio a Hermanas. Si tratta di uno dei più sadici “psicopatici sopra le righe” del “nuovo corso”: il trattamento riservato a due sue sfortunate vittime “anticipa” infatti di diversi anni le efferatezze diventate “celebri” sul grande schermo con “Old Boy” (2003, la tortura dei denti) e “Il cavaliere oscuro” (2008, le cicatrici a forma di “sorriso” sul volto). La storia presenta anche alcune esplicite suggestioni tratte da “Il Corvo” (1994), uscito nelle sale l’anno precedente questo episodio.
Nella tavola conclusiva Mister No, di nuovo in viaggio, inizia finalmente a sfoggiare il nuovo look che nel “nuovo corso” lo rappresenta in copertina (giacchetto chiaro, t-shirt scura, scarpe da tennis), al quale per il momento manca soltanto il tradizionale quadrifoglio.
Il mistero svelato
Il 1996 si apre con un’importante storia in due albi (“Uno straniero a Redenciòn” e “Terra senza legge”, n.248-249, di Colombo e Diso) che, oltre a segnare una svolta decisiva nella fuga di Mister No, approfondisce finalmente la figura del nemico di cui ignora ancora l’esistenza, Ishikawa. La scoppiettante trama di Maurizio Colombo, al suo esordio nel “nuovo corso”, va in scena dopo un Prologo (di Mignacco e Valdambrini), in cui si fa luce sull’origine dell’odio del giapponese nei confronti dell’americano.
Ishikawa, informato della trappola della Cia sventata nel n.246, è infatti rimasto molto colpito dal fatto che Mister No sia ugualmente fuggito insieme a Silver.
“Mmm… Questo Drake dimostra non soltanto di essere abile e pericoloso… è stato leale fino in fondo con l’uomo che voleva tradirlo… si è comportato da vero samurai… Forse non è più lo stesso uomo con cui mi sono scontrati anni fa… il cane occidentale che ha infangato il mio onore di guerriero!”
L’uomo d’affari ricorda così un episodio della seconda guerra mondiale, su un’isola nell’oceano Pacifico nell’inverno del 1943, quando il plotone di soldati da lui comandato, sconfitto dagli americani, compì sotto la sua guida il suicidio rituale per conservare l’onore. Ishikawa, tuttavia, impegnato ad aiutare il giovane fratello Tetsuo a trovare il coraggio per fare altrettanto, non ebbe il tempo di seguirli a causa dell’intervento di Mister No e un suo commilitone, mandati in avanscoperta. Quest’ultimo fu ucciso dallo stesso Ishikawa, prima che il giapponese fosse ferito da Mister No.
“Sangue di giuda! In questo folle massacro, soltanto noi due siamo sopravvissuti! Ma c’è una cosa che non posso accettare… il mio commilitone è morto, ucciso come può capitare anche a me in questa dannata guerra… invece i tuoi camerati si sono aperti la pancia da soli… E forse anche tu volevi fare la stessa cosa, pazzo bast***do! Ma io non te lo permetterò, muso giallo! Tu vivrai, perché questa sporca vita è l’unica che abbiamo… E non possiamo buttarla via per una cosa stupida come l’onore!”
“Tu non capisci, americano. Voi non avete tradizioni, non rispettate il passato. Piuttosto che il disonore… è meglio la morte!”
Ishikawa, rimasto paralizzato, si sarebbe sottoposto ad anni di riabilitazione per riacquistare la mobilità con una straordinaria forza di volontà, che tuttavia non era desiderio di vivere. Il 6 agosto 1946, un anno esatto dopo la bomba atomica di Hiroshima, lo vediamo infatti pronto a riprendere il “lavoro” interrotto, impugnando la katana di famiglia nella sua casa di Tokyo. È affiancato dal suo fedele servitore e consigliere Muri, dalle cui parole scopriamo il significato e gli scopi della “Legione dei non-vivi”. Apprendiamo inoltre che Ishikawa è il discendente di Musashi, lo storico e leggendario guerriero-filosofo che scrisse “Il libro dei cinque anelli” (l’equivalente giapponese de “L’arte della guerra” del cinese Sun Tzu), per cui il disonore che lo ha colpito è ancora più infamante.
“È mio dovere ripetervi che il gesto che state per compiere è perfettamente superfluo… voi siete già morto… siete morto quasi tre anni fa, su una piccola isola in mezzo all’oceano, insieme a vostro fratello Tetsuo e ai soldati del vostro plotone… l’intero Giappone è morto, quando è stato sconfitto dal nemico straniero, e ha perduto il suo onore!
Ma in questo paese una legione di fantasmi ha continuato a combattere una guerra silenziosa e oscura… sui campi di battaglia della finanza e della produzione industriale, dove si lotta per acquisire il potere più grande: quello economico! Questo esercito di non-vivi ha bisogno di uno come voi, sensei… il discendente diretto del grande guerriero Musashi! Ma se voi avete deciso diversamente, il vostro umile servo è pronto a seguirvi!”
E, dopo alcuni istanti in cui Ishikawa sembra pronto a compiere il suo sacrificio, il giapponese abbandona infine la katana.
“Hai ragione, Muri. Da molto tempo io non sono più vivo… Dedicherò la mia non-vita che mi rimane a ricostruire l’onore del mio paese!”
Un compito che Ishikawa negli anni successivi avrebbe svolto con grande energia e decisione: nel precedente n.245, lo avevamo visto tenere questo discorso ai suoi soci di New York, suscitando la loro ammirazione:
“Questa, signori, è New York. Non Tokyo, non Kobe, non Nagasaki… New York!… […] La via del guerriero non passa in questo mondo… Questo è ciò che gli americani ci offrono… Bas***di nati dalle razze più diverse, disordine e sporcizia, nessun rispetto, nessun onore… Questo è il nemico da battere… da conoscere come la pioggia che bagna e scivola via, lasciandoci uguali a noi stessi… Noi vinceremo questa guerra, usando le loro stesse armi… il denaro, la corruzione, la violenza, l’astuzia e la menzogna… Controlleremo le borse valori, i fondi di investimento… la televisione e il cinema… compreranno la nostra tecnologia e ne saranno schiavi… noi sapremo di aver vinto e loro ancora non avranno capito di essere stati sconfitti… non sapranno mai di essere nostri…”
Adesso, tuttavia, una nuova idea si sta insinuando nella sua mente. E come ci avrebbe “insegnato” anni dopo il film “Inception” (2010), un’idea è il parassita più resistente in natura.
“L’onore del mio paese. Non esiste un valore più grande… ma forse può essere ricostruito anche l’onore della mia famiglia e della mia persona.”
Ishikawa dà pertanto nuove disposizioni a Muri, ancora al suo fianco: Drake dovrà essere catturato vivo, perché lui possa raggiungerlo, fissarlo in volto e “valutarlo”.
“L’incontro con Drake ha cambiato la mia vita… voglio scoprire se ha modificato anche la sua.”
Accadde a Redenciòn
Il faccia a faccia avviene nella cittadina di Redenciòn, in Messico, un luogo introvabile e leggendario dove i criminali che hanno messo da parte un bottino possono godersi la bella vita al riparo dalla legge (del tutto assente), almeno fino a quando possono pagare il “soggiorno” a “El Jefe”, il capo del posto, e al suo figlio Diego, “ennesimo” sanguinario e folle assassino sopra le righe, al comando di un proprio esercito con cui, a modo suo, regola “l’ordine” del posto. I rapporti tra padre e figlio sono a dir poco conflittuali, e le loro visioni ormai agli antipodi. Ciononostante, Mister No viene da loro catturato per fare un favore alla mafia italiana di New York, a sua volta in contatto con l’organizzazione di Ishikawa. In realtà i “picciotti” non desiderano altro che eliminare il pericoloso concorrente dagli occhi a mandorla, non appena arrivato a destinazione.
“Questo paese è nostro! Gli scarafaggi giapponesi è meglio che rimangano al loro posto! In America neppure in viaggio di nozze ci devono venire!”
Ishikawa non sarebbe tuttavia arrivato dove si trova se fosse un ingenuo: non si fida affatto dei suoi nuovi “amici” che lo stanno accompagnando a Redenciòn ed ha approntato le contromisure opportune (tra cui il noleggio di vecchi aerei da guerra) per non farsi cogliere di sorpresa.
Nel corso del viaggio scopriamo che da anni i suoi sonni sono turbati da un incubo ricorrente, in cui rivive il momento che ha cambiato la sua vita e dialoga con un Mister No strafottente che, in realtà, rispecchia le paure che Ishikawa ha per se stesso.
“La mia spada! Ridammela!”
“No! È mia! Come il tuo onore e la tua vita! È tutto qui, dentro questo ferrovecchio!”
“Tu non puoi capire! Io devo andare con loro!”
“Non puoi… non più, ormai!… se ne vanno!… li hai traditi… ti dicono addio…”
“Mi hai condannato a un destino peggiore della morte! Solo tu puoi liberarmi ora…”
“Puah! Parli tanto di onore, ma scommetto che sei contento che io sia intervenuto al momento giusto per impedire il tuo suicidio!”
“Uccidimi!”
“No… io non uccido i vigliacchi! Un uomo senza onore, che piange come un bambino, non merita una morte da guerriero! E tu non la meriti!”
“Uccidimi! Altrimenti sarò io a uccidere te!”
Nel momento in cui sta per arrivare alla cella in cui Mister No è prigioniero, Ishikawa, pur impassibile all’esterno, si sta sentendo più vivo che mai.
“Ti sento sempre più vicino, soldato Drake… non riesco a controllare il mio cuore… Era da tanto che non provavo un’emozione simile… pensavo di avere dimenticato…”
Ma facciamo un passo indietro. Mister No non è il solo prigioniero di “El Jefe” e Diego.
Nell’episodio il nostro è infatti affiancato dalla bella Barrett Whitaker, che aveva già conosciuto nei n.227-228, quando a Manaus era arrivato un circo volante, funestato da misteriosi incidenti. Barrett, pilota dal carattere aggressivo e mascolino, in quel modesto episodio non aveva avuto la possibilità di sembrare qualcosa di più di un “clone” della celebre Deborah Winter, ideata da Guido Nolitta con le stesse caratteristiche di Barrett per il classico “Bienvenido a Mexico!” (n.37-40) e in seguito apparsa un altro paio di volte (poco incisive, in realtà).
Con la sua seconda apparizione in una vicenda decisamente “tosta”, invece, Barrett si scrolla di dosso l’effetto “scopiazzatura” e “cresce” notevolmente in spessore e vitalità, diventando una delle donne più significative ed empatiche ad avere affiancato Mister No, al quale lo lega una certa affinità di carattere e che l’ha portata a isolarsi nel deserto messicano, per gestire una stazione di rifornimento di famiglia.
“Questo posto è proprio l’ideale per una come me… qui, nel mezzo del nulla… sola… ci sto bene… è quello che ho sempre cercato!”
I fatti di Redenciòn, particolarmente crudi, riserveranno a Barrett delle gran brutte esperienze dietro le quinte (come era già accaduto in precedenza a Shona Willdome nel n.245), nelle mani del sadico Diego, che le ha messo gli occhi addosso. Ma lei è una donna molto decisa e, seppure con ferite che non si rimargineranno mai, saprà superare la cosa a testa alta.
Dopo l’arrivo di Ishikawa a Redenciòn, la villa di “El Jefe” diventa il teatro di una vera e propria guerra, con tutti contro tutti (anche Diego sta tramando per uccidere il padre). Ishikawa, giunto di fronte a Mister No, elimina i “picciotti” (che stavano per fare altrettanto) e convince uno scettico Drake a fidarsi di lui ed a combattere fianco a fianco per uscire vivi da quel posto. Barrett viene così liberata, “El Jefe” e il figlio Diego si uccidono a vicenda e la contraerea giapponese bombarda la villa, spazzando via tutto.
E quando il fumo si è diradato, Ishikawa, tenendo sotto mira Barrett, costringe Mister No a gettare la propria arma e si presenta come il capo dell’organizzazione che lo sta perseguitando, obbligandolo a fissarlo bene in faccia per ricordarsi di lui. E così…
“Il tenente giapponese!… Tu… sei l’unico sopravvissuto a quel folle suicidio di gruppo!”
“Sì. Mi ha catturato tu, soldato… sottraendomi a una morte onorevole e costringendomi a vivere nella vergogna!”
“È per questo che la tua organizzazione mi perseguita? È per questo che avete ucciso i miei amici?!”
“No. La Kobe punisce sempre chi ostacola i suoi piani, come hai fatto tu in Amazzonia. A me non importava nulla di te e dei tuoi amici… Ma in questi mesi ho visto in te la scintilla del guerriero. Ho capito che per me sarà onorevole occuparmi personalmente della tua morte.”
“E mi hai salvato la vita per farmi fuori personalmente? Tu sei pazzo, samurai! Comunque facciamola finita… Ammazzami subito, ma lascia andare la ragazza! È una questione fra noi… non è giusto coinvolgere altre persone!”
Ma a questo punto il “samurai” (come lo chiama Mister No, a sua volta apostrofato “soldato” da Ishikawa) sorprende il suo nemico e i lettori.
“Oh, no… così sarebbe troppo facile, soldato! Io voglio il tuo odio!… Oggi tu hai combattuto al mio fianco… ti sei dimostrato un buon soldato… E come tale meriti una geisha in premio dopo la battaglia!”
E così dicendo lascia libera Barrett.
“Domani saremo nemici. Dovrai usare il fuoco dell’odio verso di me per temprare l’acciaio del tuo spirito guerriero. Ho ordinato agli uomini della Kobe di lasciarti in pace, perché tu possa ritrovare il tuo equilibrio e prepararti adeguatamente allo scontro! Adesso ti saluto, soldato. Ho un affare da sbrigare a New York… Quando sarai pronto, vieni a cercarmi là… vieni da solo… ti prometto una sfida leale… uomo contro uomo… all’ultimo sangue!”
E dopo aver stabilito questo “patto d’onore”, il nemico di cui Mister No ha finalmente conosciuto il volto si allontana.
L’affare da sbrigare a New York a cui ha accennato Ishikawa è saldare il conto al boss della mafia Carducci, che aveva ordinato la sua morte. Ishikawa lo fa con sapiente teatralità nella tavola conclusiva, parlandogli al telefono come se stesse chiudendo una transazione d’affari ed osservando la scena dal suo grattacielo, mentre una bomba sta per esplodere nell’ufficio del mafioso. Questo darà inizio ad una guerra tra giapponesi e italiani nella Grande Mela che avrà non poche conseguenze nei mesi seguenti.
Dal canto suo, ora Ishikawa ha trovato anche un nemico “personale” da affrontare lealmente, sebbene non sia ancora certo di potersi fidare di lui, la cui morte per mano sua potrà restituirgli l’onore perduto e “liberarlo” dai suoi fantasmi.
Nell’attesa che lo separa dallo scontro finale con Mister No, infatti, si spiegherà così con un giovane allievo nei numeri successivi:
“C’è un uomo che un tempo si è portato via il mio onore […] Avevo la tua età, Akami, quando la mia vita è finita… e nessuna vendetta potrà mai riportarmi indietro… posso solo sperare di morire di nuovo… o di sconfiggere il mio nemico”.
Per quanto riguarda Mister No, invece, ora può continuare il suo viaggio verso la nativa New York senza più dover temere attacchi dalla “Legione dei non-vivi”. Ma c’è davvero qualcuno che pensa che il nostro si annoierà nel lungo cammino che ancora lo separa dalla Grande Mela?
L’aveva capita bene quel funzionario di polizia che nel classico episodio “La legge della violenza” (n.110-113, di Nolitta e Diso), al termine di un’indagine, gli domandò:
“I miei colleghi di Manaus, Belèm, Rio de Janeiro, Bahia e di molti altri distretti mi hanno elencato una incredibile serie di vicende che vi hanno avuto come protagonista… e si tratta per lo più di vicende in cui i cadaveri non si risparmiano […] Vorrei che mi toglieste soltanto una curiosità: sono i guai che vi piombano addosso oppure siete voi che li andate a cercare?”
La risposta:
“Sangue di giuda! Sapete cosa vi dico, maggiore? Questa è la domanda che mi pongo anch’io da un mucchio di tempo e se un giorno riuscirò a trovare la risposta vi manderò un telegramma […]!”
Parole santissime, sangue di giuda! 😉
(continua)
Tutte le immagini sono (c) Sergio Bonelli Editore