La sorpresa scomparsa di Tito Faraci e Valerio Held

“La sorpresa scomparsa” di Faraci & Held

Ideal Tito

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L’ultimo albo di Topolino (n.3646) offre un esempio perfetto, viene da dire assoluto, di quale sia la dimensione fumettistica autentica e ideale di Tito Faraci. Nessun intento denigratorio in quanto segue, anzi: solo la constatazione di quali caratteristiche concorrano alle storie più riuscite dell’autore; Faraci è perfetto sulla lunghezza del racconto umoristico bonario, dove può sbrigliare un’inventiva sottile come un velo di seta, però avvolgente come zucchero a velo su un biscotto della nonna appena sfornato.

La possibilità di usare un set di attrezzi consolidati come i personaggi Disney gli permette di appoggiarsi ancora di più sull’imprinting del lettore, cui non resta che stare al gioc(hin)o e leggere il racconto con un sorriso lieve e complice sulle labbra. Nessuna profondità, solo puro incanto; o meglio: la profondità è tutta in questo incanto che va a scandagliare nelle emozioni sepolte da decenni e decenni di letture di ogni genere, facendo (ri)emergere l’incanto del bambino ai suoi primi incontri con l’universo disneyano, con dei personaggi allora ancora vivi (per lo più) e che ancora non venivano chiamati a recitare sé stessi.

Neppure questa è una nota denigratoria o una critica: è nuovamente una constatazione. Faraci sfrutta con furbizia e sapienza tutto il passato dei personaggi e del lettore (e del lettore con i personaggi) per architettare una trama pressoché inesistente, ma tuttavia una tessitura sentimentale densa di ricordi. E questo ricchissimo niente lo trapunta di gag innocue ma costruite con precisione inesorabile per i personaggi, che dunque una volta di più coinvolgono il lettore nello scaltro gioco(hin)o dell’autore.

Deliziosi i disegni di Valerio Held, che accompagnano e sottolineano l’eterea giocosità del raccontino con mimiche e posture che danno davvero vita ai personaggi nella loro funzione di attori che recitano – ottimamente – la loro parte e danno di gomito al lettore; lettore che – ancora – è avvolto e coccolato dalla morbidezza, rotondità, pacioccosità grafica di un gruppo di vecchi amici che gioca – o recita – a fare i nemici. Una storia, paradossalmente, parecchio adulta, perché solo un lettore (magari parecchio) adulto può godere appieno, a ogni livello, del gioco dell’autore.

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