A cosa servono i super-eroi? In maniera diversa ma complementare, Alan Moore con Top 10 e Watchmen e Mark Millar con Civil War hanno già posto la domanda ed elaborato risposte corrispondenti all’epoca nella quale quei fumetti vennero realizzati: gli anni Ottanta per Moore, il nuovo millennio per Millar. Mathieu Bablet, qui nella veste di sceneggiatore (ma autore completo conosciuto anche in Italia con Shangri-La e La bella morte, entrambi editi da Mondadori), e il disegnatore Guillaume Singelin attualizzano l’interrogativo trasponendolo nella società attuale, non più americanizzata come allora ma volta piuttosto ad Oriente.
I sentai, come li abbiamo conosciuti grazie ai Power Rangers e a Megaloman, sono adolescenti che per pagarsi gli studi indossano, assieme al costume, la precarietà di una condizione giovanile al servizio di una società uberizzata, i cui compiti (sorvegliare la chiusura di un bar o il ritorno a casa di una ragazzina ubriaca), ad anni-luce di distanza dai sogni infantili, sono retribuiti secondo l’apprezzamento dei consumatori.
L’idea è geniale e il primo tomo – dei tre annunciati – sorprende e allo stesso tempo soddisfa tutte le attese, sia nella storia (incrociando gli amori, svelando i caratteri e rappresentando il pericolo nelle vesti di pensionati del mestiere a cui le pillole prese in gioventù impongono mutazioni incontrollate) che nella parte grafica. Il segno di Singelin è la perfetta sintesi di un’impaginazione derivata dai manga, di un’anatomia debitrice dei comics e di inquadrature proprie alla bédé francese.
Il futuro non è roseo, ed è il presente che lo sta disegnando