MAgic Order Mark Millar

“The Magic Order”
di Mark Millar & AA.VV.

Abracadabra!

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Ufficialmente il primo titolo che ha sancito il connubio tra l’etichetta MillarWorld e il colosso Netflix (se ne è già discusso qui), The Magic Order offre un affresco complesso e variegato su una realtà stratificata, dove la gente cosiddetta comune è del tutto all’oscuro dell’esistenza di una parte della popolazione mondiale dotata di poteri magici.

La premessa è invero alquanto semplice ma, come spesso accade in questi casi, a fare la differenza è il punto di vista attraverso il quale la narrazione prende forma e si struttura progressivamente. Nello specifico, nessun approfondimento viene fatto in merito all’origine di questi poteri, o al perché e percome questi vengano acquisiti e/o trasmessi – approccio riproposto tra l’altro anche in opere successive, come Night Club. Flashback mostrano come già in epoca medievale esistessero fazioni in lotta tra loro, capaci di magie mirabolanti, evocazioni di esseri ultra-dimensionali e compagnia bella, ivi compresi oggetti di potere di varia foggia, oltre alle immancabili bacchette. Sono quindi non pochi (e come potrebbe essere altrimenti?) i punti di raccordo con la saga ideata dalla Rowling, ma Millar ben sa dove puntare per creare un prodotto per quanto possibile originale.

Se pure è vero infatti che l’universo potteriano diventa sempre più dark con il passare dei libri (e degli anni di scuola a Hogwarts), nel nostro caso l’Ordine Magico – presentato come una sorta di società per la salvaguardia del mondo esterno dagli attacchi di natura soprannaturale – viene descritto come un clan assolutamente non esente da difetti puramente umani: come le divinità del pantheon greco incarnavano vizi e virtù dell’umana gente, anche qui concetti come famiglia disfunzionale, tradimenti, giochi di potere, lotte di classe o speculazioni finanziarie (tanto per citarne alcuni) fanno da cornice non inerte alla narrazione, amalgamandosi con nonchalance (anche qui, a puro titolo di esempio) a feti che traslocano di utero, reincarnazioni, universi letterari fin troppo reali, castelli dipinti (forse sì, forse no), incantesimi atlantidei e demoni smemorati.

L’impianto si presenta pertanto non distante da atmosfere riconducibili a quelle de I Soprano, o opere di carattere derivativo – e anche la conta dei morti se la gioca abbastanza alla pari.
L’ingegno di Millar lo si percepisce però sulla lunga distanza: la prima stagione – essendo un prodotto targato Netflix, il termine ci sta tutto – vede l’Ordine, capeggiato dal decano della famiglia Moonstone, quasi del tutto decimato come risultato di un’efferata faida intestina. L’immancabile twist consente però di tornare al punto di partenza, grazie al lancio di un incantesimo “proibito”. Nelle stagioni successive, le nefaste conseguenze di questa azione diverranno sempre più manifeste; analogamente, le vittime sul campo saranno destinate ad aumentare – stavolta, però, senza biglietto di ritorno.

A ben pensarci, il cliché delle morti eccellenti è un po’ un elemento ricorrente dell’opera: questa iterazione diegetica logora alla lunga qualsivoglia pathos, ma il meccanismo riesce a non diventare lezioso perché funzionalmente incastonato nella trama orizzontale, dove la regola del “nessuno è indispensabile” viene applicata con certosina dedizione.
Detta trama, pur con tutti i distinguo del caso, si mantiene internamente coerente e l’attenzione del lettore rimane catalizzata. Come detto, la presenza della magia e il ricorso ad essa – di qualunque cosa si tratti, visto che nessun approfondimento in merito viene fornito – sono elementi sì caratterizzanti, ma il lavoro principale dell’autore riesce a rimanere focalizzato principalmente sulla crescita psicologica dei personaggi: in questo caso il roster dei protagonisti è abbastanza ampio, tuttavia una maturazione “reale” avviene solamente per alcuni di loro (in primis Cordelia Moonstone), sui quali a conti fatti grava l’intero peso dell’ordito narrativo.

Le gesta della casata dei Moonstone e dei loro magici amici sono efficacemente illustrate da nomi di primissimo piano sulla scena internazionale, a cominciare dal sodale Olivier Coipel, passando per tizi del calibro di Stuart Immonen e Dike Ruan, ai quali a pieno titolo si aggiunge l’italico Gigi Cavenago – e, a latere, Giovanna Niro ai colori.
D’altronde, la capacità di gestire l’evidente sovraccarico di trovate funamboliche inanellate da Millar, mantenendo al contempo il controllo assoluto della gabbia non può essere appannaggio di tutti: The Magic Order è IL blockbuster tra i blockbuster dello scrittore scozzese, e quasi ci si dispiace in anticipo per l’inadeguatezza che impalpabilmente ammanterà qualsiasi produzione cine-televisiva si deciderà di produrre a partire da siffatto materiale originario.

Va in conclusione sottolineato che la storia è ancora in corso d’opera: dei cinque volumi previsti, ne sono stati dati alle stampe in Italia solo quattro, mentre il quinto è attualmente in fase di pubblicazione oltreoceano, nella classica struttura esapartita.
Non rimane quindi che da attendere che l’asticella si posizioni ancora più in alto, e che un fumetto sulla magia confermi ancora una volta la magia del fumetto.

Oscar Tamburis

Da sempre convinto sostenitore della massima mysteriana "L'importante non è sapere le cose, ma fare finta di averle sempre sapute"

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